Riflessioni Quaresimali 5
Il Fascino dell’universo, il volto di Dio
Quand'io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos'è l'uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura?
Salmi 8,3-4
Voglio conoscere il pensiero di Dio
quando ha creato il mondo.
Albert Einstein, fisico
La bellezza salverà il mondo
Fëdor Dostoevskij
Una delle cose che sempre mi affascina è il cielo stellato nella notte, le costellazioni e la natura in genere che mi circonda: l’alba e il tramonto, la luna e il sole, un arcobaleno dopo una tempesta, un fiore che sboccia, la primavera che dona gioia e profumo, l’autunno che ripone i colori, l’estate che brilla e l’inverno che rannicchiato ci parla di pace … il mio cuore quasi si ferma per non perdere un solo istante di questo immenso e stupefacente dipinto, per non perdere una sola nota di questo meraviglioso concerto.
In qualsiasi posto mi trovi in Italia o in giro per il mondo, alzo gli occhi e guardo il cielo e contemplo il ripetersi dei giorni e delle stagioni, delle nubi, della luna e della posizione delle stelle … “Egli conta il numero delle stelle, le chiama tutte per nome”. (Salmo 174,4), è stupendo alzare gli occhi e perdersi nell’infinito dell’universo e li pensare a tutto quello che ci circonda e quello che c’è al di là. E’ il sogno del mondo, è il sogno di chi cerca risposte. Ogni stagione dell’umanità ha cercato di dare delle risposte “… credenze ancestrali, quando le prime civiltà sulla Terra hanno alzato gli occhi al cielo per dare il nome ai segni zodiacali e si sono stupite per le stelle cadenti e per i meteoriti, senza dimenticare le teorie di Tolomeo e Aristotele sul funzionamento del sistema solare…”, la nostra fede da la risposta, non quella scientifica, ma quella di chi crede: Dio, senza togliere nulla alla scienza.
Non voglio ovviamente affrontare il grande tema di scienza e religione, ne fare un’esegesi biblica dei testi, ma solo una riflessione ad alta voce da parte di uno che crede in Dio. Il vento leggero che soffia sul viso mi sembra la dolce mano di Dio che mi accarezza e mi rassicura e a questo gesto dolce rivolgo il mio pensiero.
Non è mio compito, in questa pagina, dire se Dio ha “creato” o “separato” (termini teologici che racchiudono pensieri differenti), ne dove fosse prima di questo momento, ma solo scorgere nella grandiosa bellezza del creato il dolce volte di Dio che ama l’umanità. Questa umanità che nonostante i suoi limiti e difetti, nonostante la capacità di odiarsi gli uni gli altri e far guerre, invece che godere di questa creazione amando, cerca Dio sempre e comunque. Il silenzio che circonda la creazione è la stessa presenza di Dio, quel silenzio che la contemplazione della natura circondandomi, mi ricorda ogni giorno e mi permette di riconoscere e sentire Dio accanto a me.
Ora vorrei citarvi questo testo che prendo dal Sito CyberTeologia di Antonio Spadaro S.J., per continua questa riflessione:“ … come ha notato Benedetto XVI nel suo recente messaggio per la 46° Giornata Mondiale delle Comunicazioni, «gran parte della dinamica attuale della comunicazione è orientata da domande alla ricerca di risposte. I motori di ricerca e le reti sociali sono il punto di partenza della comunicazione per molte persone che cercano consigli, suggerimenti, informazioni, risposte. Ai nostri giorni, la Rete sta diventando sempre di più il luogo delle domande e delle risposte». Ma occorre muovere un passo ulteriore constatando che spesso l’uomo contemporaneo è bombardato non da domande, ma da risposte a quesiti che egli non si è mai posto e a bisogni che non avverte. La stessa domanda religiosa, infatti, si sta trasformando in un confronto tra risposte plausibili e soggettivamente significative. Le domande radicali non mancheranno mai, ma oggi sono mediate dalle tante risposte che si ricevono. Il problema oggi non è reperire il messaggio di senso, ma essere aperti e riconoscerlo sulla base delle molteplici risposte che riceviamo. La grande parola da riscoprire, allora, è una vecchia conoscenza del vocabolario cristiano: il discernimento. Il silenzio dunque permette di fare un discernimento tra le tante risposte che noi riceviamo per riconoscere le domande veramente importanti. E in questo senso l’uomo si conferma come radicalmente assetato di senso: «non può accontentarsi di un semplice e tollerante scambio di scettiche opinioni ed esperienze di vita: tutti siamo cercatori di verità e condividiamo questo profondo anelito». E’ nel silenzio che ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, riconoscendo le domande radicali, come scrive il cardinal Betori: i «grandi interrogativi», le «grandi attese».
Lasciatemi viaggiare con la fantasia nell’imperscrutabile infinito, lasciatemi volare con il cuore e la mente là dove la mente e la ragione fanno fatica ad arrivare, lasciatemi stupire difronte alla grandezza del creato che cerchiamo di spiegare e non riusciamo a dire perché, non abbiamo tutte le risposte che vorremmo.
Queste infinite immensità mi lasciano senza fiato e mi parlano di Dio, quel Dio nel quale credo e spero, quel Dio che lascia che l’umanità si arrabatti a fare le scoperte nel tempo e nei secoli e che lascia che la mente umana scopra da se le risposte, un Dio ingiusto? No un Dio che come un genitore indica la strada e lascia fare le proprie esperienze anche a costi molto elevanti. Lascia cadere il figlio per poterlo rialzare, lascia andare senza trattenere perché sa che nel momento che scopre e riesce da solo a raggiungere un traguardo, sarà conquistato per l’eternità. Scorgiamo qui un Dio che è non è il grande burattinaio, scopriamo un Dio che non è superstizione, ma presenza da amare e servire amandoci.
Questo è l’immenso cielo e universo che mi circonda, questo dicono le stelle, che nella notte buia brillano indicandomi la strada e la rotta della vita, questo dice al mio cuore ogni alba e ogni tramonto e il dolce canto della tradizione della mia fede mi aiuta a sentire nel cuore una musica sublime che fa intravedere un mondo migliore di quello che abbiamo.
Lasciati affascinare, cerca il silenzio attorno a te e dentro di te e scoprirai la bellezza di Dio nel creato e nelle creature che lo abitano e le domande cederanno il posto alla contemplazione e alla preghiera e il cuore si aprirà e incontrerà Dio.
Buon cammino di Quaresima.
dMG
Twitter:
@cappellanovoce
Il Fascino dell’universo, il volto di Dio
Quand'io considero i tuoi cieli, opera delle tue dita, la luna e le stelle che tu hai disposte, che cos'è l'uomo perché tu lo ricordi? Il figlio dell'uomo perché te ne prenda cura?
Salmi 8,3-4
Voglio conoscere il pensiero di Dio
quando ha creato il mondo.
Albert Einstein, fisico
La bellezza salverà il mondo
Fëdor Dostoevskij
Una delle cose che sempre mi affascina è il cielo stellato nella notte, le costellazioni e la natura in genere che mi circonda: l’alba e il tramonto, la luna e il sole, un arcobaleno dopo una tempesta, un fiore che sboccia, la primavera che dona gioia e profumo, l’autunno che ripone i colori, l’estate che brilla e l’inverno che rannicchiato ci parla di pace … il mio cuore quasi si ferma per non perdere un solo istante di questo immenso e stupefacente dipinto, per non perdere una sola nota di questo meraviglioso concerto.
In qualsiasi posto mi trovi in Italia o in giro per il mondo, alzo gli occhi e guardo il cielo e contemplo il ripetersi dei giorni e delle stagioni, delle nubi, della luna e della posizione delle stelle … “Egli conta il numero delle stelle, le chiama tutte per nome”. (Salmo 174,4), è stupendo alzare gli occhi e perdersi nell’infinito dell’universo e li pensare a tutto quello che ci circonda e quello che c’è al di là. E’ il sogno del mondo, è il sogno di chi cerca risposte. Ogni stagione dell’umanità ha cercato di dare delle risposte “… credenze ancestrali, quando le prime civiltà sulla Terra hanno alzato gli occhi al cielo per dare il nome ai segni zodiacali e si sono stupite per le stelle cadenti e per i meteoriti, senza dimenticare le teorie di Tolomeo e Aristotele sul funzionamento del sistema solare…”, la nostra fede da la risposta, non quella scientifica, ma quella di chi crede: Dio, senza togliere nulla alla scienza.
Non voglio ovviamente affrontare il grande tema di scienza e religione, ne fare un’esegesi biblica dei testi, ma solo una riflessione ad alta voce da parte di uno che crede in Dio. Il vento leggero che soffia sul viso mi sembra la dolce mano di Dio che mi accarezza e mi rassicura e a questo gesto dolce rivolgo il mio pensiero.
Non è mio compito, in questa pagina, dire se Dio ha “creato” o “separato” (termini teologici che racchiudono pensieri differenti), ne dove fosse prima di questo momento, ma solo scorgere nella grandiosa bellezza del creato il dolce volte di Dio che ama l’umanità. Questa umanità che nonostante i suoi limiti e difetti, nonostante la capacità di odiarsi gli uni gli altri e far guerre, invece che godere di questa creazione amando, cerca Dio sempre e comunque. Il silenzio che circonda la creazione è la stessa presenza di Dio, quel silenzio che la contemplazione della natura circondandomi, mi ricorda ogni giorno e mi permette di riconoscere e sentire Dio accanto a me.
Ora vorrei citarvi questo testo che prendo dal Sito CyberTeologia di Antonio Spadaro S.J., per continua questa riflessione:“ … come ha notato Benedetto XVI nel suo recente messaggio per la 46° Giornata Mondiale delle Comunicazioni, «gran parte della dinamica attuale della comunicazione è orientata da domande alla ricerca di risposte. I motori di ricerca e le reti sociali sono il punto di partenza della comunicazione per molte persone che cercano consigli, suggerimenti, informazioni, risposte. Ai nostri giorni, la Rete sta diventando sempre di più il luogo delle domande e delle risposte». Ma occorre muovere un passo ulteriore constatando che spesso l’uomo contemporaneo è bombardato non da domande, ma da risposte a quesiti che egli non si è mai posto e a bisogni che non avverte. La stessa domanda religiosa, infatti, si sta trasformando in un confronto tra risposte plausibili e soggettivamente significative. Le domande radicali non mancheranno mai, ma oggi sono mediate dalle tante risposte che si ricevono. Il problema oggi non è reperire il messaggio di senso, ma essere aperti e riconoscerlo sulla base delle molteplici risposte che riceviamo. La grande parola da riscoprire, allora, è una vecchia conoscenza del vocabolario cristiano: il discernimento. Il silenzio dunque permette di fare un discernimento tra le tante risposte che noi riceviamo per riconoscere le domande veramente importanti. E in questo senso l’uomo si conferma come radicalmente assetato di senso: «non può accontentarsi di un semplice e tollerante scambio di scettiche opinioni ed esperienze di vita: tutti siamo cercatori di verità e condividiamo questo profondo anelito». E’ nel silenzio che ascoltiamo e conosciamo meglio noi stessi, riconoscendo le domande radicali, come scrive il cardinal Betori: i «grandi interrogativi», le «grandi attese».
Lasciatemi viaggiare con la fantasia nell’imperscrutabile infinito, lasciatemi volare con il cuore e la mente là dove la mente e la ragione fanno fatica ad arrivare, lasciatemi stupire difronte alla grandezza del creato che cerchiamo di spiegare e non riusciamo a dire perché, non abbiamo tutte le risposte che vorremmo.
Queste infinite immensità mi lasciano senza fiato e mi parlano di Dio, quel Dio nel quale credo e spero, quel Dio che lascia che l’umanità si arrabatti a fare le scoperte nel tempo e nei secoli e che lascia che la mente umana scopra da se le risposte, un Dio ingiusto? No un Dio che come un genitore indica la strada e lascia fare le proprie esperienze anche a costi molto elevanti. Lascia cadere il figlio per poterlo rialzare, lascia andare senza trattenere perché sa che nel momento che scopre e riesce da solo a raggiungere un traguardo, sarà conquistato per l’eternità. Scorgiamo qui un Dio che è non è il grande burattinaio, scopriamo un Dio che non è superstizione, ma presenza da amare e servire amandoci.
Questo è l’immenso cielo e universo che mi circonda, questo dicono le stelle, che nella notte buia brillano indicandomi la strada e la rotta della vita, questo dice al mio cuore ogni alba e ogni tramonto e il dolce canto della tradizione della mia fede mi aiuta a sentire nel cuore una musica sublime che fa intravedere un mondo migliore di quello che abbiamo.
Lasciati affascinare, cerca il silenzio attorno a te e dentro di te e scoprirai la bellezza di Dio nel creato e nelle creature che lo abitano e le domande cederanno il posto alla contemplazione e alla preghiera e il cuore si aprirà e incontrerà Dio.
Buon cammino di Quaresima.
dMG
Twitter:
@cappellanovoce
CINEFORUM: L'uomo senza volto, l'AMICIZIA
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi; e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo, affinché qualunque cosa chiediate al Padre nel mio nome, egli ve la dia» (Gv 15,12-16).
(...) Alcuni ritengono che si devono evitare le amicizie troppo grandi, perché uno solo non si debba preoccupare per molti; già basta e avanza che ciascuno si occupi delle proprie cose ed è noioso lasciarsi coinvolgere troppo dagli affari altrui. E', invece, molto più comodo tenere il più possibile le briglie sciolte all'amicizia e tirarle o allentarle quando si vuole; per vivere felicemente, infatti, è essenziale la tranquillità, di cui l'animo non può godere se uno quasi si angustia per molti. (...)
(...) Nobile sapienza! Sembrano privare il mondo del sole quelli che privano la vita dell'amicizia. Che cos'è infatti questa tranquillità, in apparenza attraente, ma in realtà da rifiutarsi per molti aspetti? Non è naturale non intraprendere nessuna cosa o azione onesta o, dopo averla intrapresa, abbandonarla per non preoccuparsi. E se fuggiamo l'affanno dobbiamo fuggire la virtù, che è inevitabile che disprezzi e odi, con qualche inquietudine, le cose a sé contrarie, come la bontà odia la cattiveria, la moderazione l'eccesso, il coraggio la viltà; così si può vedere che i giusti soffrono soprattutto per le ingiustizie, i coraggiosi per le viltà, i miti per i delitti. Si addice, dunque, a un animo ben costruito rallegrarsi per le buone cose e affliggersi per le cattive. (da:"L'Amicizia" di Cicerone)
In questo cammino Quaresimale, mi sono permesso già altre volte di segnalarvi dei Film da vedere come occasione di riflessione, oggi porto alla vostra attenzione: L’uomo senza voltoun film di Mel Gibson del 1993. Con il volto sfigurato, il professor McLeod vive in isolamento in una casa-castello del Maine. Il dodicenne Chuck, con madre al quarto matrimonio e il ricordo di un padre matto, sogna di entrare a West Point ma ha paura di non farcela. I due sono destinati a incontrarsi, a diventare l'uno maestro dell'altro e poi amici. L’abitudine a lamentarsi, a criticare, a pensare di avere noi la verità in tasca non ci permette di vivere. Se non sappiamo appassionarci, come potremmo essere veramente felici? Ognuno di noi ha un cuore, una sensibilità, una formazione, un’educazione quindi come viviamo la nostra vita?Quante volte i nostri passatempi sono vuoti senza accorgerci di quello che ci sta intorno. La natura, la letteratura, la cultura, l’arte, la musica … arti nobili della nostra vita che l’ingenio umano ha saputo esprime nei millenni della nostra civiltà.Se non conosci non sai e se non sai, non puoi pensare di parlare e di esprimere il tuo pensiero e di essere autentico e protagonista della vita alla ricerca della volontà di Dio nella tua esistenza.L’amicizia è la chiave della vita, un’amicizia pura, creatrice, appassionata, anche se non capita, onesta, sincera come ci ha insegnato Gesù. Gareggiare nello stimarsi deve essere lo stile della vita dell’uomo e del cristiano.Il gustare delle cose della vita ci rende amici attenti come il Signore ci ha insegnato. Ma quali sono i nostri amici quelli con la “A” grande, cosa siamo disposti a fare per loro?La correttezza, la sincerità, l’onestà ci suggeriscono questo discorso, allora come non mai in questo tempo di Quaresima la nostra attenzione a verificarci e a migliorare i nostri rapporti.Il mondo migliore di cui parlo, non è nella perfezione dei soggetti, ne nell’uguaglianza massificata dei pensieri, ma nella ricchezza della diversità vissuta con rispetto e amore. Le parole della Sacra Scrittura, di Cicerone e di Gibran illuminino la nostra riflessione e la nostra verifica di come viviamo e di come ci comportiamo.
“E un giovane disse: «Parlaci dell'amicizia». Ed egli rispose dicendo:«Il vostro amico è il vostro bisogno soddisfatto.È il vostro campo che voi seminate con amore e mietete con riconoscenza.È la vostra mensa e il vostro cantuccio del focolare.A lui infatti vi presentate con la vostra fame e lo cercate per trovare la pace.Quando il vostro amico vi dice quello che realmente pensa, anche voi non avete paura di dire quello che pensate: sia esso un "no" o un "sì".E quando egli tace, il vostro cuore non smette di ascoltare il suo cuore; poiché nell'amicizia tutti i pensieri, tutti i desideri, tutte le attese nascono senza parole e sono condivisi con inesprimibile gioia. Quando vi separate dal vostro amico, non rattristatevi; poiché ciò che più amate in lui può essere più chiaro in sua assenza, così come lo scalatore vede meglio la montagna guardandola dalla pianura.E non vi sia altro scopo nell'amicizia che l'approfondimento dello spirito. Perché l'amore che cerca qualcos'altro oltre la rivelazione del proprio mistero non è amore ma una rete gettata in mare: e solo ciò che è inutile viene preso.E il meglio di voi sia per il vostro amico. Se egli deve conoscere il riflusso della vostra marea, fate in modo che ne conosca anche il flusso. Perché, cos'è il vostro amico se lo cercate solo per ammazzare il tempo? Cercatelo invece sempre per vivere il tempo!Spetta a lui, infatti, colmare il vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.E nella dolcezza dell'amicizia ci siano l'allegria e la condivisione della gioia.Perché nella rugiada delle piccole cose il cuore trova il suo mattinoe ne è rinfrescato».”(L'AMICIZIA di Gibran Kahlil, (Il Profeta).
Quali sono i tuoi amici, come ti comporti con loro, come vivi la tua vita di relazione? Sia questo oggi il pensiero e la verifica del tuo cammino di uomo e di cristiano.
«Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io ho amato voi. Nessuno ha amore più grande di questo: dare la propria vita per i suoi amici. Voi siete miei amici, se fate le cose che io vi comando. Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi; e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto sia duraturo, affinché qualunque cosa chiediate al Padre nel mio nome, egli ve la dia» (Gv 15,12-16).
(...) Alcuni ritengono che si devono evitare le amicizie troppo grandi, perché uno solo non si debba preoccupare per molti; già basta e avanza che ciascuno si occupi delle proprie cose ed è noioso lasciarsi coinvolgere troppo dagli affari altrui. E', invece, molto più comodo tenere il più possibile le briglie sciolte all'amicizia e tirarle o allentarle quando si vuole; per vivere felicemente, infatti, è essenziale la tranquillità, di cui l'animo non può godere se uno quasi si angustia per molti. (...)
(...) Nobile sapienza! Sembrano privare il mondo del sole quelli che privano la vita dell'amicizia. Che cos'è infatti questa tranquillità, in apparenza attraente, ma in realtà da rifiutarsi per molti aspetti? Non è naturale non intraprendere nessuna cosa o azione onesta o, dopo averla intrapresa, abbandonarla per non preoccuparsi. E se fuggiamo l'affanno dobbiamo fuggire la virtù, che è inevitabile che disprezzi e odi, con qualche inquietudine, le cose a sé contrarie, come la bontà odia la cattiveria, la moderazione l'eccesso, il coraggio la viltà; così si può vedere che i giusti soffrono soprattutto per le ingiustizie, i coraggiosi per le viltà, i miti per i delitti. Si addice, dunque, a un animo ben costruito rallegrarsi per le buone cose e affliggersi per le cattive. (da:"L'Amicizia" di Cicerone)
In questo cammino Quaresimale, mi sono permesso già altre volte di segnalarvi dei Film da vedere come occasione di riflessione, oggi porto alla vostra attenzione: L’uomo senza voltoun film di Mel Gibson del 1993. Con il volto sfigurato, il professor McLeod vive in isolamento in una casa-castello del Maine. Il dodicenne Chuck, con madre al quarto matrimonio e il ricordo di un padre matto, sogna di entrare a West Point ma ha paura di non farcela. I due sono destinati a incontrarsi, a diventare l'uno maestro dell'altro e poi amici. L’abitudine a lamentarsi, a criticare, a pensare di avere noi la verità in tasca non ci permette di vivere. Se non sappiamo appassionarci, come potremmo essere veramente felici? Ognuno di noi ha un cuore, una sensibilità, una formazione, un’educazione quindi come viviamo la nostra vita?Quante volte i nostri passatempi sono vuoti senza accorgerci di quello che ci sta intorno. La natura, la letteratura, la cultura, l’arte, la musica … arti nobili della nostra vita che l’ingenio umano ha saputo esprime nei millenni della nostra civiltà.Se non conosci non sai e se non sai, non puoi pensare di parlare e di esprimere il tuo pensiero e di essere autentico e protagonista della vita alla ricerca della volontà di Dio nella tua esistenza.L’amicizia è la chiave della vita, un’amicizia pura, creatrice, appassionata, anche se non capita, onesta, sincera come ci ha insegnato Gesù. Gareggiare nello stimarsi deve essere lo stile della vita dell’uomo e del cristiano.Il gustare delle cose della vita ci rende amici attenti come il Signore ci ha insegnato. Ma quali sono i nostri amici quelli con la “A” grande, cosa siamo disposti a fare per loro?La correttezza, la sincerità, l’onestà ci suggeriscono questo discorso, allora come non mai in questo tempo di Quaresima la nostra attenzione a verificarci e a migliorare i nostri rapporti.Il mondo migliore di cui parlo, non è nella perfezione dei soggetti, ne nell’uguaglianza massificata dei pensieri, ma nella ricchezza della diversità vissuta con rispetto e amore. Le parole della Sacra Scrittura, di Cicerone e di Gibran illuminino la nostra riflessione e la nostra verifica di come viviamo e di come ci comportiamo.
“E un giovane disse: «Parlaci dell'amicizia». Ed egli rispose dicendo:«Il vostro amico è il vostro bisogno soddisfatto.È il vostro campo che voi seminate con amore e mietete con riconoscenza.È la vostra mensa e il vostro cantuccio del focolare.A lui infatti vi presentate con la vostra fame e lo cercate per trovare la pace.Quando il vostro amico vi dice quello che realmente pensa, anche voi non avete paura di dire quello che pensate: sia esso un "no" o un "sì".E quando egli tace, il vostro cuore non smette di ascoltare il suo cuore; poiché nell'amicizia tutti i pensieri, tutti i desideri, tutte le attese nascono senza parole e sono condivisi con inesprimibile gioia. Quando vi separate dal vostro amico, non rattristatevi; poiché ciò che più amate in lui può essere più chiaro in sua assenza, così come lo scalatore vede meglio la montagna guardandola dalla pianura.E non vi sia altro scopo nell'amicizia che l'approfondimento dello spirito. Perché l'amore che cerca qualcos'altro oltre la rivelazione del proprio mistero non è amore ma una rete gettata in mare: e solo ciò che è inutile viene preso.E il meglio di voi sia per il vostro amico. Se egli deve conoscere il riflusso della vostra marea, fate in modo che ne conosca anche il flusso. Perché, cos'è il vostro amico se lo cercate solo per ammazzare il tempo? Cercatelo invece sempre per vivere il tempo!Spetta a lui, infatti, colmare il vostro bisogno, ma non il vostro vuoto.E nella dolcezza dell'amicizia ci siano l'allegria e la condivisione della gioia.Perché nella rugiada delle piccole cose il cuore trova il suo mattinoe ne è rinfrescato».”(L'AMICIZIA di Gibran Kahlil, (Il Profeta).
Quali sono i tuoi amici, come ti comporti con loro, come vivi la tua vita di relazione? Sia questo oggi il pensiero e la verifica del tuo cammino di uomo e di cristiano.
Riflessione Quaresimale 4
Gli interrogativi più profondi dell'uomo
"Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste".
(Mt 5, 43-48)
Tutti pensano a cambiare l'umanità, ma nessuno pensa a cambiare sé stesso.
(Lev Tolstoj)
Quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) e vorrei suggerirvi, per questo perido, la lettura delle sue Costituzioni. Qui mi rifaccio a un passaggio della Costituzione “Lumen Gentium”, per offrire una semplice riflessione in questa Quaresima, affinché tutti possiamo, sempre, andare al cuore delle situazioni e non rimanere superficiali. L’impegno è vivere questo “tempo forte”, come occasione di verifica personale di un cammino e di una appartenenza per rivedere il nostro modo di essere uomini e cristiani nel contesto sociale e personale. La vera felicità, risiede nella realizzazione delle Parole di Dio: “siate perfetti come io sono perfetto”, questa è la verità alla quale dobbiamo tendere con la nostra vita e il nostro impegno. Realizzare il progetto di Dio sarà la nostra vera felicità. Non lasciamoci fermare da pregiudizi o errori del passato, la storia va conosciuta e superata pur riconoscendo gli errori, ma andando oltre e migliorando. La lettura di queste poche righe, per inquadrare il discorso e per trarne una verifica sulla vita e sull’impegno concreto nella società, nella chiesa e nella vita personale.
Assistiamo ogni giorno a critiche continue in tutti i settori della vita e questo non sempre ci porta a un miglioramento, ma solo a una condanna credendo che, gridando la propria verità, gli altri si debbano adeguare, ma la verità sta nell’onestà delle persone e nel bene comune che tutti devono perseguire.
L’umanità è inquieta fin che non riposa in Dio, se un figlio sbaglia non crolla la famiglia, ma questa si fa garante della sua educazione e della sua ripresa, così dobbiamo porci nella chiesa e nella società, come coloro che costruiscono e non che demoliscono, coloro che cercano la verità, ma senza distruggere quello che di buono viene offerto. Per tutti, nessuno escluso, l’impegno a ritornare con serietà all’origine del messaggio Evangelico usando delle strutture umane come strumento di evangelizzazione e annuncio nella correttezza della libertà dei singoli, nel dialogo sereno e intelligente, nella costruzione di una società che mette al centro l’uomo e la sua relazione con il divino.Alla scuola dell’amore e del rispetto si potrà riconoscere gli errori e ricominciare ad essere positivi e camminare su questa terra alla ricerca di una felicità che abita già dentro di noi, alla quale dobbiamo solo dare spazio, eliminando invidie, ricerca di successo, potere, di giustizia vuota e interessata, di carriera, di denaro, di rivendicazioni … e questo deve, prima di tutto,partire dal nostro cuore e da un nostro serio esame di coscienza.
“Il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo si rende conto che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli. Per questo si pone degli interrogativi.
In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo. E' proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si contrastano a vicenda. Da una parte, infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; dall'altra parte si accorge di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato a una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe (cfr. Rm 7, 14 segg.). Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società. Certamente moltissimi, che vivono in un materialismo pratico, sono lungi dall'avere la chiara percezione di questo dramma, o per lo meno, se sono oppressi dalla miseria, non hanno modo di rifletterci. Molti credono di trovare pace in una interpretazione della realtà proposta in assai differenti maniere. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione della umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del loro cuore. Né manca chi, disperando di dare uno scopo alla vita, loda l'audacia di quanti, stimando vuota di ogni senso proprio l'esistenza umana, si sforzano di darne una spiegazione completa solo col proprio ingegno. Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi capitali: cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Cosa valgono queste conquiste a così caro prezzo raggiunte? Che reca l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché l'uomo possa rispondere alla suprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini in cui possano salvarsi (cfr. At 4, 12). Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di sopra di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli (cfr. Eb 13, 8).
(Dalla costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Nn. 9-10)”
Certo di non offrire visioni o commenti nuovi, ma solo la convinzione di poter dare spunti di riflessione per essere positivi e contribuire, ognuno secondo il suo impegno e la sua vocazione, alla costruzione di un mondo migliore e per farlo dobbiamo iniziare a cambiare noi stessi prima di voler cambiare l’umanità.
dMG
Twitter: @cappellanovoce
Già pubblicati:
Visita Pastorale Virtuale
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/iniziativa-visita-pastorale-virtuale-al.html
Due Chiacchiere con il Cappellano: Vivi ogni stagione con gioia
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/due-chiacchiere-con-il-cappellano-vivi.html
Riflessioni Quaresimali 1: Obbedienza, valore da ricercare ogni giorno
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/riflessioni-quaresimali-obbedienza.html
Riflessioni Quaresimali 2: Il male del cuore e la bellezza della vita: alla ricerca della felicità.
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/03/riflessione-quaresimale.html
Riflessione Quaresimale 3: Il Giuramento “Sacerdote del dovere”
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/03/riflessioni-quaresimali-3.html
Gli interrogativi più profondi dell'uomo
"Avete inteso che fu detto: Amerai il tuo prossimo e odierai il tuo nemico; ma io vi dico amate i vostri nemici e pregate per i vostri persecutori, perché siate figli del Padre vostro celeste, che fa sorgere il sole sopra i malvagi e sopra i buoni, e fa piovere sopra i giusti e sopra gli ingiusti. Infatti se amate quelli che vi amano, quale merito ne avete? Non fanno così anche i pubblicani? E se date il saluto soltanto ai vostri fratelli, che cosa fate di straordinario? Non fanno così anche i pagani? Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste".
(Mt 5, 43-48)
Tutti pensano a cambiare l'umanità, ma nessuno pensa a cambiare sé stesso.
(Lev Tolstoj)
Quest’anno ricorre il 50° anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II (11 ottobre 1962) e vorrei suggerirvi, per questo perido, la lettura delle sue Costituzioni. Qui mi rifaccio a un passaggio della Costituzione “Lumen Gentium”, per offrire una semplice riflessione in questa Quaresima, affinché tutti possiamo, sempre, andare al cuore delle situazioni e non rimanere superficiali. L’impegno è vivere questo “tempo forte”, come occasione di verifica personale di un cammino e di una appartenenza per rivedere il nostro modo di essere uomini e cristiani nel contesto sociale e personale. La vera felicità, risiede nella realizzazione delle Parole di Dio: “siate perfetti come io sono perfetto”, questa è la verità alla quale dobbiamo tendere con la nostra vita e il nostro impegno. Realizzare il progetto di Dio sarà la nostra vera felicità. Non lasciamoci fermare da pregiudizi o errori del passato, la storia va conosciuta e superata pur riconoscendo gli errori, ma andando oltre e migliorando. La lettura di queste poche righe, per inquadrare il discorso e per trarne una verifica sulla vita e sull’impegno concreto nella società, nella chiesa e nella vita personale.
Assistiamo ogni giorno a critiche continue in tutti i settori della vita e questo non sempre ci porta a un miglioramento, ma solo a una condanna credendo che, gridando la propria verità, gli altri si debbano adeguare, ma la verità sta nell’onestà delle persone e nel bene comune che tutti devono perseguire.
L’umanità è inquieta fin che non riposa in Dio, se un figlio sbaglia non crolla la famiglia, ma questa si fa garante della sua educazione e della sua ripresa, così dobbiamo porci nella chiesa e nella società, come coloro che costruiscono e non che demoliscono, coloro che cercano la verità, ma senza distruggere quello che di buono viene offerto. Per tutti, nessuno escluso, l’impegno a ritornare con serietà all’origine del messaggio Evangelico usando delle strutture umane come strumento di evangelizzazione e annuncio nella correttezza della libertà dei singoli, nel dialogo sereno e intelligente, nella costruzione di una società che mette al centro l’uomo e la sua relazione con il divino.Alla scuola dell’amore e del rispetto si potrà riconoscere gli errori e ricominciare ad essere positivi e camminare su questa terra alla ricerca di una felicità che abita già dentro di noi, alla quale dobbiamo solo dare spazio, eliminando invidie, ricerca di successo, potere, di giustizia vuota e interessata, di carriera, di denaro, di rivendicazioni … e questo deve, prima di tutto,partire dal nostro cuore e da un nostro serio esame di coscienza.
“Il mondo si presenta oggi potente a un tempo e debole, capace di operare il meglio e il peggio, mentre gli si apre dinanzi la strada della libertà o della schiavitù, del progresso o del regresso, della fraternità o dell'odio. Inoltre l'uomo si rende conto che dipende da lui orientare bene le forze da lui stesso suscitate e che possono schiacciarlo o servirgli. Per questo si pone degli interrogativi.
In verità gli squilibri di cui soffre il mondo contemporaneo si collegano con quel più profondo squilibrio che è radicato nel cuore dell'uomo. E' proprio all'interno dell'uomo che molti elementi si contrastano a vicenda. Da una parte, infatti, come creatura, esperimenta in mille modi i suoi limiti; dall'altra parte si accorge di essere senza confini nelle sue aspirazioni e chiamato a una vita superiore. Sollecitato da molte attrattive, è costretto sempre a sceglierne qualcuna e a rinunziare alle altre. Inoltre, debole e peccatore, non di rado fa quello che non vorrebbe e non fa quello che vorrebbe (cfr. Rm 7, 14 segg.). Per cui soffre in se stesso una divisione, dalla quale provengono anche tante e così gravi discordie nella società. Certamente moltissimi, che vivono in un materialismo pratico, sono lungi dall'avere la chiara percezione di questo dramma, o per lo meno, se sono oppressi dalla miseria, non hanno modo di rifletterci. Molti credono di trovare pace in una interpretazione della realtà proposta in assai differenti maniere. Alcuni poi dai soli sforzi umani attendono una vera e piena liberazione della umanità, e sono persuasi che il futuro regno dell'uomo sulla terra appagherà tutti i desideri del loro cuore. Né manca chi, disperando di dare uno scopo alla vita, loda l'audacia di quanti, stimando vuota di ogni senso proprio l'esistenza umana, si sforzano di darne una spiegazione completa solo col proprio ingegno. Con tutto ciò, di fronte all'evoluzione attuale del mondo, diventano sempre più numerosi quelli che si pongono o sentono con nuova acutezza gli interrogativi capitali: cos'è l'uomo? Qual è il significato del dolore, del male, della morte che malgrado ogni progresso continuano a sussistere? Cosa valgono queste conquiste a così caro prezzo raggiunte? Che reca l'uomo alla società, e cosa può attendersi da essa? Cosa ci sarà dopo questa vita?
Ecco, la Chiesa crede che Cristo, per tutti morto e risorto, dà all'uomo, mediante il suo Spirito, luce e forza perché l'uomo possa rispondere alla suprema sua vocazione; né è dato in terra un altro nome agli uomini in cui possano salvarsi (cfr. At 4, 12). Crede ugualmente di trovare nel suo Signore e Maestro la chiave, il centro e il fine di tutta la storia umana. Inoltre la Chiesa afferma che al di sopra di tutti i mutamenti ci sono molte cose che non cambiano; esse trovano il loro ultimo fondamento in Cristo, che è sempre lo stesso: ieri, oggi e nei secoli (cfr. Eb 13, 8).
(Dalla costituzione pastorale «Gaudium et spes» del Concilio ecumenico Vaticano II sulla Chiesa nel mondo contemporaneo (Nn. 9-10)”
Certo di non offrire visioni o commenti nuovi, ma solo la convinzione di poter dare spunti di riflessione per essere positivi e contribuire, ognuno secondo il suo impegno e la sua vocazione, alla costruzione di un mondo migliore e per farlo dobbiamo iniziare a cambiare noi stessi prima di voler cambiare l’umanità.
dMG
Twitter: @cappellanovoce
Già pubblicati:
Visita Pastorale Virtuale
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/iniziativa-visita-pastorale-virtuale-al.html
Due Chiacchiere con il Cappellano: Vivi ogni stagione con gioia
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/due-chiacchiere-con-il-cappellano-vivi.html
Riflessioni Quaresimali 1: Obbedienza, valore da ricercare ogni giorno
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/riflessioni-quaresimali-obbedienza.html
Riflessioni Quaresimali 2: Il male del cuore e la bellezza della vita: alla ricerca della felicità.
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/03/riflessione-quaresimale.html
Riflessione Quaresimale 3: Il Giuramento “Sacerdote del dovere”
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/03/riflessioni-quaresimali-3.html
CINFEORUM: Un Film per uno spunto di vita
Con Cristo nel cuore alla ricerca della risposta quotidiana al suo amore nella nostra vita.
Quando un prete parla o scrive, e magari ha anche un Blog con il quale vuole far passare un’idea e informare la sua comunità virtuale sulle attività o animarla spiritualmente, si pensa che debba farlo parlando di Gesù nel modo tradizionale e basta e qualcuno ci ha rimproverato per questo dicendo, che non parliamo del Paradiso, altri che non sappiamo scrivere poesie e che i cantanti sono migliori dei preti, e meno male.
Ora, qui non si tratta di chi è più bravo o di che cosa è giusto o no, non si tratta di fare una gara o di indovinare il tema per un concorso, scrivere qualche cosa per un successo o altro, ma solo la voglia di comunicare dei pensieri che conducono, spero, alla ricerca di quella felicità che il Signore ci ha offerto con il suo amore sino al sacrificio della Sua vita.
Questo, che è il fondamento della nostra fede e l’anima della nostra religione, non ci devono far diventare pessimisti o masochisti.
Il cristiano è l’uomo della gioia perché sa che Cristo l’ha salvato e i comandi che Dio ci ha dato, non sono un “non fare”, ma “fai questo perché” ami e sai di essere amato.
In questa ottica, vorrei richiamare alla vostra attenzione un Film del 2009 che mi ha portato a questa semplice e banale, se volete, riflessione: “Jiuli&Jiulia” con Meryl Streep. Non è il solito film impegnato, dai grandi valori sociali, umani o storici, ma un film per tutti, tranquillo per una serata serena. Pertanto t’invito a leggere o ad ascoltare, se non ti va di leggere, quello che voglio dirti.
Julie Powell, una giovane trentenne, ha bisogno di qualcosa che spezzi la monotonia della sua esistenza, così decide di cucinare
nell'arco di un anno tutte le 524 ricette del libro "Mastering the art of French Cooking", scritto da Julia Child, una gourmand, a cui è ispirato il Film.
Ora, immagino starete sorridendo, nelle migliori delle ipotesi, a quello che dico, ma credo che parlare di Dio, si possa fare anche così. Tutto parla di Lui se noi Lo viviamo nel cuore e Lo trasformiamo nei gesti concreti di vita. Ora, quali sono i tuoi interessi, cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita, quali i tuoi sogni, quali i tuoi hobby, come occupi il tempo … ? Quante volte queste domande, inconfessate, sono risuonate nella nostra mente e senza che nessuno sapesse nulla, hanno riecheggiato in noi e nella nostra vita. Vorrei suggerivi, allora, di essere onesti con voi stessi e di affrontare la vita con serenità e un po di filosofia, dove, non dimentichiamo le “cose belle” perché troppo occupati alle critiche e a ciò che non va, ma sappiamo vivere. La vita è un’avventura meravigliosa e credo valga la pena darle un senso. Dio sarebbe felice della nostra felicità e spetta a noi crearcela e non lamentarsi di non averla. Ama con il Cuore di Cristo e vivi come ha vissuto Lui. Non mi risulta, leggendo i testi sacri, che avesse un brutto carattere, che fosse lamentoso, anzi, chi lo incontrava rimaneva stupito dalle sue parole, dai suoi gesti, dalla sua amabilità, dalla sola Sua presenza.
Il parlare sempre di discorsi alti, spirituali, fare riflessioni e valutazioni per salvare il mondo, la pace, l’economia … che sono importantissimi, guai a noi se non ci pensassimo e se, ognuno secondo le sue possibilità, non lo facesse, ma questo non ci deve impedire di godere di quelle gioie che il Signore ci ha donato, a ognuno secondo il suo ambiente, stile, capacità, opportunità, possibilità e impegno. Amarsi è amare e amare è servire, nella felicità il Signore, attraverso se stessi donandosi ai fratelli, ognuno secondo la sua vocazione e il suo impegno nella società. Con questa certezza nel cuore vi invito ad appassionarvi in tutto quello che fate: la vita, l’ amore, il lavoro, la famiglia i tuoi hobby: lettura, sport, arte … e gustare la presenza di Dio in queste cose. Attraverso le vostre capacità scoprirlo giornalmente e in questi gesti ordinari scorgerete l’anima della preghiera che vi porterà davanti al Tabernacolo, ai Sacramenti, alla vita della Chiesa in modo serio e impegnato, facendo diventare ogni giorno un giorno straordinario. L’eleganza dei modi, del linguaggio, del vivere, dei gesti semplici quotidiani, dell’ospitalità e dell’amicizia, del come vivere un rapporto e porsi nella società, sono gli strumenti per arrivare a Dio e vivere di Lui in qualsiasi vocazione.
La spiritualità della vita diventa preghiera nell’eleganza dei gesti e delle cose: un quadro, un libro, una musica, un abito, un piatto cucinato con impegno e amore, un film ... rendendo il tuo cuore attento e sensibile e scoprendo la presenza dell’anima “luogo” dove Dio abita. Il Signore ci ha donato l’ingegno e la fantasia perché sapessimo vivere su questa terra lodandolo nel costruire e abbellendola con il nostro sorriso e la nostra gioia. Non perdiamoci per strada, ritorniamo all’origine e alla bellezza dei piccoli gesti e ritroverai te stesso, la tua vocazione e il Signore che passa e bussa al tuo cuore. Impara a sorridere sempre difronte alle cose che accadono, cerca di vedere cosa c’è di buono, impara una sana autoironia, non sentirti più grande di Dio e la vita ti apparirà meravigliosa e unica nonostante le difficoltà e lì avrai ottenuto il vero successo e sarai all’apice della tua carriera. Così t’invito a vedere il Film e a riflettere sulla vita.
Con Cristo nel cuore alla ricerca della risposta quotidiana al suo amore nella nostra vita.
Quando un prete parla o scrive, e magari ha anche un Blog con il quale vuole far passare un’idea e informare la sua comunità virtuale sulle attività o animarla spiritualmente, si pensa che debba farlo parlando di Gesù nel modo tradizionale e basta e qualcuno ci ha rimproverato per questo dicendo, che non parliamo del Paradiso, altri che non sappiamo scrivere poesie e che i cantanti sono migliori dei preti, e meno male.
Ora, qui non si tratta di chi è più bravo o di che cosa è giusto o no, non si tratta di fare una gara o di indovinare il tema per un concorso, scrivere qualche cosa per un successo o altro, ma solo la voglia di comunicare dei pensieri che conducono, spero, alla ricerca di quella felicità che il Signore ci ha offerto con il suo amore sino al sacrificio della Sua vita.
Questo, che è il fondamento della nostra fede e l’anima della nostra religione, non ci devono far diventare pessimisti o masochisti.
Il cristiano è l’uomo della gioia perché sa che Cristo l’ha salvato e i comandi che Dio ci ha dato, non sono un “non fare”, ma “fai questo perché” ami e sai di essere amato.
In questa ottica, vorrei richiamare alla vostra attenzione un Film del 2009 che mi ha portato a questa semplice e banale, se volete, riflessione: “Jiuli&Jiulia” con Meryl Streep. Non è il solito film impegnato, dai grandi valori sociali, umani o storici, ma un film per tutti, tranquillo per una serata serena. Pertanto t’invito a leggere o ad ascoltare, se non ti va di leggere, quello che voglio dirti.
Julie Powell, una giovane trentenne, ha bisogno di qualcosa che spezzi la monotonia della sua esistenza, così decide di cucinare
nell'arco di un anno tutte le 524 ricette del libro "Mastering the art of French Cooking", scritto da Julia Child, una gourmand, a cui è ispirato il Film.
Ora, immagino starete sorridendo, nelle migliori delle ipotesi, a quello che dico, ma credo che parlare di Dio, si possa fare anche così. Tutto parla di Lui se noi Lo viviamo nel cuore e Lo trasformiamo nei gesti concreti di vita. Ora, quali sono i tuoi interessi, cosa ti sarebbe piaciuto fare nella vita, quali i tuoi sogni, quali i tuoi hobby, come occupi il tempo … ? Quante volte queste domande, inconfessate, sono risuonate nella nostra mente e senza che nessuno sapesse nulla, hanno riecheggiato in noi e nella nostra vita. Vorrei suggerivi, allora, di essere onesti con voi stessi e di affrontare la vita con serenità e un po di filosofia, dove, non dimentichiamo le “cose belle” perché troppo occupati alle critiche e a ciò che non va, ma sappiamo vivere. La vita è un’avventura meravigliosa e credo valga la pena darle un senso. Dio sarebbe felice della nostra felicità e spetta a noi crearcela e non lamentarsi di non averla. Ama con il Cuore di Cristo e vivi come ha vissuto Lui. Non mi risulta, leggendo i testi sacri, che avesse un brutto carattere, che fosse lamentoso, anzi, chi lo incontrava rimaneva stupito dalle sue parole, dai suoi gesti, dalla sua amabilità, dalla sola Sua presenza.
Il parlare sempre di discorsi alti, spirituali, fare riflessioni e valutazioni per salvare il mondo, la pace, l’economia … che sono importantissimi, guai a noi se non ci pensassimo e se, ognuno secondo le sue possibilità, non lo facesse, ma questo non ci deve impedire di godere di quelle gioie che il Signore ci ha donato, a ognuno secondo il suo ambiente, stile, capacità, opportunità, possibilità e impegno. Amarsi è amare e amare è servire, nella felicità il Signore, attraverso se stessi donandosi ai fratelli, ognuno secondo la sua vocazione e il suo impegno nella società. Con questa certezza nel cuore vi invito ad appassionarvi in tutto quello che fate: la vita, l’ amore, il lavoro, la famiglia i tuoi hobby: lettura, sport, arte … e gustare la presenza di Dio in queste cose. Attraverso le vostre capacità scoprirlo giornalmente e in questi gesti ordinari scorgerete l’anima della preghiera che vi porterà davanti al Tabernacolo, ai Sacramenti, alla vita della Chiesa in modo serio e impegnato, facendo diventare ogni giorno un giorno straordinario. L’eleganza dei modi, del linguaggio, del vivere, dei gesti semplici quotidiani, dell’ospitalità e dell’amicizia, del come vivere un rapporto e porsi nella società, sono gli strumenti per arrivare a Dio e vivere di Lui in qualsiasi vocazione.
La spiritualità della vita diventa preghiera nell’eleganza dei gesti e delle cose: un quadro, un libro, una musica, un abito, un piatto cucinato con impegno e amore, un film ... rendendo il tuo cuore attento e sensibile e scoprendo la presenza dell’anima “luogo” dove Dio abita. Il Signore ci ha donato l’ingegno e la fantasia perché sapessimo vivere su questa terra lodandolo nel costruire e abbellendola con il nostro sorriso e la nostra gioia. Non perdiamoci per strada, ritorniamo all’origine e alla bellezza dei piccoli gesti e ritroverai te stesso, la tua vocazione e il Signore che passa e bussa al tuo cuore. Impara a sorridere sempre difronte alle cose che accadono, cerca di vedere cosa c’è di buono, impara una sana autoironia, non sentirti più grande di Dio e la vita ti apparirà meravigliosa e unica nonostante le difficoltà e lì avrai ottenuto il vero successo e sarai all’apice della tua carriera. Così t’invito a vedere il Film e a riflettere sulla vita.
Riflessioni Quaresimali 3
Il Giuramento: “sacerdote del dovere”
“Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis”
Sull’altare della Chiesa del seminario dove ho studiato per diventare Sacerdote c’erano incise queste parole: “Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis”, le ricordo con profonda serenità e ogni giorno risuonano nella mia mente, portandomi lontano al tempo della mia giovinezza e rinnovano in me quel desiderio di servire il Signore e la Sua Chiesa.
Conosci quello che fai, imita quello di cui parli. Le tue azioni non sia differenti dalla tua fede, conosci quello per il quale sei mandato e vivilo in prima persona.
Con queste premesse oggi vorrei soffermarmi su “Il Giuramento”. Quel momento particolare della vita di ogni persona che segue la sua vocazione. Il giuramento del Sacerdote, il giuramento del Militare, il giuramento dello Sposo. In sintesi il giuramento ideale di chi vuole fare della sua vita una vera vocazione. Vocazione al servizio degli altri con una vita vissuta da protagonisti.
La madre di un Allievo Carabiniere - asciugandosi le lacrime - ha confessato, nel giorno del giuramento del figlio: "E' come se mio figlio oggi prendesse i voti; sta per diventare un sacerdote del dovere… ". Questo deve essere lo spirito autentico di come viviamo la nostra vita e la nostra vocazione.
Il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri il Gen. Gallitelli, scrisse nella presentazione al Calendario Storico dell’Arma nel 2010 queste parole: “Il Giuramento è un atto sacro che suggella la scelta e l'aspirazione di ciascuno di noi a servire, con lealtà e fedeltà, l'Italia, i suoi cittadini e le sue Leggi. La sacralità del Giuramento affonda le sue radici in tempi remoti e già nell'antica Roma l'atto di devozione dei militari ai loro comandanti era denominato "sacramentum", volendo richiamare quanto di più sacro potesse esprimere un uomo in termini di impegno morale, per sé stesso e per gli altri. … Con la nascita degli Stati moderni e l'affermazione della sovranità popolare, i contenuti del Giuramento sono stati progressivamente "laicizzati", ma la fedeltà e la lealtà sono tuttora la pietra d'angolo di quell'atto che guida e sostiene l'operato di ciascun Carabiniere. Il Giuramento di fedeltà costituisce, allora, non la semplice dichiarazione di un proposito, ma l'impegno forte e perenne all'osservanza di quei valori senza tempo che in ciascuno di noi saldano graniticamente il senso della responsabilità, l'onestà, la solidarietà verso il prossimo, la ricerca della gratificazione morale quale primo e autentico riconoscimento per le proprie azioni…”. Non è forse questo lo spirito che anima il giuramento di ogni vocazione?
Ora alcune brevi e incomplete pennellate sul giuramento
Il Giuramento nella Bibbia
Il Giurare nell’Antico Testamento voleva dire garanzia di ottemperanza di un patto, una alleanza di un accordo etc. poiché altrimenti si cadeva sotto maledizione. Il Giurare, invece nel Nuovo Testamento è possibile là dove esso è reso obbligatorio, senza tuttavia cadere in luoghi comuni di espressione. Il giuramento, in generale, costituisce il veicolo di una promessa a cui corrisponde un impegno, che si concretizza attraverso la pronuncia di una formula di rito. Con la pronuncia della formula, l'azione promessa esce dalla sfera della volontà del promittente per collocarsi in quella di colui che è il destinatario del giuramento.
Il Giuramento ecclesiastico è uno degli appuntamenti che precedono l'ordinazione diaconale. Nel corso di questo momento, gli ordinandi diaconi consegnano una dichiarazione, redatta e firmata di proprio pugno, nella quale attestano che intendono ricevere il Sacro Ordine spontaneamente e liberamente e che si dedicheranno per sempre al ministero ecclesiastico. Il giuramento viene scandito dalle parole "Cosi voglio, cosi desidero, cosi giuro, cosi i Santi Vangeli, che tocco con le mie mani mi siano d’aiuto".
Il giuramento militare è un “vincolo personale” che impegna ciascun militare e riveste un ruolo fondamentale per l’assunzione dello status militis; in effetti, si diventa militari solo dopo aver pronunciato la formula del giuramento. Il militare nel prestare il giuramento, previsto dall’art. 2 della legge 382/78, assume ben quattro impegni con la seguente formula: "Giuro d'essere fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina ed onore a tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni". Appare evidente che dei quattro impegni che il militare assume con il giuramento ben tre siano comuni a ciascun cittadino: la fedeltà alla Repubblica, l'osservanza della Costituzione e delle leggi ed il dovere sacro della difesa della Patria. Quindi l’impegno che distingue il militare dal cittadino è il quarto, cioè quello di adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri connessi allo "stato militare".
Il Giuramento degli sposi cristiani
“…Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.” Questa formula letta dagli sposi prima dello scambio degli anelli, promessa fondamentale di ogni matrimonio è la formula che contiene la volontà di impegnarsi, davanti a Dio, ad un legame indissolubile.
La Chiesa considera lo scambio del consenso tra gli sposi come l'elemento indispensabile « che costituisce il Matrimonio ».Se il consenso manca, non c'è Matrimonio. Il consenso consiste in un « atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono ».« Io prendo te come mia sposa... »; « Io prendo te come mio sposo... ».Questo consenso che lega gli sposi tra loro trova il suo compimento nel fatto che i due diventano « una carne sola ».(Catechismo della Chiesa Cattolica)
La vita è una sfida continua di promesse negli ideali in cui si crede. Tutto questo incompleto discorso per richiamare all’ attenzione, la serietà degli impegni che ci prendiamo, la verità dei nostri gesti, l’anima delle nostre azioni.
Questo tempo di Quaresima ci offre, pertanto, l’opportunità di essere persone autentiche, che vivono nel modo giusto e con responsabilità le scelte che si sono fatte: nella vita di uomo, di militare, di cristiano e di sposo.
Sii autentico in quello che credi e fai quello in cui ti sei preparato e che questo possa illuminare il tuo cure e la tua vita.
“ … Non abbiate timore innanzi ai vostri nemici, siate impavidi e retti così che Dio possa amarvi. Dite il vero… anche se vi conduce alla morte, salvaguardate gli indifesi, è il vostro giuramento. Sorga un cavaliere! ..”
“… Siate senza paura di fronte al nemico;
Siate coraggiosi e giusti;
Proclamate la verità, anche a costo della vita.
Difendete gli oppressi e non piegatevi al male.
Questo è il vostro giuramento!!..” (dal Film le Crociate)
Il Giuramento: “sacerdote del dovere”
“Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis”
Sull’altare della Chiesa del seminario dove ho studiato per diventare Sacerdote c’erano incise queste parole: “Agnoscite quod agitis, imitamini quod tractatis”, le ricordo con profonda serenità e ogni giorno risuonano nella mia mente, portandomi lontano al tempo della mia giovinezza e rinnovano in me quel desiderio di servire il Signore e la Sua Chiesa.
Conosci quello che fai, imita quello di cui parli. Le tue azioni non sia differenti dalla tua fede, conosci quello per il quale sei mandato e vivilo in prima persona.
Con queste premesse oggi vorrei soffermarmi su “Il Giuramento”. Quel momento particolare della vita di ogni persona che segue la sua vocazione. Il giuramento del Sacerdote, il giuramento del Militare, il giuramento dello Sposo. In sintesi il giuramento ideale di chi vuole fare della sua vita una vera vocazione. Vocazione al servizio degli altri con una vita vissuta da protagonisti.
La madre di un Allievo Carabiniere - asciugandosi le lacrime - ha confessato, nel giorno del giuramento del figlio: "E' come se mio figlio oggi prendesse i voti; sta per diventare un sacerdote del dovere… ". Questo deve essere lo spirito autentico di come viviamo la nostra vita e la nostra vocazione.
Il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri il Gen. Gallitelli, scrisse nella presentazione al Calendario Storico dell’Arma nel 2010 queste parole: “Il Giuramento è un atto sacro che suggella la scelta e l'aspirazione di ciascuno di noi a servire, con lealtà e fedeltà, l'Italia, i suoi cittadini e le sue Leggi. La sacralità del Giuramento affonda le sue radici in tempi remoti e già nell'antica Roma l'atto di devozione dei militari ai loro comandanti era denominato "sacramentum", volendo richiamare quanto di più sacro potesse esprimere un uomo in termini di impegno morale, per sé stesso e per gli altri. … Con la nascita degli Stati moderni e l'affermazione della sovranità popolare, i contenuti del Giuramento sono stati progressivamente "laicizzati", ma la fedeltà e la lealtà sono tuttora la pietra d'angolo di quell'atto che guida e sostiene l'operato di ciascun Carabiniere. Il Giuramento di fedeltà costituisce, allora, non la semplice dichiarazione di un proposito, ma l'impegno forte e perenne all'osservanza di quei valori senza tempo che in ciascuno di noi saldano graniticamente il senso della responsabilità, l'onestà, la solidarietà verso il prossimo, la ricerca della gratificazione morale quale primo e autentico riconoscimento per le proprie azioni…”. Non è forse questo lo spirito che anima il giuramento di ogni vocazione?
Ora alcune brevi e incomplete pennellate sul giuramento
Il Giuramento nella Bibbia
Il Giurare nell’Antico Testamento voleva dire garanzia di ottemperanza di un patto, una alleanza di un accordo etc. poiché altrimenti si cadeva sotto maledizione. Il Giurare, invece nel Nuovo Testamento è possibile là dove esso è reso obbligatorio, senza tuttavia cadere in luoghi comuni di espressione. Il giuramento, in generale, costituisce il veicolo di una promessa a cui corrisponde un impegno, che si concretizza attraverso la pronuncia di una formula di rito. Con la pronuncia della formula, l'azione promessa esce dalla sfera della volontà del promittente per collocarsi in quella di colui che è il destinatario del giuramento.
Il Giuramento ecclesiastico è uno degli appuntamenti che precedono l'ordinazione diaconale. Nel corso di questo momento, gli ordinandi diaconi consegnano una dichiarazione, redatta e firmata di proprio pugno, nella quale attestano che intendono ricevere il Sacro Ordine spontaneamente e liberamente e che si dedicheranno per sempre al ministero ecclesiastico. Il giuramento viene scandito dalle parole "Cosi voglio, cosi desidero, cosi giuro, cosi i Santi Vangeli, che tocco con le mie mani mi siano d’aiuto".
Il giuramento militare è un “vincolo personale” che impegna ciascun militare e riveste un ruolo fondamentale per l’assunzione dello status militis; in effetti, si diventa militari solo dopo aver pronunciato la formula del giuramento. Il militare nel prestare il giuramento, previsto dall’art. 2 della legge 382/78, assume ben quattro impegni con la seguente formula: "Giuro d'essere fedele alla Repubblica Italiana, di osservarne la Costituzione e le leggi e di adempiere con disciplina ed onore a tutti i doveri del mio stato per la difesa della Patria e la salvaguardia delle libere istituzioni". Appare evidente che dei quattro impegni che il militare assume con il giuramento ben tre siano comuni a ciascun cittadino: la fedeltà alla Repubblica, l'osservanza della Costituzione e delle leggi ed il dovere sacro della difesa della Patria. Quindi l’impegno che distingue il militare dal cittadino è il quarto, cioè quello di adempiere con disciplina ed onore tutti i doveri connessi allo "stato militare".
Il Giuramento degli sposi cristiani
“…Prometto di esserti fedele sempre, nella gioia e nel dolore, nella salute e nella malattia, e di amarti e onorarti tutti i giorni della mia vita.” Questa formula letta dagli sposi prima dello scambio degli anelli, promessa fondamentale di ogni matrimonio è la formula che contiene la volontà di impegnarsi, davanti a Dio, ad un legame indissolubile.
La Chiesa considera lo scambio del consenso tra gli sposi come l'elemento indispensabile « che costituisce il Matrimonio ».Se il consenso manca, non c'è Matrimonio. Il consenso consiste in un « atto umano col quale i coniugi mutuamente si danno e si ricevono ».« Io prendo te come mia sposa... »; « Io prendo te come mio sposo... ».Questo consenso che lega gli sposi tra loro trova il suo compimento nel fatto che i due diventano « una carne sola ».(Catechismo della Chiesa Cattolica)
La vita è una sfida continua di promesse negli ideali in cui si crede. Tutto questo incompleto discorso per richiamare all’ attenzione, la serietà degli impegni che ci prendiamo, la verità dei nostri gesti, l’anima delle nostre azioni.
Questo tempo di Quaresima ci offre, pertanto, l’opportunità di essere persone autentiche, che vivono nel modo giusto e con responsabilità le scelte che si sono fatte: nella vita di uomo, di militare, di cristiano e di sposo.
Sii autentico in quello che credi e fai quello in cui ti sei preparato e che questo possa illuminare il tuo cure e la tua vita.
“ … Non abbiate timore innanzi ai vostri nemici, siate impavidi e retti così che Dio possa amarvi. Dite il vero… anche se vi conduce alla morte, salvaguardate gli indifesi, è il vostro giuramento. Sorga un cavaliere! ..”
“… Siate senza paura di fronte al nemico;
Siate coraggiosi e giusti;
Proclamate la verità, anche a costo della vita.
Difendete gli oppressi e non piegatevi al male.
Questo è il vostro giuramento!!..” (dal Film le Crociate)
Riflessione Quaresimale
Il male del cuore e la bellezza della vita: alla ricerca della felicità.
In questo tempo di Quaresima, vi sto raggiungendo, con una scadenza non programmata, con alcune riflessioni, semplici, banali forse, povere di linguaggio, ma per giungere al cuore e offrirvi la possibilità serena di verificare la vita e la fede. Leggendo le Parole del Vangelo di Luca e gli scritti laici e precristiani di Seneca, mi permetto di fare a me stesso questo esame di coscienza e di esprimerlo ad alta voce a benefico di chi mi legge.
Già pubblicato:
Visita Pastorale Virtuale
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/iniziativa-visita-pastorale-virtuale-al.html
Due Chiacchiere con il Cappellano: Vivi ogni stagione con gioia
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/due-chiacchiere-con-il-cappellano-vivi.html
Riflessioni Quaresimali 1: Obbedienza, valore da ricercare ogni giorno
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/riflessioni-quaresimali-obbedienza.html
«Maestro, dì a mio fratello che divida con me l'eredità».
Ma egli rispose:«O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro:«Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni».
Disse poi una parabola:«La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.
Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».
(Lc 12, 13 – 21)
“1 … certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell'agire diversamente dal dovuto. 2 Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo, e alla sua giornata, che capisca di morire ogni giorno? Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata … metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l'altro la vita se ne va. 3 Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l'unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire”.
(Seneca, Lettere a Lucilio 1° Libro nn.1 -3 )
Non lasciarti confondere, non cadere nella rete e nella tentazione di parlare male, non spargere il tuo veleno, le tue ripicche, le tue delusioni, i tuoi insuccessi, le tue povere vendette in cattiverie, segni di potere che pensi di avere e che gli altri credi vorrebbero, non chiedere per te limpidezza e poi tu muoverti nel torbido. Non avere due linguaggi, due modi di essere. Non lasciarti trascinare dalla gelosia e dall’invidia, dalla maldicenza e dalla cattiveria, dal risentimento e dall’orgoglio, dalla ricerca spasmodica del successo e dell’affermazione del tuo presunto potere. Queste cose ti ammalano il cuore, ti fanno cattivo dentro e se fuori sembri buono, di fatto, rimani cattivo e ridicolo agli occhi di chi non ha interesse alcuno.
Vivere la vita, dico sempre, che è: “un’avventura meravigliosa”, per questo motivo: la capacità di saper reagire alla logica del mondo, alla logica di chi pensa che avendo di più, comanda di più o si realizza meglio, ma che deve comandare, ma che deve dimostrare, “oggi stesso gli sarà chiesto conto davanti a Dio”.
Medita la Parola del Signore e affidati a Lui. Non allinearti alle cattiverie di questo mondo, non pensare di essere più furbo e più intelligente degli altri, rimarrai con un pugno di mosche in mano.
Non essere doppio, non dire una cosa e pensarne un altra. L’educazione dei modi e del linguaggio non devono nascondere la verità del pensiero.
Chi ricopre un ruolo pubblico o di governo sia imparziale, onesto, diligente, benevolo e giusto. Non tutto si può dire e non tutto si può fare, il rivelare i progetti e i pensieri non sempre è buona cosa al fine di raggiungere la correttezza di una vita o di un progetto, ma la falsità a proprio beneficio, facendola passare per il bene comune è un peccato grave.
La vera intelligenza, o la vera diplomazia o strategia, sta nell’onestà del progetto, nella bontà dell’azione e nell’educazione dei modi. Svelare tutto può essere controproducente, se l’anima è buona e il fine è il bene comune allora ci si può impegnare con intelligenza, ammesso che ci sia.
L’umanità è inquieta, l’uno vuole emergere sull’altro a qualsiasi prezzo, questo è il peccato, il cuore rimane cattivo se non riposa in Dio.
Dove abbiamo messo gli ideali del vivere corretto, del servire gli uni gli altri, del gareggiare nello stimarci, nell’accettare un ruolo e nel servire una causa che sia benevola e giusta a benefico della collettività?
Dov’è la tua Fede, il tuo credo? Quali sono i valori nei quali credi fermamente?
Non fare emergere il tuo egoismo, la tua smania di potere, di successo, di ricchezza a scapito degli altri. Lavora per il bene comune e se per questo non tutto si può dire o si deve dire, conserva nel segreto del tuo cuore, con umiltà e pazienza. Il segreto non è non dire, ma conservare con rispetto per un bene superiore. La verità è nel prendere coscienza dei propri limiti e nel farsi aiutare a diminuirli. La verità della vita è nella libertà delle scelte che non devono a nessun modo andare a discapito degli altri. La tua libertà non deve essere una condanna per altri, la tua verità non deve essere d’interesse, ma di servizio.
L’eleganza del linguaggio, la correttezza dei modi, devono racchiudere la verità delle intenzioni e non nascondere progetti personali ed egoistici con secondi fini.
Questo modo di vivere e di essere non è solo per i grandi della terra, ne per chi comanda o ha un ruolo di rilievo nelle società e nelle istituzioni, ma è per ogni persona a qualsiasi titolo e in qualsiasi ruolo.
Non adeguarti al: “tutti fanno così”, non scusarti dicendo: “ma loro”, tu cosa fai, tu come sei nel tuo privato, nel tuo piccolo, in casa tua, nel tuo ambiente di lavoro?
A chi molto è stato dato, molto verrò richiesto. A chi ha un ruolo di guida è chiesto di più. A questi e a tutti, allora la riflessione verte sulla bontà nel cuore, superando egoismi privati ed essendo felice di quello che si ha e di chi si è.
La tua vita come la vuoi vivere? Cosa pensi sia importante? Quali i limiti che non ti rendono profondamente felice?
Non essere doppio nel tuo parlare, non essere bugiardo, di sempre la verità. Sii uno che costruisce il bene e non che lo demolisce. Ama le persone, cerca il bene per gli altri e il tuo arriverà, metti a buon frutto i doni e le capacità e le possibilità che Dio ti ha offerto, usa bene della tua intelligenza, del tuo studio, lavoro, impegno per costruire il bene comune e non esclusivamente il tuo personale bene.
Buona Quaresima.
Il male del cuore e la bellezza della vita: alla ricerca della felicità.
In questo tempo di Quaresima, vi sto raggiungendo, con una scadenza non programmata, con alcune riflessioni, semplici, banali forse, povere di linguaggio, ma per giungere al cuore e offrirvi la possibilità serena di verificare la vita e la fede. Leggendo le Parole del Vangelo di Luca e gli scritti laici e precristiani di Seneca, mi permetto di fare a me stesso questo esame di coscienza e di esprimerlo ad alta voce a benefico di chi mi legge.
Già pubblicato:
Visita Pastorale Virtuale
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/iniziativa-visita-pastorale-virtuale-al.html
Due Chiacchiere con il Cappellano: Vivi ogni stagione con gioia
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/due-chiacchiere-con-il-cappellano-vivi.html
Riflessioni Quaresimali 1: Obbedienza, valore da ricercare ogni giorno
http://cappellano-unavoce.blogspot.com/2012/02/riflessioni-quaresimali-obbedienza.html
«Maestro, dì a mio fratello che divida con me l'eredità».
Ma egli rispose:«O uomo, chi mi ha costituito giudice o mediatore sopra di voi?».
E disse loro:«Guardatevi e tenetevi lontano da ogni cupidigia, perché anche se uno è nell'abbondanza la sua vita non dipende dai suoi beni».
Disse poi una parabola:«La campagna di un uomo ricco aveva dato un buon raccolto. Egli ragionava tra sé: Che farò, poiché non ho dove riporre i miei raccolti? E disse: Farò così: demolirò i miei magazzini e ne costruirò di più grandi e vi raccoglierò tutto il grano e i miei beni.
Poi dirò a me stesso: Anima mia, hai a disposizione molti beni, per molti anni; riposati, mangia, bevi e datti alla gioia.
Ma Dio gli disse: Stolto, questa notte stessa ti sarà richiesta la tua vita. E quello che hai preparato di chi sarà? Così è di chi accumula tesori per sé, e non arricchisce davanti a Dio».
(Lc 12, 13 – 21)
“1 … certi momenti ci vengono portati via, altri sottratti e altri ancora si perdono nel vento. Ma la cosa più vergognosa è perder tempo per negligenza. Pensaci bene: della nostra esistenza buona parte si dilegua nel fare il male, la maggior parte nel non far niente e tutta quanta nell'agire diversamente dal dovuto. 2 Puoi indicarmi qualcuno che dia un giusto valore al suo tempo, e alla sua giornata, che capisca di morire ogni giorno? Ecco il nostro errore: vediamo la morte davanti a noi e invece gran parte di essa è già alle nostre spalle: appartiene alla morte la vita passata … metti a frutto ogni minuto; sarai meno schiavo del futuro, se ti impadronirai del presente. Tra un rinvio e l'altro la vita se ne va. 3 Niente ci appartiene, Lucilio, solo il tempo è nostro. La natura ci ha reso padroni di questo solo bene, fuggevole e labile: chiunque voglia può privarcene. Gli uomini sono tanto sciocchi che se ottengono beni insignificanti, di nessun valore e in ogni caso compensabili, accettano che vengano loro messi in conto e, invece, nessuno pensa di dover niente per il tempo che ha ricevuto, quando è proprio l'unica cosa che neppure una persona riconoscente può restituire”.
(Seneca, Lettere a Lucilio 1° Libro nn.1 -3 )
Non lasciarti confondere, non cadere nella rete e nella tentazione di parlare male, non spargere il tuo veleno, le tue ripicche, le tue delusioni, i tuoi insuccessi, le tue povere vendette in cattiverie, segni di potere che pensi di avere e che gli altri credi vorrebbero, non chiedere per te limpidezza e poi tu muoverti nel torbido. Non avere due linguaggi, due modi di essere. Non lasciarti trascinare dalla gelosia e dall’invidia, dalla maldicenza e dalla cattiveria, dal risentimento e dall’orgoglio, dalla ricerca spasmodica del successo e dell’affermazione del tuo presunto potere. Queste cose ti ammalano il cuore, ti fanno cattivo dentro e se fuori sembri buono, di fatto, rimani cattivo e ridicolo agli occhi di chi non ha interesse alcuno.
Vivere la vita, dico sempre, che è: “un’avventura meravigliosa”, per questo motivo: la capacità di saper reagire alla logica del mondo, alla logica di chi pensa che avendo di più, comanda di più o si realizza meglio, ma che deve comandare, ma che deve dimostrare, “oggi stesso gli sarà chiesto conto davanti a Dio”.
Medita la Parola del Signore e affidati a Lui. Non allinearti alle cattiverie di questo mondo, non pensare di essere più furbo e più intelligente degli altri, rimarrai con un pugno di mosche in mano.
Non essere doppio, non dire una cosa e pensarne un altra. L’educazione dei modi e del linguaggio non devono nascondere la verità del pensiero.
Chi ricopre un ruolo pubblico o di governo sia imparziale, onesto, diligente, benevolo e giusto. Non tutto si può dire e non tutto si può fare, il rivelare i progetti e i pensieri non sempre è buona cosa al fine di raggiungere la correttezza di una vita o di un progetto, ma la falsità a proprio beneficio, facendola passare per il bene comune è un peccato grave.
La vera intelligenza, o la vera diplomazia o strategia, sta nell’onestà del progetto, nella bontà dell’azione e nell’educazione dei modi. Svelare tutto può essere controproducente, se l’anima è buona e il fine è il bene comune allora ci si può impegnare con intelligenza, ammesso che ci sia.
L’umanità è inquieta, l’uno vuole emergere sull’altro a qualsiasi prezzo, questo è il peccato, il cuore rimane cattivo se non riposa in Dio.
Dove abbiamo messo gli ideali del vivere corretto, del servire gli uni gli altri, del gareggiare nello stimarci, nell’accettare un ruolo e nel servire una causa che sia benevola e giusta a benefico della collettività?
Dov’è la tua Fede, il tuo credo? Quali sono i valori nei quali credi fermamente?
Non fare emergere il tuo egoismo, la tua smania di potere, di successo, di ricchezza a scapito degli altri. Lavora per il bene comune e se per questo non tutto si può dire o si deve dire, conserva nel segreto del tuo cuore, con umiltà e pazienza. Il segreto non è non dire, ma conservare con rispetto per un bene superiore. La verità è nel prendere coscienza dei propri limiti e nel farsi aiutare a diminuirli. La verità della vita è nella libertà delle scelte che non devono a nessun modo andare a discapito degli altri. La tua libertà non deve essere una condanna per altri, la tua verità non deve essere d’interesse, ma di servizio.
L’eleganza del linguaggio, la correttezza dei modi, devono racchiudere la verità delle intenzioni e non nascondere progetti personali ed egoistici con secondi fini.
Questo modo di vivere e di essere non è solo per i grandi della terra, ne per chi comanda o ha un ruolo di rilievo nelle società e nelle istituzioni, ma è per ogni persona a qualsiasi titolo e in qualsiasi ruolo.
Non adeguarti al: “tutti fanno così”, non scusarti dicendo: “ma loro”, tu cosa fai, tu come sei nel tuo privato, nel tuo piccolo, in casa tua, nel tuo ambiente di lavoro?
A chi molto è stato dato, molto verrò richiesto. A chi ha un ruolo di guida è chiesto di più. A questi e a tutti, allora la riflessione verte sulla bontà nel cuore, superando egoismi privati ed essendo felice di quello che si ha e di chi si è.
La tua vita come la vuoi vivere? Cosa pensi sia importante? Quali i limiti che non ti rendono profondamente felice?
Non essere doppio nel tuo parlare, non essere bugiardo, di sempre la verità. Sii uno che costruisce il bene e non che lo demolisce. Ama le persone, cerca il bene per gli altri e il tuo arriverà, metti a buon frutto i doni e le capacità e le possibilità che Dio ti ha offerto, usa bene della tua intelligenza, del tuo studio, lavoro, impegno per costruire il bene comune e non esclusivamente il tuo personale bene.
Buona Quaresima.
Riflessioni Quaresimali: OBBEDIENZA, valore da ricercare ogni giorno
Preghiamo per i Sacerdoti
Più volte abbiamo parlato di vocazione, di libertà, di felicità, oggi vorrei richiamare alla vostra attenzione il “Sacerdote” come uomo dedito alle cose di Dio, seguendo la vocazione che il Signore le ha donato e lavorando ogni giorno perché questa vocazione rimanga integra e a servizio del popolo cristiano. Per far questo serve una determinazione interiore e l’aiuto della “famiglia” tutta, che unita dagli stessi ideali, lavora e prega con e per il suo sacerdote. Senza il sostegno onesto, e fraterno della comunità, difficilmente il ministro di Dio potrà essere guida e luce per la sua gente, pertanto non dimentichiamo i Sacerdoti nelle preghiere. Loro ti parlano di Dio e tu a Dio raccomandali. In un momento difficile di Chiesa, anche i suoi Sacerdoti, distratti dalle cose del mondo, rischiano di cadere e di dimenticare la loro vera vocazione che è parlarti di Dio con le parole e con la vita. Le comunità cristiane preghino per i loro sacerdoti. Voi pregate per il vostro Cappellano.
La nostra Chiesa tra i militari sia esemplare e la preghiera salga a Dio per il suo Pastore e tutti i Cappellani, perché sostenuti dall’amore della sua comunità, dalla collaborazione e dalla stima del suo popolo, dei suoi soldati, possa sempre essere segno e sostegno per tutti alla ricerca della verità e della libertà del cuore per vivere la Fede in Dio aiutati dal Cappellano e da questa nostra Chiesa Castrense, guidata dal suo Arcivescovo. Ogni vocazione ha questa dinamica, famigliare, militare …e anche sacerdotale: tutti uniti negli stessi ideali di amore e servizio a Dio attraverso il Suo popolo.
Nel giorno dell’Ordinazione Presbiterale i Sacerdoti fanno tre promesse: castità, povertà e obbedienza. Valori da comprendere anche per il popolo di Dio. L’ubbidienza è certamente una delle dimensioni fondamentali spirituali per vivere il Sacerdozio e su questa vorrei soffermarmi oggi. Obbedire è sempre difficile, soprattutto quando i nostri progetti non coincidono con quelli dei superiori e nonostante la fede, si cerca di reagire alla volontà di Dio che si esprime, per noi, nell’ubbidire alla Chiesa. Vi rimando a tre interventi che prendo dal Sito Continuitas per pregare insieme e aiutarsi a camminare alla scuola del Signore. Un valore fondamentale per la vita del Sacerdote, della Chiesa e di tutti noi. Ogni persona è chiamata ad obbedire alla volontà di Dio senza sottrarsi e su questo, tutti dobbiamo pregare il Signore cha aumenti la nostra fede, che ci aiuti ad essere fedeli alle nostre scelte.
Ognuno di noi, secondo la sua vocazione, deve seguire uno stile di vita e una dinamica di obbedienza alle specifiche della sue scelte.
Come Sacerdote mi pongo ogni giorno, verificando il cammino, nelle mani di Dio attraverso la preghiera e il confronto.
Ognuno di noi ha il suo carattere, i suoi pregi e difetti, ma insieme dobbiamo aiutarci a seguire la strada che il Signore ha tracciato per noi, cercando cosa Lui vuole veramente, senza porci al Suo posto, senza pensare di essere noi il “padreterno”, senza macchinazioni umane e progetti di carriera.
Alla comunità cristiana chiedo aiuto nella preghiera, perché i sacerdoti possano essere lievito puro che fermenta la massa.
Ogni giorno celebrando l’Eucaristia chiedo a Dio di saper accogliere la Sua volontà e non solo a proporle.
Nell’obbedienza ci sta la libertà e la felicità autentica della vita e della vocazione, di ogni vocazione, ciò, ovviamente, non è facile, pertanto la preghiera personale, la convinzione della risposta libera alla scelta di Dio di pormi come sacerdote tra il Suo popolo, non deve mai venir meno. Solo nella preghiera gli uni per gli altri troviamo la forza e la gioia di vivere la nostra vita con autenticità.
[…] aprite la vostra anima alla luce del Signore per vedere se questo cammino, che richiede audacia e autenticità, è il vostro, avanzando fino al sacerdozio solo se sarete fermamente persuasi che Dio vi chiama ad essere suoi ministri e fermamente decisi ad esercitarlo obbedendo alle disposizioni della Chiesa. (Sua Santità Benedetto XVI, Omelia del 20 agosto 2011)
[…] nessuno è realmente capace di pascere il gregge di Cristo, se non vive una profonda e reale obbedienza a Cristo e alla Chiesa, e la stessa docilità del Popolo ai suoi sacerdoti dipende dalla docilità dei sacerdoti verso Cristo […] (Sua Santità Benedetto XVI, Udienza generale del 26 maggio 2010)
A ben riflettere, l’obbedienza a cui egli [il sacerdote, ndr] si è impegnato nel giorno dell’Ordinazione, e la cui promessa è invitato a ribadire nella Messa crismale, prende luce da questo rapporto con l’Eucaristia. Obbedendo per amore, rinunciando magari a legittimi spazi di libertà quando si tratta di aderire all’autorevole discernimento dei Vescovi, il sacerdote attua nella propria carne quel « prendete e mangiate » con cui Cristo, nell’Ultima Cena, affidò se stesso alla Chiesa. (Beato Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo 2005, 13 marzo 2005)
Ora queste parole dei Sommi Pontefici, aiutino la riflessione mia persona, ma spronino tutti a cercare nel quotidiano la Sua volontà, senza sostituirci a Lui. Ad ogni persona della Chiesa, sacerdote o laico è chiesto di camminare in questa direzione.
Questo tempo di Quaresima sia per tutti, occasione di verifica, di conversione e di preghiera gli uni per gli altri. Amate i vostri Sacerdoti e chiedete sempre che vi parlino di Dio. Sostenete i vostri Cappellani con la vostra amicizia e onestà, pregate per la Chiesa di cui fate parte perché sia sempre il volto autentico di Cristo nel mondo.
Questa preghiera scritta dal Santo Padre il Papa Benedetto XVI in occasione dell’anno sacerdotale possa per tutti essere l’invocazione da elevare a Dio per il vostro Cappellano e per la nostra Chiesa Ordinariato Militare.
Signore Gesù, … fa che possiamo imparare il modo di trovare la nostra gioia restando a lungo in adorazione davanti al Santissimo Sacramento; come la Tua Parola che ci guida sia semplice e quotidiana; con quale tenerezza il Tuo Amore accolga i peccatori pentiti; quanto sia consolante l’abbandono fiducioso alla Tua Santissima Madre Immacolata; quanto sia necessario lottare con vigilanza contro il Maligno.
Fa, o Signore Gesù, che i nostri giovani possano apprendere quanto sia necessario, umile e glorioso il ministero sacerdotale che Tu vuoi affidare a quelli che si aprono alla Tua chiamata.
Fa che nelle nostre comunità si realizzino quelle meraviglie di grazia che Tu compi quando un sacerdote sa “mettere l’amore nella sua parrocchia”.
Fa che le nostre famiglie cristiane si sentano parte della Chiesa – dove possono sempre ritrovare i Tuoi ministri – e sappiano rendere le loro case belle come una chiesa.
Fa che la carità dei nostri Pastori nutra ed infiammi la carità di tutti i fedeli, affinché tutte le vocazioni e tutti i carismi donati dal Tuo Santo Spirito possano essere accolti e valorizzati.
Ma soprattutto, o Signore Gesù, concedici l’ardore e la verità del cuore perché noi possiamo rivolgerci al Tuo Padre Celeste, facendo nostre le stesse parole che San Giovanni Maria Vianney utilizzava quando si rivolgeva a Lui:
“Vi amo mio Dio, e il mio unico desiderio è di amrVi fino all’ultimo respiro della mia vita.
Vi amo, o Dio infinitamente amabile, e desidero ardentemente di morire amandovi, piuttosto che vivere un solo istante senza amarVi.
Vi amo Signore, e la sola grazia che Vi chiedo è di amarVi in eterno.
Mio Dio, se la mia lingua non può ripetere sempre che io Vi amo, desidero che il mio cuore Ve lo ripeta ad ogni mio respiro.
Vi amo, o mio Divin Salvatore, perché siete stato crocifisso per me;
e perché Voi mi tenete crocifisso quaggiù per Voi.
Mio Dio, fatemi la grazia di morire nel amandoVi e sentendo che io Vi amo”
Preghiamo per i Sacerdoti
Più volte abbiamo parlato di vocazione, di libertà, di felicità, oggi vorrei richiamare alla vostra attenzione il “Sacerdote” come uomo dedito alle cose di Dio, seguendo la vocazione che il Signore le ha donato e lavorando ogni giorno perché questa vocazione rimanga integra e a servizio del popolo cristiano. Per far questo serve una determinazione interiore e l’aiuto della “famiglia” tutta, che unita dagli stessi ideali, lavora e prega con e per il suo sacerdote. Senza il sostegno onesto, e fraterno della comunità, difficilmente il ministro di Dio potrà essere guida e luce per la sua gente, pertanto non dimentichiamo i Sacerdoti nelle preghiere. Loro ti parlano di Dio e tu a Dio raccomandali. In un momento difficile di Chiesa, anche i suoi Sacerdoti, distratti dalle cose del mondo, rischiano di cadere e di dimenticare la loro vera vocazione che è parlarti di Dio con le parole e con la vita. Le comunità cristiane preghino per i loro sacerdoti. Voi pregate per il vostro Cappellano.
La nostra Chiesa tra i militari sia esemplare e la preghiera salga a Dio per il suo Pastore e tutti i Cappellani, perché sostenuti dall’amore della sua comunità, dalla collaborazione e dalla stima del suo popolo, dei suoi soldati, possa sempre essere segno e sostegno per tutti alla ricerca della verità e della libertà del cuore per vivere la Fede in Dio aiutati dal Cappellano e da questa nostra Chiesa Castrense, guidata dal suo Arcivescovo. Ogni vocazione ha questa dinamica, famigliare, militare …e anche sacerdotale: tutti uniti negli stessi ideali di amore e servizio a Dio attraverso il Suo popolo.
Nel giorno dell’Ordinazione Presbiterale i Sacerdoti fanno tre promesse: castità, povertà e obbedienza. Valori da comprendere anche per il popolo di Dio. L’ubbidienza è certamente una delle dimensioni fondamentali spirituali per vivere il Sacerdozio e su questa vorrei soffermarmi oggi. Obbedire è sempre difficile, soprattutto quando i nostri progetti non coincidono con quelli dei superiori e nonostante la fede, si cerca di reagire alla volontà di Dio che si esprime, per noi, nell’ubbidire alla Chiesa. Vi rimando a tre interventi che prendo dal Sito Continuitas per pregare insieme e aiutarsi a camminare alla scuola del Signore. Un valore fondamentale per la vita del Sacerdote, della Chiesa e di tutti noi. Ogni persona è chiamata ad obbedire alla volontà di Dio senza sottrarsi e su questo, tutti dobbiamo pregare il Signore cha aumenti la nostra fede, che ci aiuti ad essere fedeli alle nostre scelte.
Ognuno di noi, secondo la sua vocazione, deve seguire uno stile di vita e una dinamica di obbedienza alle specifiche della sue scelte.
Come Sacerdote mi pongo ogni giorno, verificando il cammino, nelle mani di Dio attraverso la preghiera e il confronto.
Ognuno di noi ha il suo carattere, i suoi pregi e difetti, ma insieme dobbiamo aiutarci a seguire la strada che il Signore ha tracciato per noi, cercando cosa Lui vuole veramente, senza porci al Suo posto, senza pensare di essere noi il “padreterno”, senza macchinazioni umane e progetti di carriera.
Alla comunità cristiana chiedo aiuto nella preghiera, perché i sacerdoti possano essere lievito puro che fermenta la massa.
Ogni giorno celebrando l’Eucaristia chiedo a Dio di saper accogliere la Sua volontà e non solo a proporle.
Nell’obbedienza ci sta la libertà e la felicità autentica della vita e della vocazione, di ogni vocazione, ciò, ovviamente, non è facile, pertanto la preghiera personale, la convinzione della risposta libera alla scelta di Dio di pormi come sacerdote tra il Suo popolo, non deve mai venir meno. Solo nella preghiera gli uni per gli altri troviamo la forza e la gioia di vivere la nostra vita con autenticità.
[…] aprite la vostra anima alla luce del Signore per vedere se questo cammino, che richiede audacia e autenticità, è il vostro, avanzando fino al sacerdozio solo se sarete fermamente persuasi che Dio vi chiama ad essere suoi ministri e fermamente decisi ad esercitarlo obbedendo alle disposizioni della Chiesa. (Sua Santità Benedetto XVI, Omelia del 20 agosto 2011)
[…] nessuno è realmente capace di pascere il gregge di Cristo, se non vive una profonda e reale obbedienza a Cristo e alla Chiesa, e la stessa docilità del Popolo ai suoi sacerdoti dipende dalla docilità dei sacerdoti verso Cristo […] (Sua Santità Benedetto XVI, Udienza generale del 26 maggio 2010)
A ben riflettere, l’obbedienza a cui egli [il sacerdote, ndr] si è impegnato nel giorno dell’Ordinazione, e la cui promessa è invitato a ribadire nella Messa crismale, prende luce da questo rapporto con l’Eucaristia. Obbedendo per amore, rinunciando magari a legittimi spazi di libertà quando si tratta di aderire all’autorevole discernimento dei Vescovi, il sacerdote attua nella propria carne quel « prendete e mangiate » con cui Cristo, nell’Ultima Cena, affidò se stesso alla Chiesa. (Beato Giovanni Paolo II, Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo 2005, 13 marzo 2005)
Ora queste parole dei Sommi Pontefici, aiutino la riflessione mia persona, ma spronino tutti a cercare nel quotidiano la Sua volontà, senza sostituirci a Lui. Ad ogni persona della Chiesa, sacerdote o laico è chiesto di camminare in questa direzione.
Questo tempo di Quaresima sia per tutti, occasione di verifica, di conversione e di preghiera gli uni per gli altri. Amate i vostri Sacerdoti e chiedete sempre che vi parlino di Dio. Sostenete i vostri Cappellani con la vostra amicizia e onestà, pregate per la Chiesa di cui fate parte perché sia sempre il volto autentico di Cristo nel mondo.
Questa preghiera scritta dal Santo Padre il Papa Benedetto XVI in occasione dell’anno sacerdotale possa per tutti essere l’invocazione da elevare a Dio per il vostro Cappellano e per la nostra Chiesa Ordinariato Militare.
Signore Gesù, … fa che possiamo imparare il modo di trovare la nostra gioia restando a lungo in adorazione davanti al Santissimo Sacramento; come la Tua Parola che ci guida sia semplice e quotidiana; con quale tenerezza il Tuo Amore accolga i peccatori pentiti; quanto sia consolante l’abbandono fiducioso alla Tua Santissima Madre Immacolata; quanto sia necessario lottare con vigilanza contro il Maligno.
Fa, o Signore Gesù, che i nostri giovani possano apprendere quanto sia necessario, umile e glorioso il ministero sacerdotale che Tu vuoi affidare a quelli che si aprono alla Tua chiamata.
Fa che nelle nostre comunità si realizzino quelle meraviglie di grazia che Tu compi quando un sacerdote sa “mettere l’amore nella sua parrocchia”.
Fa che le nostre famiglie cristiane si sentano parte della Chiesa – dove possono sempre ritrovare i Tuoi ministri – e sappiano rendere le loro case belle come una chiesa.
Fa che la carità dei nostri Pastori nutra ed infiammi la carità di tutti i fedeli, affinché tutte le vocazioni e tutti i carismi donati dal Tuo Santo Spirito possano essere accolti e valorizzati.
Ma soprattutto, o Signore Gesù, concedici l’ardore e la verità del cuore perché noi possiamo rivolgerci al Tuo Padre Celeste, facendo nostre le stesse parole che San Giovanni Maria Vianney utilizzava quando si rivolgeva a Lui:
“Vi amo mio Dio, e il mio unico desiderio è di amrVi fino all’ultimo respiro della mia vita.
Vi amo, o Dio infinitamente amabile, e desidero ardentemente di morire amandovi, piuttosto che vivere un solo istante senza amarVi.
Vi amo Signore, e la sola grazia che Vi chiedo è di amarVi in eterno.
Mio Dio, se la mia lingua non può ripetere sempre che io Vi amo, desidero che il mio cuore Ve lo ripeta ad ogni mio respiro.
Vi amo, o mio Divin Salvatore, perché siete stato crocifisso per me;
e perché Voi mi tenete crocifisso quaggiù per Voi.
Mio Dio, fatemi la grazia di morire nel amandoVi e sentendo che io Vi amo”
Due Chiacchiere con il Cappellano: Vivi ogni stagione con gioia
“Siate santi, perch é io, il Signore, vostro Dio, sono santo.
Non ruberete né userete inganno o menzogna a danno del prossimo.
Non giurerete il falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore.
Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al tuo servizio fino al mattino dopo.
Non maledirai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore.
Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai con parzialità il povero né userai preferenze verso il potente: giudicherai il tuo prossimo con giustizia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore.
Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d’un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”». (Lv 19, 1-2. 11-18)
La vita val sempre la pena di essere vissuta, la vita è un dono e un’avventura meravigliosa nonostante le difficoltà e le prove che ci riserva. L’impegno è di affrontarla con determinazione, educazione, spirito di adattamento, di servizio e di fede, questo è il nostro compito.
Se sapremo camminare sulla strada che il Signore ha preparato per noi attraverso il dono della nostra famiglia e degli eventi, privati e pubblici dei nostri anni, scopriremo che sarò un’avventura bellissima. Non lasciarti vivere, non sopravvivere, ma sii protagonista della tua storia fidandoti e affidandoti a Dio. Talvolta questo concetto lo diciamo solamente e poi, di fronte all’imprevisto, alla non realizzazione dei nostri sogni o progetti, diventiamo tristi, ci chiudiamo, facendo emergere il nostro egoismo e le cattiverie e negatività.
Vi invito a fare una seria riflessione della vostra storia personale, nella storia universale e comune di dove siete e dove vivete.
Non chiudetevi nel pensiero di avere successo e realizzarvi secondo dei vostri progetti senza leggere le occasioni che vi sono date, senza vivere questa vita alla ricerca dello spirituale, del bello, della cultura, dell’amore, la mancanza di questi aspetti vi impoverirà. Educate il vostro cuore alle cose autentiche, alla felicità vera, fatta di rapporti interpersonali seri, di gesti di amore, di pazienza, di collaborazione, di stima.
Le parole del Levita, che ho messo all’inizio di questa chiacchierata con voi, indirizzano le nostre parole e il nostro pensiero e ci aiutano ad una riflessione vera sulla nostra vita e su come la stiamo vivendo.
Non lasciamoci prendere dallo sconforto di un mondo distratto, “tutto passa solo Cristo rimane”. Già altre volte vi ho parlato con questi toni, ma credo sia indispensabile non dimenticarcelo mai. Quello che oggi crediamo sicurezza, domani non lo è più, così è stato nella storia e così sarà sempre, solo l’amore aiuterà la nostra vita a essere autentica e vissuta con pienezza.
«C' è soltanto un modo di essere felici: vivere per gli altri» (L. Tolstoj). Questa frase del grande scrittore Russo, ci rincuora e ci aiuta a fare una sintesi delle nostre azioni e del nostro impegno.
Ancora, uno scrittore cristiano, A.de Saint Exupéry, dice: “Amare non è guardarsi l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”.
Ora, anche noi mettiamoci in questa ottica di vita personale e di servizio. Facciamoci aiutare dagli scritti della Bibbia e del mondo, qui alcune citazioni, ma molte altre potresti trovarne, anche laiche, che vi porteranno a questa riflessione, per esempio Orazio con il “carpe diem” o religiose, come il libro del Qoelet … scoprirete la bellezza dentro e attorno a voi e così vi accorgerete che la vita diventa veramente un’avventura meravigliosa che vale sempre la pena essere vissuta, sapendo godere di quello che abbiamo senza ricercare l’impossibile.
Chiudo queste mie poche parole, che hanno voluto solo portare alla vostra attenzione alcuni scritti, per offrirvi degli spunti di lettura, di preghiera e riflessione personale, con questo racconto. Nella sua morale finale troverete lo spirito giusto di come affrontare la vita e gli eventi della storia, anche recente, delle istituzioni e delle persone. Non lasciatevi travolgere senza riflettere, non uniformatevi al pensiero alla massa, cercate sempre la verità, quella che Cristo ci ha portato con la Sua vita e il Suo esempio. Fatevi le domande giuste e scoprirete la bellezza di vivere la vita così, come il Signore ve l’ha preparata. Fermatevi a pregare con serenità e chiedete al Signore di illuminare il vostro cuore e la vostra mente. Questo tempo di Quaresima potrebbe essere un buon momento per una verifica personale. Le parole vogliono aiutarvi a trovare il senso della vocazione al servizio degli altri come soldati e soldati cristiani, come sposi, padri e amici. Le vostre stagioni della vita saranno sempre belle e ricche di esperienze che vi aiuteranno a comprenderle appieno e nella gioia, con un spirito sereno e felice, nonostante le difficoltà.
Un uomo aveva quattro figli.
Egli desiderava che i suoi figli imparassero a non giudicare le cose in fretta, per questo, invitò ognuno di loro a fare un viaggio, per osservare un albero, che era piantato in un luogo lontano.
Il primo figlio andò là in Inverno, il secondo in Primavera, il terzo in Estate, e il quarto, in Autunno.
Quando l'ultimo rientrò, li riunì, e chiese loro di descrivere quello che avevano visto.
Il primo figlio disse che l'albero era brutto, torto e piegato.
Il secondo figlio disse invece che l'albero era ricoperto di gemme verdi e promesse di vita.
Il terzo figlio era in disaccordo; disse che era coperto di fiori, che avevano un profumo tanto dolce,
ed erano tanto belli da fargli dire che fossero la cosa più bella che avesse mai visto.
L'ultimo figlio era in disaccordo con tutti gli altri; disse che l'albero era carico di frutta, vita e promesse.
L'uomo allora spiegò ai suoi figli che tutte le risposte erano esatte poiché ognuno aveva visto solo una stagione della vita dell'albero.
Egli disse che non si può giudicare un albero, o una persona, per una sola stagione, e che la loro essenza, il piacere,
l'allegria e l'amore che vengono da quella vita può essere misurato solo alla fine, quando tutte le stagioni sono complete.
Se rinunci all'inverno perderai la promessa della primavera, la ricchezza dell'estate, la bellezza dell'autunno.
Non lasciare che il dolore di una stagione distrugga la gioia di ciò che verrà dopo.
Non giudicare la tua vita in una stagione difficile.
Persevera attraverso le difficoltà, e sicuramente tempi migliori verranno quando meno te lo aspetti!
Vivi ogni tua stagione con gioia
“Siate santi, perch é io, il Signore, vostro Dio, sono santo.
Non ruberete né userete inganno o menzogna a danno del prossimo.
Non giurerete il falso servendovi del mio nome: profaneresti il nome del tuo Dio. Io sono il Signore.
Non opprimerai il tuo prossimo, né lo spoglierai di ciò che è suo; non tratterrai il salario del bracciante al tuo servizio fino al mattino dopo.
Non maledirai il sordo, né metterai inciampo davanti al cieco, ma temerai il tuo Dio. Io sono il Signore.
Non commetterete ingiustizia in giudizio; non tratterai con parzialità il povero né userai preferenze verso il potente: giudicherai il tuo prossimo con giustizia. Non andrai in giro a spargere calunnie fra il tuo popolo né coopererai alla morte del tuo prossimo. Io sono il Signore.
Non coverai nel tuo cuore odio contro il tuo fratello; rimprovera apertamente il tuo prossimo, così non ti caricherai d’un peccato per lui. Non ti vendicherai e non serberai rancore contro i figli del tuo popolo, ma amerai il tuo prossimo come te stesso. Io sono il Signore”». (Lv 19, 1-2. 11-18)
La vita val sempre la pena di essere vissuta, la vita è un dono e un’avventura meravigliosa nonostante le difficoltà e le prove che ci riserva. L’impegno è di affrontarla con determinazione, educazione, spirito di adattamento, di servizio e di fede, questo è il nostro compito.
Se sapremo camminare sulla strada che il Signore ha preparato per noi attraverso il dono della nostra famiglia e degli eventi, privati e pubblici dei nostri anni, scopriremo che sarò un’avventura bellissima. Non lasciarti vivere, non sopravvivere, ma sii protagonista della tua storia fidandoti e affidandoti a Dio. Talvolta questo concetto lo diciamo solamente e poi, di fronte all’imprevisto, alla non realizzazione dei nostri sogni o progetti, diventiamo tristi, ci chiudiamo, facendo emergere il nostro egoismo e le cattiverie e negatività.
Vi invito a fare una seria riflessione della vostra storia personale, nella storia universale e comune di dove siete e dove vivete.
Non chiudetevi nel pensiero di avere successo e realizzarvi secondo dei vostri progetti senza leggere le occasioni che vi sono date, senza vivere questa vita alla ricerca dello spirituale, del bello, della cultura, dell’amore, la mancanza di questi aspetti vi impoverirà. Educate il vostro cuore alle cose autentiche, alla felicità vera, fatta di rapporti interpersonali seri, di gesti di amore, di pazienza, di collaborazione, di stima.
Le parole del Levita, che ho messo all’inizio di questa chiacchierata con voi, indirizzano le nostre parole e il nostro pensiero e ci aiutano ad una riflessione vera sulla nostra vita e su come la stiamo vivendo.
Non lasciamoci prendere dallo sconforto di un mondo distratto, “tutto passa solo Cristo rimane”. Già altre volte vi ho parlato con questi toni, ma credo sia indispensabile non dimenticarcelo mai. Quello che oggi crediamo sicurezza, domani non lo è più, così è stato nella storia e così sarà sempre, solo l’amore aiuterà la nostra vita a essere autentica e vissuta con pienezza.
«C' è soltanto un modo di essere felici: vivere per gli altri» (L. Tolstoj). Questa frase del grande scrittore Russo, ci rincuora e ci aiuta a fare una sintesi delle nostre azioni e del nostro impegno.
Ancora, uno scrittore cristiano, A.de Saint Exupéry, dice: “Amare non è guardarsi l'un l'altro, ma guardare insieme nella stessa direzione”.
Ora, anche noi mettiamoci in questa ottica di vita personale e di servizio. Facciamoci aiutare dagli scritti della Bibbia e del mondo, qui alcune citazioni, ma molte altre potresti trovarne, anche laiche, che vi porteranno a questa riflessione, per esempio Orazio con il “carpe diem” o religiose, come il libro del Qoelet … scoprirete la bellezza dentro e attorno a voi e così vi accorgerete che la vita diventa veramente un’avventura meravigliosa che vale sempre la pena essere vissuta, sapendo godere di quello che abbiamo senza ricercare l’impossibile.
Chiudo queste mie poche parole, che hanno voluto solo portare alla vostra attenzione alcuni scritti, per offrirvi degli spunti di lettura, di preghiera e riflessione personale, con questo racconto. Nella sua morale finale troverete lo spirito giusto di come affrontare la vita e gli eventi della storia, anche recente, delle istituzioni e delle persone. Non lasciatevi travolgere senza riflettere, non uniformatevi al pensiero alla massa, cercate sempre la verità, quella che Cristo ci ha portato con la Sua vita e il Suo esempio. Fatevi le domande giuste e scoprirete la bellezza di vivere la vita così, come il Signore ve l’ha preparata. Fermatevi a pregare con serenità e chiedete al Signore di illuminare il vostro cuore e la vostra mente. Questo tempo di Quaresima potrebbe essere un buon momento per una verifica personale. Le parole vogliono aiutarvi a trovare il senso della vocazione al servizio degli altri come soldati e soldati cristiani, come sposi, padri e amici. Le vostre stagioni della vita saranno sempre belle e ricche di esperienze che vi aiuteranno a comprenderle appieno e nella gioia, con un spirito sereno e felice, nonostante le difficoltà.
Un uomo aveva quattro figli.
Egli desiderava che i suoi figli imparassero a non giudicare le cose in fretta, per questo, invitò ognuno di loro a fare un viaggio, per osservare un albero, che era piantato in un luogo lontano.
Il primo figlio andò là in Inverno, il secondo in Primavera, il terzo in Estate, e il quarto, in Autunno.
Quando l'ultimo rientrò, li riunì, e chiese loro di descrivere quello che avevano visto.
Il primo figlio disse che l'albero era brutto, torto e piegato.
Il secondo figlio disse invece che l'albero era ricoperto di gemme verdi e promesse di vita.
Il terzo figlio era in disaccordo; disse che era coperto di fiori, che avevano un profumo tanto dolce,
ed erano tanto belli da fargli dire che fossero la cosa più bella che avesse mai visto.
L'ultimo figlio era in disaccordo con tutti gli altri; disse che l'albero era carico di frutta, vita e promesse.
L'uomo allora spiegò ai suoi figli che tutte le risposte erano esatte poiché ognuno aveva visto solo una stagione della vita dell'albero.
Egli disse che non si può giudicare un albero, o una persona, per una sola stagione, e che la loro essenza, il piacere,
l'allegria e l'amore che vengono da quella vita può essere misurato solo alla fine, quando tutte le stagioni sono complete.
Se rinunci all'inverno perderai la promessa della primavera, la ricchezza dell'estate, la bellezza dell'autunno.
Non lasciare che il dolore di una stagione distrugga la gioia di ciò che verrà dopo.
Non giudicare la tua vita in una stagione difficile.
Persevera attraverso le difficoltà, e sicuramente tempi migliori verranno quando meno te lo aspetti!
Vivi ogni tua stagione con gioia
A voi giovani …
"è possibile vivere senza la filosofia, senza l'amore, senza l'arte, ecc., ma mica tanto bene" Vladimir Jankelevitch, Filosofo
Vivendo con voi, giovani, guardando il vostro lavoro, ascoltando le vostre parole, scorgo una forza differente, nuova, coinvolgente. Sono ammirato alla vostra dedizione, dal vostro impegno senza soluzione di continuità.
Parlo dei miei soldati, dei nostri militari, ma parlo dei giovani che in questi 20 anni di sacerdozio ho incontrato, parlo del potenziale che c’è nella giovane generazione della nostra Patria. Qui in Missione i nostri soldati sono ancora meglio, quello che in Patria imparano e vivono nelle loro Caserme, Basi, Aeroporti, Navi … qui, viene esplicitato in modo eccellente.
Questi nostri giovani con le stellette, sono parte di quel popolo della nostra amata Terra, che desidera crescere con una speranza nuova nel cuore: pace, sicurezza, armonia.
Giovani che hanno un cuore grande, più grande dell’ufficio a cui sono chiamati, giovani che si sono formati alla scuola di vita semplice, dignitosa, onesta, legata ai valori che oggi sembrano dimenticati: impegno, sacrificio, testimonianza, famiglia, attenzione agli altri, lavorare non solo per se, ma per costruire un “posto” migliore in cui vivere, rispettandosi e rispettando, attenti alle regole, al senso comune delle cose, al senso del servizio alla nazione.
Non sono diversi dagli altri nostri giovani Italiani, solo forse determinati a fare delle scelte concrete di impegno, difficili e rischiose. Non una ricerca di successo personale, ma di dedizione a ciò in cui credono. Si, forse l’inizio dell’avventura è determinata, per alcuni, da l’unica soluzione per un lavoro, ma per altri e poi per tutti, la scelta di impegnarsi nella società in un modo particolare, è il risultato. I disagi che incontreranno nella loro vita professionale, saranno superiori alle loro aspettative e guadagni, pertanto nel loro cuore c’è la “vocazione” a questa professione che li eleva e li pone nella società di oggi come esempio di impegno concreto.
I giovani italiani, e non solo quelli con le stellette, hanno queste potenzialità, hanno le possibilità di essere veri, liberi e autentici nella loro vita. La fatica di una vita modesta non diminuisce la possibilità di un lavoro pulito, semplice anche se faticoso. In questi giovani trovo la “passione” di ciò che fanno, anche quando nel cassetto del loro cuore c’erano altri sogni, magari, c’è la consapevolezza del loro impegno per tutti. Adattarsi, nonostante la formazione culturale, sociale ... a essere protagonisti della e nella vita, è il cuore di questa scelta.
Ho visto la loro forza trasformarsi in “Fortezza”, virtù cristiana, imparata in casa dall’esempio dei loro genitori, dei loro educatori, della loro fede. Faccio un discorso, ovviamente generale, ma scorgo in tutti, una fede semplice, autentica, fatta di sacrificio e impegno serio.
La ricerca del successo, del denaro, dell’affermazione personale, rischiano di confondere e di annebbiare la verità che c’è nel cuore e di non riuscire a vivere la vita serenamente, perché in continua ricerca di qualche cosa che non viene, senza gustare quello che si ha.
Vedo in questi giovani il cuore della nostra Patria, attenta a tutti, onesta, impegnata, propositiva nonostante le difficolta. Questi giovani e tutti i giovani italiani hanno queste possibilità di reagire alla massificazione, di saper accontentarsi, di non ridursi in maceria, cadendo continuamente nei limiti. Il giovane per la qualità della sua età può sbagliare, ma può anche ascoltare, ed imitare e ha la forza fisica e mentale per poter reagire e camminare da protagonista nella vita, senza vedere tutto nero, per non impegnarsi.
I valori della famiglia, dell’educazione, della disciplina, del sacrificio, dell’impegno costante, del sentirsi utili agli altri, del costruire qualche cosa a beneficio di tutti, deve essere la vocazione dell’uomo, di ogni uomo, del cristiano e di ogni persona che ha un’ideale, una religione, una società in cui identificarsi.
Vedo negli occhi, di questi giovani, sensibilità, amore, pazienza, impegno, determinazione, voglia di fare … Parlo di questi nostri giovani con le stellette, ma so che ogni giovane in ogni situazione, estrazione, ambiente: religioso, scolastico, lavorativo, famigliare, ha queste possibilità perché sono nel suo cuore, manca forse in alcuni la forza di reagire, ma la fortezza imparata in casa emerge sempre.
I giovani hanno il fuoco nelle vene e trasformano ogni cosa in una grande avventura, a questi giovani dico: non far diventare la tua vita un’avventura vuota, non chiuderti al nuovo, ma non dimenticare il vecchio, non limitarti nella ricerca e nelle domande e non ripudiare il passato e la fede, le risposte che non ti piacciono e l’impegno di chi ti ha preceduto, non devono essere dimenticate. Non “combattere guerre ideologiche e sociali” per il gusto del nuovo, ma sappi avere memoria storica e cercare le cose che sono autentiche e che hai imparato nella tua casa.
Il giovane corre veloce e talvolta correndo non si accorge della bellezza che gli sta attorno, ti invito a correre ma sapendoti guardare attorno, sapendoti stupire delle piccole cose, dell’amore che hai nel cuore e che vuoi far esplodere, della forza che hai nella vita e che desideri bruciare con impegno, del coraggio che hai nella tua persona e che vuoi dirlo al mondo, della tua intelligenza che vuoi esplicitare, delle tue capacità di analisi, di pensiero, di dialogo … sei una forza naturale, usala per migliorarti e migliorare.
Vivi l’amore con passione, vivi la forza con intelligenza, vivi i tuoi sogni lavorando con impegno.
C’è ancora una gioventù che ascolta la voce della Chiesa, che ascolta la voce delle leggi, che ascolta l’insegnamento della sua famiglia, della scuola, c’è ancora una gioventù che ha voglia di crescere bella, allegra, serena, impegnata, c’è ancora una gioventù che riconosce in Gesù il suo modello, c’è ancora una gioventù che non critica per il gusto di farlo, che non vede tutto male, ma che s’impegna senza dimenticare e giudicare.
Questi giovani sono la base per riprendere il cammino nella vita, noi più grandi il compito di stargli accanto indicando un cammino, ma lasciandoli correre, a noi il compito dell’esempio senza limitare la loro fantasia. Così viviamo questo tempo di Quaresima occasione per tutti di verifica e di impegno, cercando l’umiltà dei modi e sobrietà della vita per recuperare la grandezza di essa.
"è possibile vivere senza la filosofia, senza l'amore, senza l'arte, ecc., ma mica tanto bene" Vladimir Jankelevitch, Filosofo
Vivendo con voi, giovani, guardando il vostro lavoro, ascoltando le vostre parole, scorgo una forza differente, nuova, coinvolgente. Sono ammirato alla vostra dedizione, dal vostro impegno senza soluzione di continuità.
Parlo dei miei soldati, dei nostri militari, ma parlo dei giovani che in questi 20 anni di sacerdozio ho incontrato, parlo del potenziale che c’è nella giovane generazione della nostra Patria. Qui in Missione i nostri soldati sono ancora meglio, quello che in Patria imparano e vivono nelle loro Caserme, Basi, Aeroporti, Navi … qui, viene esplicitato in modo eccellente.
Questi nostri giovani con le stellette, sono parte di quel popolo della nostra amata Terra, che desidera crescere con una speranza nuova nel cuore: pace, sicurezza, armonia.
Giovani che hanno un cuore grande, più grande dell’ufficio a cui sono chiamati, giovani che si sono formati alla scuola di vita semplice, dignitosa, onesta, legata ai valori che oggi sembrano dimenticati: impegno, sacrificio, testimonianza, famiglia, attenzione agli altri, lavorare non solo per se, ma per costruire un “posto” migliore in cui vivere, rispettandosi e rispettando, attenti alle regole, al senso comune delle cose, al senso del servizio alla nazione.
Non sono diversi dagli altri nostri giovani Italiani, solo forse determinati a fare delle scelte concrete di impegno, difficili e rischiose. Non una ricerca di successo personale, ma di dedizione a ciò in cui credono. Si, forse l’inizio dell’avventura è determinata, per alcuni, da l’unica soluzione per un lavoro, ma per altri e poi per tutti, la scelta di impegnarsi nella società in un modo particolare, è il risultato. I disagi che incontreranno nella loro vita professionale, saranno superiori alle loro aspettative e guadagni, pertanto nel loro cuore c’è la “vocazione” a questa professione che li eleva e li pone nella società di oggi come esempio di impegno concreto.
I giovani italiani, e non solo quelli con le stellette, hanno queste potenzialità, hanno le possibilità di essere veri, liberi e autentici nella loro vita. La fatica di una vita modesta non diminuisce la possibilità di un lavoro pulito, semplice anche se faticoso. In questi giovani trovo la “passione” di ciò che fanno, anche quando nel cassetto del loro cuore c’erano altri sogni, magari, c’è la consapevolezza del loro impegno per tutti. Adattarsi, nonostante la formazione culturale, sociale ... a essere protagonisti della e nella vita, è il cuore di questa scelta.
Ho visto la loro forza trasformarsi in “Fortezza”, virtù cristiana, imparata in casa dall’esempio dei loro genitori, dei loro educatori, della loro fede. Faccio un discorso, ovviamente generale, ma scorgo in tutti, una fede semplice, autentica, fatta di sacrificio e impegno serio.
La ricerca del successo, del denaro, dell’affermazione personale, rischiano di confondere e di annebbiare la verità che c’è nel cuore e di non riuscire a vivere la vita serenamente, perché in continua ricerca di qualche cosa che non viene, senza gustare quello che si ha.
Vedo in questi giovani il cuore della nostra Patria, attenta a tutti, onesta, impegnata, propositiva nonostante le difficolta. Questi giovani e tutti i giovani italiani hanno queste possibilità di reagire alla massificazione, di saper accontentarsi, di non ridursi in maceria, cadendo continuamente nei limiti. Il giovane per la qualità della sua età può sbagliare, ma può anche ascoltare, ed imitare e ha la forza fisica e mentale per poter reagire e camminare da protagonista nella vita, senza vedere tutto nero, per non impegnarsi.
I valori della famiglia, dell’educazione, della disciplina, del sacrificio, dell’impegno costante, del sentirsi utili agli altri, del costruire qualche cosa a beneficio di tutti, deve essere la vocazione dell’uomo, di ogni uomo, del cristiano e di ogni persona che ha un’ideale, una religione, una società in cui identificarsi.
Vedo negli occhi, di questi giovani, sensibilità, amore, pazienza, impegno, determinazione, voglia di fare … Parlo di questi nostri giovani con le stellette, ma so che ogni giovane in ogni situazione, estrazione, ambiente: religioso, scolastico, lavorativo, famigliare, ha queste possibilità perché sono nel suo cuore, manca forse in alcuni la forza di reagire, ma la fortezza imparata in casa emerge sempre.
I giovani hanno il fuoco nelle vene e trasformano ogni cosa in una grande avventura, a questi giovani dico: non far diventare la tua vita un’avventura vuota, non chiuderti al nuovo, ma non dimenticare il vecchio, non limitarti nella ricerca e nelle domande e non ripudiare il passato e la fede, le risposte che non ti piacciono e l’impegno di chi ti ha preceduto, non devono essere dimenticate. Non “combattere guerre ideologiche e sociali” per il gusto del nuovo, ma sappi avere memoria storica e cercare le cose che sono autentiche e che hai imparato nella tua casa.
Il giovane corre veloce e talvolta correndo non si accorge della bellezza che gli sta attorno, ti invito a correre ma sapendoti guardare attorno, sapendoti stupire delle piccole cose, dell’amore che hai nel cuore e che vuoi far esplodere, della forza che hai nella vita e che desideri bruciare con impegno, del coraggio che hai nella tua persona e che vuoi dirlo al mondo, della tua intelligenza che vuoi esplicitare, delle tue capacità di analisi, di pensiero, di dialogo … sei una forza naturale, usala per migliorarti e migliorare.
Vivi l’amore con passione, vivi la forza con intelligenza, vivi i tuoi sogni lavorando con impegno.
C’è ancora una gioventù che ascolta la voce della Chiesa, che ascolta la voce delle leggi, che ascolta l’insegnamento della sua famiglia, della scuola, c’è ancora una gioventù che ha voglia di crescere bella, allegra, serena, impegnata, c’è ancora una gioventù che riconosce in Gesù il suo modello, c’è ancora una gioventù che non critica per il gusto di farlo, che non vede tutto male, ma che s’impegna senza dimenticare e giudicare.
Questi giovani sono la base per riprendere il cammino nella vita, noi più grandi il compito di stargli accanto indicando un cammino, ma lasciandoli correre, a noi il compito dell’esempio senza limitare la loro fantasia. Così viviamo questo tempo di Quaresima occasione per tutti di verifica e di impegno, cercando l’umiltà dei modi e sobrietà della vita per recuperare la grandezza di essa.
INDIZIONE della 1° Visita Pastorale VIRTUALE
al tuo cuore alla tua vita
Spiegazione Iniziativa
In occasione dell’anno della Fede indetto dal Santo Padre, Benedetto XVI, vorrei rivolgere alla mia comunità in Patria e alla mia “comunità virtuale” che mi segue sui miei canali, quanto sto per dirvi.
Sorrido mentre vi scrivo, ma come sacerdote ho l’obbligo di offrirvi la possibilità di conoscere, capire e amare il Signore. Chi lo desidera già lo fa, ma nella Chiesa e tramite essa, viviamo la nostra fede e per chi è lontano, per diversi motivi, ha il diritto di avere una parola e l’impegno a recuperare o a iniziare un cammino.
Nella vita della Chiesa ci sono vari modi di evangelizzare e di farsi presente ai cristiani: la Parrocchia, le Associazioni, i Gruppi, le Diocesi … e all’interno di queste ci sono conferenze, viste, incontri, catechesi, missioni … Ora, senza pretese mentali, voglio offrirvi una “vista” al vostro cuore, alla vostra vita e ve la propongo attraverso i canali informatici, suggerendovi comunque, di incontrare il vostro sacerdote: il vostro Cappellano Militare, il vostro Parroco territoriale o un Sacerdote/Religioso amico, per verificare, chiedere, capire e amare. L’incontro personale è insostituibile, ma come provocazione credo che possa essere un’occasione anche questa.
Pertanto questa Iniziativa la chiamo: “La visita Pastorale Virtuale, al tuo cuore e alla tua vita”. Come tuo “parroco/cappellano”, ti chiamo e ti chiedo se posso venire a trovarti, se posso parlarti di Gesù, del suo amore per te, se vuoi parlami, chiedermi qualche cosa, avvicinarti ai Sacramenti, sapere come sei organizzato nella vita spirituale, sapere della tua preghiera, quali difficoltà nella vita ordinaria, di lavoro, di famiglia, di rapporti e come stai camminando, sapere della tua vita, della tua famiglia, di te stesso, dei tuoi sogni e del tuo impegno.
Contatto
La verifica sarà tua personale, io ti lancio qualche provocazione, ma se vuoi, potrai scrivermi, per chiedere delucidazioni, consigli o quello che ritieni.
E-mail don Marco: [email protected]
INIZIO:
Inizieremo solennemente - vicini e lontani, amici conosciuti e virtuali - questa “Visita pastorale virtuale al tuo cuore a alla tua vita” il giorno 22 febbraio Mercoledì delle Ceneri con la Solenne Celebrazione Eucaristica con il Rito dell’Imposizione delle Ceneri.
Virtualmente uniti: vai nella tua Parrocchia, dal tuo Cappellano e partecipa a questo momento comunitario di preghiera.
TERMINE:
La notte di Pasqua nella Solenne Celebrazione della Veglia
Anche in quell’occasione saremo uniti spiritualmente e sarà il momento per riprendere il cammino seriamente della nostra vita.
IL MIO ARRIVO:
Riflessione entrando nel tuo cuore: L’arte di amare tra la gente
Carissimi,
oggi busso al tuo cuore come umile servo del Signore e mi siedo alla tua tavola a parlare con te.
Vorrei intitolare questa visita virtuale con queste parole: “amore tra la gente”, perché ritengo che ogni cosa abbia in questo sentimento l’inizio.
La parola chiave di tutta la fede cristiana e del Vangelo è: AMORE. Da qui scaturisce tutto, dalla creazione, alla storia della salvezza, alla venuta di Gesù, alla vita eterna.
Questa parola e da questo modo di vivere, dipenderà la storia universale e personale di ogni uomo.
Da questo atteggiamento primario parte tutta l’avventura cristiana. Solo con questo stile, del e nel cuore, potremo realizzare la nostra vita secondo il disegno di Dio e così essere veri nella nostra esistenza.
La vita dell’uomo è caratterizzata da questo sentimento, qualsiasi vita e qualsiasi occupazione, parola o gesto se manca questo, nascono tutti i limiti. Senza amore, non vivi nella e per la famiglia, senza passione non c’è lavoro che piaccia, senza amore non c’è servizio a te e agli altri, senza amore non c’è autentica amicizia.
Amare anche quando non sei amato, amare è una necessità primaria come il mangiare, amare ed essere amati sono il riassunto di tutto il messaggio cristiano. Quando manca, possiamo assistere al dilagare dell’oddio, della disonestà, della cattiveria. L’umanità ha desiderio di pace, di tranquillità, di vita serena e dignitosa, di bello, di elegante, di allegro, di rispettoso, ma il male, il peccato deturpano questa speranza se non siamo attenti a difenderla.
Sii, allora, persona che sa amare se stesa e gli altri, in casa, nel lavoro, nel servizio, rispetta le regole, lavora per te e per gli altri, organizza, inventa per tutti occasioni nuove di felicità. L’amore non è egoista, non ha sotterfugi, non ha parole ambigue, atteggiamenti disonesti, l’amore serve la verità, ama come una madre. Se ami, sei attento a tutti: nella guida, nel lavoro, nel commercio, nel gioco, nella polita, nella chiesa, in casa, nello studio, nei soldi … l’amore è convivenza corretta su questo pianeta, è inventiva per star meglio tutti, l’amore è rispetto dell’ambiente, di te stesso, degli altri, l’amore è condivisione e impegno. “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’Amore, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna” (1 Corinzi, 13, 1-13)
Amore è correzione fraterna, è impegno e rispetto dei ruoli, è non aver gelosia gli uni degli altri, è parlare bene degli altri, è vedere il buono che c’è intorno e dentro di noi, è arginare il male, amore è cercare il male ed eliminarlo. Ora le parole di Sant’Agostino riassumano per me il senso di questo pensiero, Buon lavoro al tuo cuore. Ora fermati e pensa alla tua vita.
Ama e fai quel che vuoi
Se taci, taci per amore.
Se parli, parla per amore.
Se correggi, correggi per amore.
Se perdoni, perdona per amore.
Metti in fondo al cuore
La radice dell’amore.
Da questa radice
Non può che maturare il bene.
Sant'Agostino
IL TUO MOMENTO:
CHI SONO: Verifica personale
Da queste semplicissime premesse ti invito ad una verifica personale per iniziare la visita pastorale virtuale con il tuo cuore e riaccendere, là dove necessitasse, la lampada che illumina e rende autentica la tua vita e le tue scelte.
Ora così voglio fare visita a te, rivolgendoti queste semplici domande per stuzzicare la tua riflessione e la tua verifica e ripianificare, se ce ne fosse bisogno, il tuo cammino di uomo e di cristiano.
Chi sei: la tua storia, le tue origini, da dove vieni …
Cosa sei tu: verifica la tua fede, il tuo carattere e i tuoi atteggiamenti, quali le tue passioni, letture, i tuoi pregi e i tuoi difetti …
Cosa vuoi: i tuoi sogni, i tuoi progetti, le tue perplessità, angosce…
Come vivi: la tua vita, i tuoi rapporti, la tua fede, la tua preghiera, i tuoi progetti, il rapporto con le altre persone, il rispetto …
CASA FARE: Cammino e impegno
Ora, prendi un quaderno/diario, dove segnare questi tuoi pensieri e prendi la Bibbia e inizia a leggere dagli Atti degli Apostoli, le lettere e poi i Vangeli, insieme qualche vita di santo: es. Beata Madre Teresa di Calcutta, San Francesco, i Fioretti, I racconti di un Pellegrino Russo, i Documenti del Concilio Vaticano II … poi pian piano leggi altri testi come le opere di Sant’Agostino, per esempio il Discorso: La prima catechesi Cristiana, gli Scritti del Nostro Ordinario Militare. Ora Inizia a leggere il Messaggio per la Quaresima 2012 del Santo Padre Benedetto XVI
Ora, creati qualche momento di tranquillità nella tua vita, per pregare e mentre sei davanti al Signore leggi e pensa e quando torni a casa scrivi sul tuo diario, così come ti ho consigliato.
Anche in casa, (mettiti davanti a una icona di Gesù, Maria o di qualche Santo, le immagini aiutano a raccogliere il cuore) ma se riesci vai nella tua Chiesa parrocchiale, nella Cappella della tua Caserma e fermati solo con Dio.
La conoscenza nella vita è importante, su quel diario scrivi le cose che non vanno e le situazioni complicate della tua vita e inizia a mettere rimedio, e spunta quando sei riuscito a risolvere, non trascurare nulla. In questo tempo fatti un orario di impegni personali, organizzati un poco anche se non sarà facile rispettarlo, ma fai una scala di priorità
COSA RIMANE: Ricordo permanete della visita, quattro elementi
Un’ icona, un libro, un impegno, un servizio
Cerca una foto che ti piaccia che ti ispiri sentimenti di amore e tienila davanti a te ti ricorderà questo momento
Cerca un libro che ti appassioni e ti aiuti a vivere in questa luce
Impegnati seriamente la sulla cosa più difficile, sul limite più grande che hai riscontrato e su questo scommetti di riuscire a cambiare
Cerca un servizio da svolgere a favore della comunità: aiuto in Parrocchia, dal tuo cappellano, una famiglia vicina bisognosa ecc..
BUON CAMMINO
al tuo cuore alla tua vita
Spiegazione Iniziativa
In occasione dell’anno della Fede indetto dal Santo Padre, Benedetto XVI, vorrei rivolgere alla mia comunità in Patria e alla mia “comunità virtuale” che mi segue sui miei canali, quanto sto per dirvi.
Sorrido mentre vi scrivo, ma come sacerdote ho l’obbligo di offrirvi la possibilità di conoscere, capire e amare il Signore. Chi lo desidera già lo fa, ma nella Chiesa e tramite essa, viviamo la nostra fede e per chi è lontano, per diversi motivi, ha il diritto di avere una parola e l’impegno a recuperare o a iniziare un cammino.
Nella vita della Chiesa ci sono vari modi di evangelizzare e di farsi presente ai cristiani: la Parrocchia, le Associazioni, i Gruppi, le Diocesi … e all’interno di queste ci sono conferenze, viste, incontri, catechesi, missioni … Ora, senza pretese mentali, voglio offrirvi una “vista” al vostro cuore, alla vostra vita e ve la propongo attraverso i canali informatici, suggerendovi comunque, di incontrare il vostro sacerdote: il vostro Cappellano Militare, il vostro Parroco territoriale o un Sacerdote/Religioso amico, per verificare, chiedere, capire e amare. L’incontro personale è insostituibile, ma come provocazione credo che possa essere un’occasione anche questa.
Pertanto questa Iniziativa la chiamo: “La visita Pastorale Virtuale, al tuo cuore e alla tua vita”. Come tuo “parroco/cappellano”, ti chiamo e ti chiedo se posso venire a trovarti, se posso parlarti di Gesù, del suo amore per te, se vuoi parlami, chiedermi qualche cosa, avvicinarti ai Sacramenti, sapere come sei organizzato nella vita spirituale, sapere della tua preghiera, quali difficoltà nella vita ordinaria, di lavoro, di famiglia, di rapporti e come stai camminando, sapere della tua vita, della tua famiglia, di te stesso, dei tuoi sogni e del tuo impegno.
Contatto
La verifica sarà tua personale, io ti lancio qualche provocazione, ma se vuoi, potrai scrivermi, per chiedere delucidazioni, consigli o quello che ritieni.
E-mail don Marco: [email protected]
INIZIO:
Inizieremo solennemente - vicini e lontani, amici conosciuti e virtuali - questa “Visita pastorale virtuale al tuo cuore a alla tua vita” il giorno 22 febbraio Mercoledì delle Ceneri con la Solenne Celebrazione Eucaristica con il Rito dell’Imposizione delle Ceneri.
Virtualmente uniti: vai nella tua Parrocchia, dal tuo Cappellano e partecipa a questo momento comunitario di preghiera.
TERMINE:
La notte di Pasqua nella Solenne Celebrazione della Veglia
Anche in quell’occasione saremo uniti spiritualmente e sarà il momento per riprendere il cammino seriamente della nostra vita.
IL MIO ARRIVO:
Riflessione entrando nel tuo cuore: L’arte di amare tra la gente
Carissimi,
oggi busso al tuo cuore come umile servo del Signore e mi siedo alla tua tavola a parlare con te.
Vorrei intitolare questa visita virtuale con queste parole: “amore tra la gente”, perché ritengo che ogni cosa abbia in questo sentimento l’inizio.
La parola chiave di tutta la fede cristiana e del Vangelo è: AMORE. Da qui scaturisce tutto, dalla creazione, alla storia della salvezza, alla venuta di Gesù, alla vita eterna.
Questa parola e da questo modo di vivere, dipenderà la storia universale e personale di ogni uomo.
Da questo atteggiamento primario parte tutta l’avventura cristiana. Solo con questo stile, del e nel cuore, potremo realizzare la nostra vita secondo il disegno di Dio e così essere veri nella nostra esistenza.
La vita dell’uomo è caratterizzata da questo sentimento, qualsiasi vita e qualsiasi occupazione, parola o gesto se manca questo, nascono tutti i limiti. Senza amore, non vivi nella e per la famiglia, senza passione non c’è lavoro che piaccia, senza amore non c’è servizio a te e agli altri, senza amore non c’è autentica amicizia.
Amare anche quando non sei amato, amare è una necessità primaria come il mangiare, amare ed essere amati sono il riassunto di tutto il messaggio cristiano. Quando manca, possiamo assistere al dilagare dell’oddio, della disonestà, della cattiveria. L’umanità ha desiderio di pace, di tranquillità, di vita serena e dignitosa, di bello, di elegante, di allegro, di rispettoso, ma il male, il peccato deturpano questa speranza se non siamo attenti a difenderla.
Sii, allora, persona che sa amare se stesa e gli altri, in casa, nel lavoro, nel servizio, rispetta le regole, lavora per te e per gli altri, organizza, inventa per tutti occasioni nuove di felicità. L’amore non è egoista, non ha sotterfugi, non ha parole ambigue, atteggiamenti disonesti, l’amore serve la verità, ama come una madre. Se ami, sei attento a tutti: nella guida, nel lavoro, nel commercio, nel gioco, nella polita, nella chiesa, in casa, nello studio, nei soldi … l’amore è convivenza corretta su questo pianeta, è inventiva per star meglio tutti, l’amore è rispetto dell’ambiente, di te stesso, degli altri, l’amore è condivisione e impegno. “Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi l’Amore, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna” (1 Corinzi, 13, 1-13)
Amore è correzione fraterna, è impegno e rispetto dei ruoli, è non aver gelosia gli uni degli altri, è parlare bene degli altri, è vedere il buono che c’è intorno e dentro di noi, è arginare il male, amore è cercare il male ed eliminarlo. Ora le parole di Sant’Agostino riassumano per me il senso di questo pensiero, Buon lavoro al tuo cuore. Ora fermati e pensa alla tua vita.
Ama e fai quel che vuoi
Se taci, taci per amore.
Se parli, parla per amore.
Se correggi, correggi per amore.
Se perdoni, perdona per amore.
Metti in fondo al cuore
La radice dell’amore.
Da questa radice
Non può che maturare il bene.
Sant'Agostino
IL TUO MOMENTO:
CHI SONO: Verifica personale
Da queste semplicissime premesse ti invito ad una verifica personale per iniziare la visita pastorale virtuale con il tuo cuore e riaccendere, là dove necessitasse, la lampada che illumina e rende autentica la tua vita e le tue scelte.
Ora così voglio fare visita a te, rivolgendoti queste semplici domande per stuzzicare la tua riflessione e la tua verifica e ripianificare, se ce ne fosse bisogno, il tuo cammino di uomo e di cristiano.
Chi sei: la tua storia, le tue origini, da dove vieni …
Cosa sei tu: verifica la tua fede, il tuo carattere e i tuoi atteggiamenti, quali le tue passioni, letture, i tuoi pregi e i tuoi difetti …
Cosa vuoi: i tuoi sogni, i tuoi progetti, le tue perplessità, angosce…
Come vivi: la tua vita, i tuoi rapporti, la tua fede, la tua preghiera, i tuoi progetti, il rapporto con le altre persone, il rispetto …
CASA FARE: Cammino e impegno
Ora, prendi un quaderno/diario, dove segnare questi tuoi pensieri e prendi la Bibbia e inizia a leggere dagli Atti degli Apostoli, le lettere e poi i Vangeli, insieme qualche vita di santo: es. Beata Madre Teresa di Calcutta, San Francesco, i Fioretti, I racconti di un Pellegrino Russo, i Documenti del Concilio Vaticano II … poi pian piano leggi altri testi come le opere di Sant’Agostino, per esempio il Discorso: La prima catechesi Cristiana, gli Scritti del Nostro Ordinario Militare. Ora Inizia a leggere il Messaggio per la Quaresima 2012 del Santo Padre Benedetto XVI
Ora, creati qualche momento di tranquillità nella tua vita, per pregare e mentre sei davanti al Signore leggi e pensa e quando torni a casa scrivi sul tuo diario, così come ti ho consigliato.
Anche in casa, (mettiti davanti a una icona di Gesù, Maria o di qualche Santo, le immagini aiutano a raccogliere il cuore) ma se riesci vai nella tua Chiesa parrocchiale, nella Cappella della tua Caserma e fermati solo con Dio.
La conoscenza nella vita è importante, su quel diario scrivi le cose che non vanno e le situazioni complicate della tua vita e inizia a mettere rimedio, e spunta quando sei riuscito a risolvere, non trascurare nulla. In questo tempo fatti un orario di impegni personali, organizzati un poco anche se non sarà facile rispettarlo, ma fai una scala di priorità
COSA RIMANE: Ricordo permanete della visita, quattro elementi
Un’ icona, un libro, un impegno, un servizio
Cerca una foto che ti piaccia che ti ispiri sentimenti di amore e tienila davanti a te ti ricorderà questo momento
Cerca un libro che ti appassioni e ti aiuti a vivere in questa luce
Impegnati seriamente la sulla cosa più difficile, sul limite più grande che hai riscontrato e su questo scommetti di riuscire a cambiare
Cerca un servizio da svolgere a favore della comunità: aiuto in Parrocchia, dal tuo cappellano, una famiglia vicina bisognosa ecc..
BUON CAMMINO
ESSERE SACERDOTE: il mio servizio nella Chiesa e per la Chiesa di Cristo
Le famiglie, “comunità di vita e di amore”, luogo per riscoprire la bellezza del sacerdozio e della vita consacrata. Lo sottolinea Benedetto XVI nel Messaggio per la prossima Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che sarà celebrata il 29 aprile..
“Le vocazioni dono della Carità di Dio”: tema della Giornata, occasione per riflettere sulla “verità profonda della nostra esistenza”, racchiusa - sottolinea Benedetto XVI nel suo Messaggio - in un “sorprendente mistero”, laddove ogni creatura, in particolare ogni persona umana, è frutto di un pensiero e di un atto di amore di Dio, amore immenso, fedele, eterno”. “La scoperta di questa realtà è ciò che cambia veramente la nostra vita nel profondo”, ci ricorda il Papa. “Si tratta di un amore senza riserve che ci precede, ci sostiene e ci chiama lungo il cammino della vita e ha la sua radice nell’assoluta gratuità di Dio”. “Ogni specifica vocazione nasce, infatti, - spiega ancora il Santo Padre - dall’iniziativa di Dio”. “ÈLui a compiere il ‘primo passo’ e non a motivo di una particolare bontà riscontrata in noi, bensì in virtù della presenza del suo stesso amore ‘riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo’. “La misura alta della vita cristiana” consiste allora “nell’amare ‘come’ Dio”. E’ “nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore, nascono e crescono tutte le vocazioni”. “Parola, preghiera ed Eucarestia sono il tesoro prezioso per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno” di Dio. Sollecita quindi Benedetto XVI le Chiese locali a farsi luogo di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale”, offrendo ai giovani “un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale”, e così anche nelle famiglie “comunità di vita e di amore” i giovani possano riscoprire “la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata”. “In questo modo la comunità cristiana – conclude Benedetto XVI - diventa essa stessa manifestazione della carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata”. (cfr. Sito News.Va. nel servizio di Roberta Gisotti)
Prendo spunto dalle parole del Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata mondiale delle vocazioni per fare una riflessione sul mio essere sacerdote.
La mia vocazione è nata nella mia famiglia. Una semplice famiglia di una piccola città di provincia del nord Italia. Una famiglia di operaio e casalinga attaccati ai semplici valori della vita: casa, famiglia, lavoro, parrocchia vissuti in un clima sereno di vita onesta ed educata. In casa, buona educazione, formazione culturale, oratorio, preghiera condivise con la famiglia in un clima di profonda serenità di rapporti. Anche nella mia famiglia difficoltà e momenti pesanti ci sono stati e ci saranno, ma sempre superati con spirito di sacrificio dai miei genitori e dall’impegno mio e di io fratello a capire e a collaborare. Sono partito da casa in giovane età sono entrato in seminario nella mia Diocesi e li è iniziato il cammino di formazione. Ora sacerdote da 20 anni, ormai, ricordo quei momenti come un grade evento della mia vita.
Queste semplici cose hanno creato il mio cuore di sacerdote. Gli insegnamenti rigidi ma amorevoli di casa e del seminario hanno formato il cuore e lo spirito dell’ uomo e del sacerdote.
Dopo i primi anni trascorsi nella mia Diocesi di origine, sono partito Cappellano Militare e qui è iniziata l’avventura più bella del mio servizio alla Chiesa e per la Chiesa. Si apriva a me un mondo non famigliare e per il quale il seminario non mi aveva preparato, ma del resto la formazione da le liee generali, la famiglia le basi e la vita il resto. Così mi sono tuffato nel campo che il Signore, attraverso i miei superiori, mi aveva preparato e con slancio, dedizione, voglia di capire e di annunciare il Vangelo, ho iniziato questo servizio in questa porzione di Chiesa.
Cresciuto nell’Oratorio Salesiano dove la mia vocazione ha preso sempre più corpo, l’idea del sacerdote era don Bosco: con i giovani e per i giovane, così senza saperlo mi sono ritrovato nel “cortile”, luogo ideale per la formazione dei giovani come diceva don Bosco, questo cortile si chiama “piazza d’Armi” e con questi giovani ho condiviso e condivido, questo, quasi ,ventennio del mio sacerdozio.
Caratterialmente sono sempre stato irrequieto, vivace e un po’ contro corrente e quindi con difficoltà ho vissuto le regole e ironia della sorte, servo una comunità che vive con delle regole ferree, quindi Chiesa e Istituzione militare due regole molti simili che hanno inquadrato il mio lavoro, la mia vita, ma non la mia mente ad amare e cercare strade nuovo di evangelizzazione sempre in seno alle indicazioni della Chiesa.
Cosa ho imparato? Tutto quello che avevo studiato, vissuto, imparato in casa a scuola, ora dovevo trasferirlo nella vita e vi assicuro che non è stato e non è facile, ma credo che sia indispensabile mettersi in ascolto e saper accettare la volontà di Dio così come viene, con l’umiltà di sapersi dei servi nelle mani del Signore.
Oggi assistiamo a insofferenza alle regole, alla disciplina, a uno stile di vita organizzato solo pronti a rivendicare i propri diritti e la propria libertà senza accorgerci che dimentichiamo di avere dei doveri e che imponiamo la nostra idea con la nostra presunta libertà vincolando, così, quella degli altri.
A distanza di anni diventando grande nell’età capisco che quegli insegnamenti rigidi ora sono la spina dorsale della mia vita; fedeltà alle piccole cose, ai miei doveri, alle leggi. Senza una disciplina interna ed esterna la vita diventa un continuo susseguirsi di eventi senza senso se non si riempiono di contenuti e di valori.
La dimensione della preghiera, imparata nella semplicità della mia famiglia, e coltivata con passione in Seminario è sempre stata il punto fermo delle mie giornate. Senza la preghiera mi sono accorto che la vita rischiava di andare a rotoli, senza uno spirito di sacrifico, di accettazione, di fiducia nell’Istituzione tutto crolla. L’Eucaristia e la preghiera personale sono il centro della mia vita e del mio servizio, prima di ogni altra cosa.
Si può avere una coscienza, anzi bisogna avere una coscienza critica, ma non ci si può sostituire ai superiori e questo l’ho riscontrato anche in Forza Armata, una comunità ordinata e perfetta nei valori e nello svolgimento delle sue mansioni molto simile alla chiesa: ordinata e se metto in discussione l’ubbidienza, il credere in quello che si fa, l’anima della vita, allora tutto crolla e diventa critico e non servi ne a te ne alla società.
Ovvio che a 20 anni si pensa di rivoluzionare il mondo, la società, la chiesa, le forze armate ecc., poi con il tempo ti accorgi che se non c’è obbedienza e spirito di sacrificio puoi essere al vertice, avere soldi, fare una carriera brillante, ma il cuore è vuoto. Se non sei pieno di amore, se non hai una bella famiglia alle spalle, difficilmente riuscirai ad essere educante nella vita sia per te che per gli altri, riuscirai ad essere positivo e ad annunciare l’amore del Signore o svolgere il tuo servizio con sincerità.
La mia gente ha continuato la mia educazione, come uomo e come sacerdote. Saper ascoltare, condividere il loro cammino, le loro scelte, le loro croci e le loro gioie mi hanno presentato ogni giorno l’amore di Dio. Dalla mia gente ho imparato a vivere ed essere sacerdote, dalle mie famiglie, dai miei soldati, anche i più giovani, che dalle loro parole ho scoperto una ricchezza e una serietà uniche che mi hanno sempre messo in discussione per fare sempre meglio. In questo non è mancata ovviamente la severità delle mie parole e dei miei gesti, la dove mi accorgevo che la pazienza e la spiegazione di alcuni cammini e ideali non venivano compresi. Se credo nel bene di una iniziativa, di un’azione la spiego e poi non mi adeguo alla massa ma la perseguo certo che è bene per la mia comunità. L’autorità va ascoltata, ma va anche imposta la dove la ragione è privata e non comunitaria e fine al servizio della collettività.
Non so se ci sono riuscito, ma so che il Signore attraverso di loro dice a me il Suo amore e che ha scommesso e continua a scommettere su di me indipendentemente dalle risposte che riesco a dare. La ricchezza che questi giovani portano con se, ricchezza coltiva nelle loro case, nobilita ogni giorno il mio povero cuore e il mio servizio.
Ho imparato a fare, più che a giudicare, a spendermi con dedizione, più che a chiedere. La fedeltà alla preghiera, la nobiltà dei gesti nella liturgia e nella vita, hanno creato il mio cuore cercando ogni giorno di somigliare sempre più al cuore di Cristo, sia nelle mie azioni private che in quelle pubbliche. Amare non vuol dire educare, vuol dire fissare un punto e raggiungerlo con impegno. Amare non vuol dire essere amato necessariamente da tutti, ma amare tutti.
Vivo il mio Sacerdozio imparando dall’amore fedele dei miei genitori, dall’esempio dei miei giovani, dalla attenzione della Chiesa per tutti, dai valori di questa Istituzione che servo nel suo popolo.
Ho imparato ad apprezzare il poco o tanto che ho in questo momento senza chiedere nulla di più, accettare le indicazioni e cercare di ubbidire alle scelte che altri fanno per me della mia vita, con serenità: nulla chiedere e nulla rifiutare. Non è facile, ma sono convinto di questo atteggiamento.
Non ho fatto grandi cose, non ho fondato o costruito, scritto ho fatto carriera nel senso umano del termine, ma ho vissuto in pienezza questi anni sentendomi usato da Dio e lasciandomi usare da Lui sapendo che senza di Lui neppure quel poco sarei riuscito a fare. Non sono intelligente, ne grande organizzatore, vivo ogni giorno cercando di scoprire cosa il Signore vuole per me, annunciando il suo amore con la mia semplice, banale e povera presenza. Non ho proclami da fare, ne idee nuove da proporre, ne consigli da dare se non quello di una continua verifica della mia vita sapendo e conoscendo i miei grandi limiti e sperando di non mettere in difficoltà nessuno con la mia vita forse un po’ informale, ma attaccata alle cose semplici imparate da sempre e cercando di portare a Dio amici nuovi facendo scoprire la bellezza di essergli amico con e nella Chiesa, cercando di rispettarli con la fedeltà al mio lavoro e invitando alla serietà e fedeltà alle proprie scelte vocazionali.
Rimango un carattere forte e irrequieto, conto sino a 10 prima di parlare, ma non basta, pertanto confido nella misericordia del Signore e nella pazienza dei miei superiori e della mia gente, cercando di parlare e di vivere nell’amore e nella semplicità delle cose con eleganza, dignità, rispetto e facendo di ogni giorno un giorno unico e straordinario, sapendomi stupire delle piccole cose quotidiane.
Preghiera, famiglia, chiesa, servizio in questo spirito, sono le quattro parole che mi aiutano a vivere l’amore a Dio attraverso il dono del sacerdozio.
“Le vocazioni dono della Carità di Dio”: tema della Giornata, occasione per riflettere sulla “verità profonda della nostra esistenza”, racchiusa - sottolinea Benedetto XVI nel suo Messaggio - in un “sorprendente mistero”, laddove ogni creatura, in particolare ogni persona umana, è frutto di un pensiero e di un atto di amore di Dio, amore immenso, fedele, eterno”. “La scoperta di questa realtà è ciò che cambia veramente la nostra vita nel profondo”, ci ricorda il Papa. “Si tratta di un amore senza riserve che ci precede, ci sostiene e ci chiama lungo il cammino della vita e ha la sua radice nell’assoluta gratuità di Dio”. “Ogni specifica vocazione nasce, infatti, - spiega ancora il Santo Padre - dall’iniziativa di Dio”. “ÈLui a compiere il ‘primo passo’ e non a motivo di una particolare bontà riscontrata in noi, bensì in virtù della presenza del suo stesso amore ‘riversato nei nostri cuori per mezzo dello Spirito Santo’. “La misura alta della vita cristiana” consiste allora “nell’amare ‘come’ Dio”. E’ “nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore, nascono e crescono tutte le vocazioni”. “Parola, preghiera ed Eucarestia sono il tesoro prezioso per comprendere la bellezza di una vita totalmente spesa per il Regno” di Dio. Sollecita quindi Benedetto XVI le Chiese locali a farsi luogo di attento discernimento e di profonda verifica vocazionale”, offrendo ai giovani “un saggio e vigoroso accompagnamento spirituale”, e così anche nelle famiglie “comunità di vita e di amore” i giovani possano riscoprire “la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata”. “In questo modo la comunità cristiana – conclude Benedetto XVI - diventa essa stessa manifestazione della carità di Dio che custodisce in sé ogni chiamata”. (cfr. Sito News.Va. nel servizio di Roberta Gisotti)
Prendo spunto dalle parole del Messaggio del Santo Padre per la prossima Giornata mondiale delle vocazioni per fare una riflessione sul mio essere sacerdote.
La mia vocazione è nata nella mia famiglia. Una semplice famiglia di una piccola città di provincia del nord Italia. Una famiglia di operaio e casalinga attaccati ai semplici valori della vita: casa, famiglia, lavoro, parrocchia vissuti in un clima sereno di vita onesta ed educata. In casa, buona educazione, formazione culturale, oratorio, preghiera condivise con la famiglia in un clima di profonda serenità di rapporti. Anche nella mia famiglia difficoltà e momenti pesanti ci sono stati e ci saranno, ma sempre superati con spirito di sacrificio dai miei genitori e dall’impegno mio e di io fratello a capire e a collaborare. Sono partito da casa in giovane età sono entrato in seminario nella mia Diocesi e li è iniziato il cammino di formazione. Ora sacerdote da 20 anni, ormai, ricordo quei momenti come un grade evento della mia vita.
Queste semplici cose hanno creato il mio cuore di sacerdote. Gli insegnamenti rigidi ma amorevoli di casa e del seminario hanno formato il cuore e lo spirito dell’ uomo e del sacerdote.
Dopo i primi anni trascorsi nella mia Diocesi di origine, sono partito Cappellano Militare e qui è iniziata l’avventura più bella del mio servizio alla Chiesa e per la Chiesa. Si apriva a me un mondo non famigliare e per il quale il seminario non mi aveva preparato, ma del resto la formazione da le liee generali, la famiglia le basi e la vita il resto. Così mi sono tuffato nel campo che il Signore, attraverso i miei superiori, mi aveva preparato e con slancio, dedizione, voglia di capire e di annunciare il Vangelo, ho iniziato questo servizio in questa porzione di Chiesa.
Cresciuto nell’Oratorio Salesiano dove la mia vocazione ha preso sempre più corpo, l’idea del sacerdote era don Bosco: con i giovani e per i giovane, così senza saperlo mi sono ritrovato nel “cortile”, luogo ideale per la formazione dei giovani come diceva don Bosco, questo cortile si chiama “piazza d’Armi” e con questi giovani ho condiviso e condivido, questo, quasi ,ventennio del mio sacerdozio.
Caratterialmente sono sempre stato irrequieto, vivace e un po’ contro corrente e quindi con difficoltà ho vissuto le regole e ironia della sorte, servo una comunità che vive con delle regole ferree, quindi Chiesa e Istituzione militare due regole molti simili che hanno inquadrato il mio lavoro, la mia vita, ma non la mia mente ad amare e cercare strade nuovo di evangelizzazione sempre in seno alle indicazioni della Chiesa.
Cosa ho imparato? Tutto quello che avevo studiato, vissuto, imparato in casa a scuola, ora dovevo trasferirlo nella vita e vi assicuro che non è stato e non è facile, ma credo che sia indispensabile mettersi in ascolto e saper accettare la volontà di Dio così come viene, con l’umiltà di sapersi dei servi nelle mani del Signore.
Oggi assistiamo a insofferenza alle regole, alla disciplina, a uno stile di vita organizzato solo pronti a rivendicare i propri diritti e la propria libertà senza accorgerci che dimentichiamo di avere dei doveri e che imponiamo la nostra idea con la nostra presunta libertà vincolando, così, quella degli altri.
A distanza di anni diventando grande nell’età capisco che quegli insegnamenti rigidi ora sono la spina dorsale della mia vita; fedeltà alle piccole cose, ai miei doveri, alle leggi. Senza una disciplina interna ed esterna la vita diventa un continuo susseguirsi di eventi senza senso se non si riempiono di contenuti e di valori.
La dimensione della preghiera, imparata nella semplicità della mia famiglia, e coltivata con passione in Seminario è sempre stata il punto fermo delle mie giornate. Senza la preghiera mi sono accorto che la vita rischiava di andare a rotoli, senza uno spirito di sacrifico, di accettazione, di fiducia nell’Istituzione tutto crolla. L’Eucaristia e la preghiera personale sono il centro della mia vita e del mio servizio, prima di ogni altra cosa.
Si può avere una coscienza, anzi bisogna avere una coscienza critica, ma non ci si può sostituire ai superiori e questo l’ho riscontrato anche in Forza Armata, una comunità ordinata e perfetta nei valori e nello svolgimento delle sue mansioni molto simile alla chiesa: ordinata e se metto in discussione l’ubbidienza, il credere in quello che si fa, l’anima della vita, allora tutto crolla e diventa critico e non servi ne a te ne alla società.
Ovvio che a 20 anni si pensa di rivoluzionare il mondo, la società, la chiesa, le forze armate ecc., poi con il tempo ti accorgi che se non c’è obbedienza e spirito di sacrificio puoi essere al vertice, avere soldi, fare una carriera brillante, ma il cuore è vuoto. Se non sei pieno di amore, se non hai una bella famiglia alle spalle, difficilmente riuscirai ad essere educante nella vita sia per te che per gli altri, riuscirai ad essere positivo e ad annunciare l’amore del Signore o svolgere il tuo servizio con sincerità.
La mia gente ha continuato la mia educazione, come uomo e come sacerdote. Saper ascoltare, condividere il loro cammino, le loro scelte, le loro croci e le loro gioie mi hanno presentato ogni giorno l’amore di Dio. Dalla mia gente ho imparato a vivere ed essere sacerdote, dalle mie famiglie, dai miei soldati, anche i più giovani, che dalle loro parole ho scoperto una ricchezza e una serietà uniche che mi hanno sempre messo in discussione per fare sempre meglio. In questo non è mancata ovviamente la severità delle mie parole e dei miei gesti, la dove mi accorgevo che la pazienza e la spiegazione di alcuni cammini e ideali non venivano compresi. Se credo nel bene di una iniziativa, di un’azione la spiego e poi non mi adeguo alla massa ma la perseguo certo che è bene per la mia comunità. L’autorità va ascoltata, ma va anche imposta la dove la ragione è privata e non comunitaria e fine al servizio della collettività.
Non so se ci sono riuscito, ma so che il Signore attraverso di loro dice a me il Suo amore e che ha scommesso e continua a scommettere su di me indipendentemente dalle risposte che riesco a dare. La ricchezza che questi giovani portano con se, ricchezza coltiva nelle loro case, nobilita ogni giorno il mio povero cuore e il mio servizio.
Ho imparato a fare, più che a giudicare, a spendermi con dedizione, più che a chiedere. La fedeltà alla preghiera, la nobiltà dei gesti nella liturgia e nella vita, hanno creato il mio cuore cercando ogni giorno di somigliare sempre più al cuore di Cristo, sia nelle mie azioni private che in quelle pubbliche. Amare non vuol dire educare, vuol dire fissare un punto e raggiungerlo con impegno. Amare non vuol dire essere amato necessariamente da tutti, ma amare tutti.
Vivo il mio Sacerdozio imparando dall’amore fedele dei miei genitori, dall’esempio dei miei giovani, dalla attenzione della Chiesa per tutti, dai valori di questa Istituzione che servo nel suo popolo.
Ho imparato ad apprezzare il poco o tanto che ho in questo momento senza chiedere nulla di più, accettare le indicazioni e cercare di ubbidire alle scelte che altri fanno per me della mia vita, con serenità: nulla chiedere e nulla rifiutare. Non è facile, ma sono convinto di questo atteggiamento.
Non ho fatto grandi cose, non ho fondato o costruito, scritto ho fatto carriera nel senso umano del termine, ma ho vissuto in pienezza questi anni sentendomi usato da Dio e lasciandomi usare da Lui sapendo che senza di Lui neppure quel poco sarei riuscito a fare. Non sono intelligente, ne grande organizzatore, vivo ogni giorno cercando di scoprire cosa il Signore vuole per me, annunciando il suo amore con la mia semplice, banale e povera presenza. Non ho proclami da fare, ne idee nuove da proporre, ne consigli da dare se non quello di una continua verifica della mia vita sapendo e conoscendo i miei grandi limiti e sperando di non mettere in difficoltà nessuno con la mia vita forse un po’ informale, ma attaccata alle cose semplici imparate da sempre e cercando di portare a Dio amici nuovi facendo scoprire la bellezza di essergli amico con e nella Chiesa, cercando di rispettarli con la fedeltà al mio lavoro e invitando alla serietà e fedeltà alle proprie scelte vocazionali.
Rimango un carattere forte e irrequieto, conto sino a 10 prima di parlare, ma non basta, pertanto confido nella misericordia del Signore e nella pazienza dei miei superiori e della mia gente, cercando di parlare e di vivere nell’amore e nella semplicità delle cose con eleganza, dignità, rispetto e facendo di ogni giorno un giorno unico e straordinario, sapendomi stupire delle piccole cose quotidiane.
Preghiera, famiglia, chiesa, servizio in questo spirito, sono le quattro parole che mi aiutano a vivere l’amore a Dio attraverso il dono del sacerdozio.
Cambiare si puo, migliora il tuo stile di vita
Riflessione estemporanea del Cappellano Militare sulla semplicità della vita
Nella maggioranza dei casi il pensiero lo fanno i giornali e i mezzi di comunicazione e non le ideologie o le culture e questo, credo, risulta essere un limite. Il riportare una notizia è sacrosanto, ma l’interpretarla o leggerla in un determinato modo esprime già un giudizio e un orientamento e non sempre corrisponde alla verità, quindi si è ingenerato nel nostro sistema di vita il sospetto su tutto e su tutti cercando di evidenziare sempre e solo il male e il limite dando minor spazio al bene e alle cose belle che ci sono in noi e attorno a noi, rischiando, in nome della verità, di dire cose false e di vivere di queste.
Questo accade in tutte le società e in tutte le categorie di persone e nelle istituzioni. Non voglio offrire questa riflessione per invitare a non vedere o a far finta di nulla, ma a cercare sempre la verità delle cose senza essere pessimisti e a cominciare a darci una regolata nella vita.
L’impegno è rivalutare quella semplicità di elementi che ci circondano e che con le nostre sovrastrutture abbiamo dimenticato.
Vale nel sociale, vale nella chiesa, vale in famiglia e nel nostro modo di vivere. Come sacerdote mi sento coinvolto nell’educare e nel dire al mondo quanto sia bello questo nostro essere e vivere, ma anche sento il dovere di aiutare nella costruzione di una coscienza critica, onesta e obiettiva senza vedere male sempre e senza cercare il successo personale o la supremazia perché questo porta alle lotte interne e non alla vera felicità.
Sono forse un po’ troppo idealista e sognatore e quindi non voglio sembrare sciocco con questa riflessione, so che serve una certa dose di compromesso nella vita per convivere insieme tra culture e religioni differenti, tra pensieri e ideologie contrastanti, ma non dimentichiamo il rispetto e l’etica del vivere. Il fatto che non condivida una idea o un pensiero o uno stile di vita non mi permette di dire cattiverie, semmai mi sprona a riflettere meglio sulle mie scelte e ad essere convincente con la mia vita e le mie parole.
L’invito oggi, a chi mi sta leggendo, è che ognuno di noi pensi alla semplicità della vita cercando di tornare all’essenziale di essa, pur nella modernità di ciò che l’ingegno e il tempo hanno portato all’umanità, senza creare continue polemiche e cattiverie, vedendo spetri, complotti, macchinazioni ovunque, non che non ci siano ovvio, ma neppure inventarseli o vederli in tutto ciò che accade.
Ognuno con la sua testa e le sue idee ha modi differenti di affrontare la realtà, ma dove nasce il male? Da dentro di noi se non so condividere, se non so capire, accettare il diverso e questo vale sia in un senso che nell’altro, non posso condannare chi ha studiato, ne giudicare chi è andato in fabbrica e ha fatto altre scelte e così via… l’uguaglianza sociale non sta nel fare tutti le stesse cose, ne nell’avere tutti le medesime cose e la storia passate e recente ce lo dice, ma l’uguaglianza è la possibilità di crescere per tutti e ognuno secondo il suo stile, le sue possibilità e capacità, secondo modi e tempi differenti salvando il principio del rispetto e dell’amore e da qui portare avanti le proprie opinioni e per convincere non devo gridare, ma dare esempio.
Una società perfetta sogno, ma so che l’umanità ha nel cuore il veleno del male e se non sta attenta crede di essere nel giusto in tutto e non si rende conto che si può sbagliare.
L’errore di uno non è la negazione di un sistema, ma semmai l’occasione di verifica. Non serve fare lotte e guerre per portare avanti una idea, ma serve difendere la libertà di chi la vuole e la desidera e la sogna e dare la possibilità a tutti di migliorare.
La modernità alla quale siamo arrivati ci dovrebbe aiutare a vivere meglio e invece la gelosia, l’avidità, il potere ci portano ad essere gli uni contro gli altri.
Credo che Gesù ci abbia insegnato questo con severità e amore ad essere gli uni per gli altri nel rispetto del proprio ruolo, capacità e situazione. Offrire possibilità a tutti si, uguali a tutti impossibile e inutile, doni e doti differenti che messe insieme offrono una uguaglianza mentale e non sociale, il limite è il troppo, e il troppo in tutti i campi dèvia dagli ideali e dall’amore. Essere e vivere in modo differente non per essere diversi o contro corrente, ma per aiutarci tutti a cambiare e migliorare: destra, sinistra, centro, nord, sud del mondo perché ci dobbiamo combattere, e non, invece, trovare un punto d’incontro e camminare insieme? Ma senza fare discorsi mondiali entriamo in casa nostra, nella nostra vita e vediamo cosa accade: ci sentiamo padri eterni, dimentichiamo la misura delle cose e il buon senso in nome di ideali, ma quali sono poi questi ideali? forse solo la nostra voglia di emergere, di potere, di dire io si e tu no, io sono meglio di te, io voglio, io faccio, io comando … riconosciamoci utili gli uni agli altri nel rispetto delle capacità. Se non ho la villa e la macchinona non sono nessuno o non comando, non faccio, no dico … si forse è vero, ma è qui il problema: le tue capacità economiche non devono essere di potere, ma di aiuto e di condivisione. Non che diventando tutti uguali si migliora anzi ci s’impoverisce, ma è nel condividere, nell’aiutarsi che si cresce. Io mangio tre volte al giorno e quello una volta al mese …. Un piccolo contributo e si vivrebbe meglio, anche se quel bambino cammina scalzo sulla sua terra, ma non è la scarpa che gli manca è la dignità ad essere normale la dove vive, non voglio costruirgli un palazzo, ma dargli la possibilità di migliorarsi con le sue mani ed eventualmente costruirselo da solo.
La semplicità è la verità ed è questo che ci ha insegnato Gesù. Questo voglio proporvi, questo voglio aiutarvi a capire. Rischiamo oggi di guardare solo i limiti e basta, per esempio, di una fede e della sua relativa religione, puntando il dito sulla struttura e dimenticando, così, le fondamenta. Ovvio che dobbiamo lavorare su ciò che non va, ma non per questo buttare via tutto e diventare cinici, distaccati, individualisti.
Gli imperi, le lotte, i dominatori, le politiche, le ideologie in millenni di storia dell’umanità sono passate e finite e cosa rimane: sempre solo e unicamente l’amore, è lui a vincere alla fine di tutto.
Vorrei gridare ai potenti della terra, agli uomini influenti del pianeta, alle società, alle culture, alle religioni e alle scienze, all’umanità intera: ritrova la tua dignità dentro di te.
Vorrei dire alla chiesa, alla polita, all’operaio, allo studente, al povero, al ricco … cosa stai facendo? Cosa cerchi veramente? Abbiamo fatto lotte, combattuto guerre per ideali, per poi risultare vane, vuote, non oneste e interessate … per dire quello che penso e portare avanti un progetto non devo imporlo, devo presentarlo e la verità di questo si farà strada da sola.
La Chiesa di Cristo, con tutti i suoi limiti e difetti, va avanti perché è Cristo che la conduce e se ha avuto e ha, scossoni e difficoltà è perché siamo diventati distratti, sordi, macchinatori, gelosi pensando a chi sa quale bene superiore o a quale equilibrio mondiale. Anche Cristo era un fine diplomatico e grande stratega, ma non ha rinunciato alla croce per dire l’amore per l’umanità, l’ha affrontata con dignità, non ha imposto la salvezza, ce la offre ogni giorno con la sua vita.
Siamo solo degli eterni lamentosi su tutto e non ci accorgiamo di quanto abbiamo e di quante possibilità abbiamo e di quant’amore potremmo donare.
Ora non avendo la pretesa, ne l’ambizione di cambiare il mondo mi rivolgo ai singoli e dico: quanto tempo passi con la tua famiglia? Quanto lavori onestamente? Quanto sudi, leggi, ti informi? Quanto ti sai accontentare? Quanto gusti di quello che ti circonda? Quanto parli bene degli altri? Quanto grande è la tua fede?
Si può cambiare, amici, ognuno deve fare il suo passo e tutti insieme ritroveremo la bellezza della nostra vita e della nostra fede.
La riflessione rimane aperta e incompleta, ovviamente, per offrire spunto di dialogo e confronto.
Questo accade in tutte le società e in tutte le categorie di persone e nelle istituzioni. Non voglio offrire questa riflessione per invitare a non vedere o a far finta di nulla, ma a cercare sempre la verità delle cose senza essere pessimisti e a cominciare a darci una regolata nella vita.
L’impegno è rivalutare quella semplicità di elementi che ci circondano e che con le nostre sovrastrutture abbiamo dimenticato.
Vale nel sociale, vale nella chiesa, vale in famiglia e nel nostro modo di vivere. Come sacerdote mi sento coinvolto nell’educare e nel dire al mondo quanto sia bello questo nostro essere e vivere, ma anche sento il dovere di aiutare nella costruzione di una coscienza critica, onesta e obiettiva senza vedere male sempre e senza cercare il successo personale o la supremazia perché questo porta alle lotte interne e non alla vera felicità.
Sono forse un po’ troppo idealista e sognatore e quindi non voglio sembrare sciocco con questa riflessione, so che serve una certa dose di compromesso nella vita per convivere insieme tra culture e religioni differenti, tra pensieri e ideologie contrastanti, ma non dimentichiamo il rispetto e l’etica del vivere. Il fatto che non condivida una idea o un pensiero o uno stile di vita non mi permette di dire cattiverie, semmai mi sprona a riflettere meglio sulle mie scelte e ad essere convincente con la mia vita e le mie parole.
L’invito oggi, a chi mi sta leggendo, è che ognuno di noi pensi alla semplicità della vita cercando di tornare all’essenziale di essa, pur nella modernità di ciò che l’ingegno e il tempo hanno portato all’umanità, senza creare continue polemiche e cattiverie, vedendo spetri, complotti, macchinazioni ovunque, non che non ci siano ovvio, ma neppure inventarseli o vederli in tutto ciò che accade.
Ognuno con la sua testa e le sue idee ha modi differenti di affrontare la realtà, ma dove nasce il male? Da dentro di noi se non so condividere, se non so capire, accettare il diverso e questo vale sia in un senso che nell’altro, non posso condannare chi ha studiato, ne giudicare chi è andato in fabbrica e ha fatto altre scelte e così via… l’uguaglianza sociale non sta nel fare tutti le stesse cose, ne nell’avere tutti le medesime cose e la storia passate e recente ce lo dice, ma l’uguaglianza è la possibilità di crescere per tutti e ognuno secondo il suo stile, le sue possibilità e capacità, secondo modi e tempi differenti salvando il principio del rispetto e dell’amore e da qui portare avanti le proprie opinioni e per convincere non devo gridare, ma dare esempio.
Una società perfetta sogno, ma so che l’umanità ha nel cuore il veleno del male e se non sta attenta crede di essere nel giusto in tutto e non si rende conto che si può sbagliare.
L’errore di uno non è la negazione di un sistema, ma semmai l’occasione di verifica. Non serve fare lotte e guerre per portare avanti una idea, ma serve difendere la libertà di chi la vuole e la desidera e la sogna e dare la possibilità a tutti di migliorare.
La modernità alla quale siamo arrivati ci dovrebbe aiutare a vivere meglio e invece la gelosia, l’avidità, il potere ci portano ad essere gli uni contro gli altri.
Credo che Gesù ci abbia insegnato questo con severità e amore ad essere gli uni per gli altri nel rispetto del proprio ruolo, capacità e situazione. Offrire possibilità a tutti si, uguali a tutti impossibile e inutile, doni e doti differenti che messe insieme offrono una uguaglianza mentale e non sociale, il limite è il troppo, e il troppo in tutti i campi dèvia dagli ideali e dall’amore. Essere e vivere in modo differente non per essere diversi o contro corrente, ma per aiutarci tutti a cambiare e migliorare: destra, sinistra, centro, nord, sud del mondo perché ci dobbiamo combattere, e non, invece, trovare un punto d’incontro e camminare insieme? Ma senza fare discorsi mondiali entriamo in casa nostra, nella nostra vita e vediamo cosa accade: ci sentiamo padri eterni, dimentichiamo la misura delle cose e il buon senso in nome di ideali, ma quali sono poi questi ideali? forse solo la nostra voglia di emergere, di potere, di dire io si e tu no, io sono meglio di te, io voglio, io faccio, io comando … riconosciamoci utili gli uni agli altri nel rispetto delle capacità. Se non ho la villa e la macchinona non sono nessuno o non comando, non faccio, no dico … si forse è vero, ma è qui il problema: le tue capacità economiche non devono essere di potere, ma di aiuto e di condivisione. Non che diventando tutti uguali si migliora anzi ci s’impoverisce, ma è nel condividere, nell’aiutarsi che si cresce. Io mangio tre volte al giorno e quello una volta al mese …. Un piccolo contributo e si vivrebbe meglio, anche se quel bambino cammina scalzo sulla sua terra, ma non è la scarpa che gli manca è la dignità ad essere normale la dove vive, non voglio costruirgli un palazzo, ma dargli la possibilità di migliorarsi con le sue mani ed eventualmente costruirselo da solo.
La semplicità è la verità ed è questo che ci ha insegnato Gesù. Questo voglio proporvi, questo voglio aiutarvi a capire. Rischiamo oggi di guardare solo i limiti e basta, per esempio, di una fede e della sua relativa religione, puntando il dito sulla struttura e dimenticando, così, le fondamenta. Ovvio che dobbiamo lavorare su ciò che non va, ma non per questo buttare via tutto e diventare cinici, distaccati, individualisti.
Gli imperi, le lotte, i dominatori, le politiche, le ideologie in millenni di storia dell’umanità sono passate e finite e cosa rimane: sempre solo e unicamente l’amore, è lui a vincere alla fine di tutto.
Vorrei gridare ai potenti della terra, agli uomini influenti del pianeta, alle società, alle culture, alle religioni e alle scienze, all’umanità intera: ritrova la tua dignità dentro di te.
Vorrei dire alla chiesa, alla polita, all’operaio, allo studente, al povero, al ricco … cosa stai facendo? Cosa cerchi veramente? Abbiamo fatto lotte, combattuto guerre per ideali, per poi risultare vane, vuote, non oneste e interessate … per dire quello che penso e portare avanti un progetto non devo imporlo, devo presentarlo e la verità di questo si farà strada da sola.
La Chiesa di Cristo, con tutti i suoi limiti e difetti, va avanti perché è Cristo che la conduce e se ha avuto e ha, scossoni e difficoltà è perché siamo diventati distratti, sordi, macchinatori, gelosi pensando a chi sa quale bene superiore o a quale equilibrio mondiale. Anche Cristo era un fine diplomatico e grande stratega, ma non ha rinunciato alla croce per dire l’amore per l’umanità, l’ha affrontata con dignità, non ha imposto la salvezza, ce la offre ogni giorno con la sua vita.
Siamo solo degli eterni lamentosi su tutto e non ci accorgiamo di quanto abbiamo e di quante possibilità abbiamo e di quant’amore potremmo donare.
Ora non avendo la pretesa, ne l’ambizione di cambiare il mondo mi rivolgo ai singoli e dico: quanto tempo passi con la tua famiglia? Quanto lavori onestamente? Quanto sudi, leggi, ti informi? Quanto ti sai accontentare? Quanto gusti di quello che ti circonda? Quanto parli bene degli altri? Quanto grande è la tua fede?
Si può cambiare, amici, ognuno deve fare il suo passo e tutti insieme ritroveremo la bellezza della nostra vita e della nostra fede.
La riflessione rimane aperta e incompleta, ovviamente, per offrire spunto di dialogo e confronto.
Riflessioni del Cappellano:
La Famiglia di un soldato e le famiglie insieme nella Base
Voglio invitarvi a vedere questo film: We Were Soldiers - Fino all'ultimo uomo del 2002 diretto da Randall Wallace, e si rifà alla Battaglia di Ia Drang tra le forze americane e l'esercito popolare vietnamita. È basato sul libro We Were Soldiers Once ... And Young del tenente colonnello Hal G. Moore, non più in servizio, e del reporter Joseph L. Galloway, i quali, entrambi, presero parte alla battaglia e invitarvi, al di la della poesia che ci può essere o della durezza della guerra in Vietnam, a cogliere il senso delle parole che vengono pronunciate per capire l’anima dei nostri soldati e delle loro famiglie.
Non voglio trattare l’argomento guerra nei suoi vari aspetti e il film è duro e pesante da questo punto di vista, ne voglio dare un giudizio o altro, ma solo condurre la vostra mente e il vostro cuore a comprendere il discorso che vi sto per fare.
La guerra è lo strumento dell’odio dell’uomo contro un altro uomo per politica, potere, interesse, avidità … ma il sodato difende a costo della sua vita la libertà dei popoli e offre a loro la sicurezza e compie il suo dovere. L’umanità non imparerà mai a stare in pace, il peccato e il male serpeggiano sempre tra di noi fin quando non impareremo a cercare e fidarci del Bene. Non c’è una guerra giusta o una sbagliata, ma c’è per tutti il dovere di rispettarci e di impegnarci gli uni per gli altri. Nella storia ci siamo sempre combattuti, in tutte le epoche e l’odio non riesce a tramontare. Dobbiamo ancora molto lavorare per imparare.
Ma arriviamo al motivo per cui ho voluto invitarvi a vedere questo film. In questa pellicola è sottolineato molto bene l’impegno e il lavoro delle famiglie e dell’umanità dei soldati e del loro impegno serio a compiere il proprio dovere. Pertanto, colgo l’occasione per invitarvi a riflettere sulla vostra vita di soldati con le vostre famiglie.
La realtà militare è una realtà di servizio molto particolare per impiego e movimento e se pur tendiamo a tornare nelle nostre terre d’origine è fondamentale non dimenticare che chi abbraccia questa professione deve mettere in conto la mobilità sua e della sua famiglia. Se non si è disposti a questo aspetto difficilmente si è disposti a servire la Patria con serietà nelle file delle Forze Armate.
Ora il mio parlare con voi è per suggerirvi di dire alle vostre fidanzate/i mogli e mariti, figli che questo è lo specifico della “vocazione alla Pace e alla Sicurezza dei popoli” e questo aspetto lo caratterizza. So a cosa state pensando, alle mille difficoltà di alloggio, di lavoro, d’inserimento nelle scuole, nelle varie realtà, di mancanza di radici … ed è per questo che vi invito a creare armonia e iniziative per unirvi tra le famiglie. Pur vivendo nel territorio e quindi impegnandosi a vivere nel tessuto sociale, dove venite impiegati, è fondamentale creare una rete di rapporti tra di voi con le vostre famiglie sia per sostenersi, che per condividere gioie e problemi, uniti si è più forti.
Non considerate la Base solo come un posto di lavoro, ma come un punto d’incontro con la vostra e tra le vostre famiglie, per un momento di festa, di dialogo, di preghiera. Io come Cappellano mi sento parte di questa famiglia e animo in questa direzione proponendo attività senza togliere o senza sostituirmi alle realtà territoriali civili e religiose, ma offrendo una opportunità in più per la mia comunità, cercando di creare quella dinamica di collaborazione.
Preparo i giovani al matrimonio con questo spirito e affianco le famiglie con questa dinamica, aiutato dalle organizzazioni che la Forza Armata hanno: Associazioni d’Arma, il Pasfa, Associazioni di famiglie, Family Support Center, o altre simili … nel cercare casa, lavoro, scuole, asili, nel aiutare nella prima sistemazione ….
La famiglia è un bene prezioso per tutti, sia quella da cui proviene sia quella che create e per un soldato è l’olio prezioso della vostra “lampada”, del vostro servizio, della vostra fede e del vostro coraggio.
Un soldato con una bella famiglia, sarà un vero testimone e servitore della pace e della sicurezza.
Imparate a condividere gli uni con gli altri i momenti di festa, di ricorrenza, di croce, stringetevi insieme nei momenti importanti, la vostra terra è là dove siete in quel momento, la vostra famiglia è là dove c’è il vostro cuore e insieme sarete invincibili difronte a qualsiasi difficoltà. La fortezza della vostra fede vi darà la forza per affrontare la vita. Non sposatevi lasciando moglie e magari i figli lontani da voi, ma sempre con voi, sapendosi adattare e rinunciare magari ad alcune comodità per avere la vera comodità autentica: l’amore per la famiglia.
Il coltivare il desiderio della casa nella propria terrà è giusto, ma il vivere pensando solo a questo non vi farà essere felici. Dove siete voi, deve esserci la vostra famiglia, sono loro l’anima, la forza, la linfa del vostro essere a servizio degli altri.
Le vostre spose, figli e fidanzate dovranno sentirsi soldati senza la divisa, dovranno respirare il gusto di questa professione, dovranno faticare e soffrire come fate voi, solo condividendo sarete grandi per il Paese e per la vostra Famiglia. La famiglia in se è una condivisione di ideali, se viene a a mancare questo, rischia la sua sopravvivenza.
Per il soldato diventa fondamentale. La vita che vi siete scelti di vivere prevede queste caratteristiche e non si possono dimenticare o cancellare o sperare che cambino, sono lo specifico di questa professione. Il Cappellano è con voi e con voi voglio camminare unito insieme alla vostra famiglia, io con i vostri comandanti a qualsiasi livello vogliamo camminare e condividere, pianificando i disagi là dove si può, ma educandoci a quei sacrifici che caratterizzano il vostro servizio e a valorizzare quelle, magri poche cose che abbiamo, come il massimo che abbiamo e vi assicuro, che così facendo, saremo veri protagonisti della nostra storia.
Amate Dio, la vostra Famiglia, la vostra Patria, amate la vostra divisa, portatela con dignità perché parla di amore, di servizio, di sacrificio. Amate le tradizioni della vostra terra e di casa vostra, riproponetele là dove siete a vivere, siate di esempio in caserma, in casa, nella società. Così io cerco di vivere la mia vocazione, portando la mia divisa, il mio credo, la Chiesa e voi mia famiglia come il bene prezioso che mi è stato affidato dai miei superiori di volta in volta e che cerco di servire come meglio posso.
Chi incontra un soldato e la sua famiglia, possa dire: quella è gente seria. Coltivate la vostra fede, amate le persone che servite, sostenetevi gli uni gli altri. Create una rete di contatti tra di voi, raccoglietevi nelle vostre case, unitevi insieme sostenendovi: che la moglie di uno, possa chiedere a quella dell’altro un consiglio, un aiuto, una parola … non chiudetevi nei vostri problemi, nelle vostre realtà, ma siate un’ unica vera famiglia di famiglie.
Cercate di migliorare, ovviamente, ma cercate soprattutto l’amore autentico dentro di voi e intorno a voi, questa sarà la migliore gratificazione. La casa, la macchina, il conto in banca, la vacanza, la carriera … tutto giusto, ma l’amore autentico fatto di sacrifici, di privazioni e contornato da rapporti sani, alla lunga ripaga più di qualsiasi successo umano che voi potete sognare o sperare.
Fate respirare in casa armonia, amore, serenità. Amate e rispettate le vostre sposte, amate i vostri figli, non fate sciocchezze per le quali potreste pentirvi, credete nelle scelte che fate, non sposatevi tanto per farlo, ma costruite la vostra vita sulla roccia, su basi solide fatte di sacrificio, di dedizione, di rinuncia, di capacità di avere un cuore grande. Non ricercate le cose che passano, ma quelle che rimangono: l’amore, il rispetto, la dignità. Dio, la Famiglia, la Patria, sono ancora valori autentici, puri, solenni della nostra terra, della nostra cultura. Torniamo alle cose semplici, ai valori autentici imparati in casa, che arrivano dalla tradizione della nostra terra e della nostra famiglia, pensate ai giovani che ci hanno preceduto, a quello nel quale hanno creduto e per il quale hanno sacrificato la loro vita.
Questa è la famiglia, senza di questo la società andrà alla deriva, senza il rispetto, l’autenticità delle nostre parole e scelte, tutto ci crollerà addosso. Imparate a sostenervi a non essere gelosi o invidiosi, non parlate male gli uni degli altri, ma condividete a capire e a collaborare.
Le vostre spose siano forti, coraggiose, energiche, voi siate dolci, attenti, fedeli, operosi e forti come è lo siete nello svolgere la vostra missione e vocazione ad essere soldati. Con loro sarete dei grandi uomini, grandi padri, grandi sposi e soldati.
Educate il vostro cuore a tutto questo per la vostra casa, per tutti noi e per Dio.
Non voglio trattare l’argomento guerra nei suoi vari aspetti e il film è duro e pesante da questo punto di vista, ne voglio dare un giudizio o altro, ma solo condurre la vostra mente e il vostro cuore a comprendere il discorso che vi sto per fare.
La guerra è lo strumento dell’odio dell’uomo contro un altro uomo per politica, potere, interesse, avidità … ma il sodato difende a costo della sua vita la libertà dei popoli e offre a loro la sicurezza e compie il suo dovere. L’umanità non imparerà mai a stare in pace, il peccato e il male serpeggiano sempre tra di noi fin quando non impareremo a cercare e fidarci del Bene. Non c’è una guerra giusta o una sbagliata, ma c’è per tutti il dovere di rispettarci e di impegnarci gli uni per gli altri. Nella storia ci siamo sempre combattuti, in tutte le epoche e l’odio non riesce a tramontare. Dobbiamo ancora molto lavorare per imparare.
Ma arriviamo al motivo per cui ho voluto invitarvi a vedere questo film. In questa pellicola è sottolineato molto bene l’impegno e il lavoro delle famiglie e dell’umanità dei soldati e del loro impegno serio a compiere il proprio dovere. Pertanto, colgo l’occasione per invitarvi a riflettere sulla vostra vita di soldati con le vostre famiglie.
La realtà militare è una realtà di servizio molto particolare per impiego e movimento e se pur tendiamo a tornare nelle nostre terre d’origine è fondamentale non dimenticare che chi abbraccia questa professione deve mettere in conto la mobilità sua e della sua famiglia. Se non si è disposti a questo aspetto difficilmente si è disposti a servire la Patria con serietà nelle file delle Forze Armate.
Ora il mio parlare con voi è per suggerirvi di dire alle vostre fidanzate/i mogli e mariti, figli che questo è lo specifico della “vocazione alla Pace e alla Sicurezza dei popoli” e questo aspetto lo caratterizza. So a cosa state pensando, alle mille difficoltà di alloggio, di lavoro, d’inserimento nelle scuole, nelle varie realtà, di mancanza di radici … ed è per questo che vi invito a creare armonia e iniziative per unirvi tra le famiglie. Pur vivendo nel territorio e quindi impegnandosi a vivere nel tessuto sociale, dove venite impiegati, è fondamentale creare una rete di rapporti tra di voi con le vostre famiglie sia per sostenersi, che per condividere gioie e problemi, uniti si è più forti.
Non considerate la Base solo come un posto di lavoro, ma come un punto d’incontro con la vostra e tra le vostre famiglie, per un momento di festa, di dialogo, di preghiera. Io come Cappellano mi sento parte di questa famiglia e animo in questa direzione proponendo attività senza togliere o senza sostituirmi alle realtà territoriali civili e religiose, ma offrendo una opportunità in più per la mia comunità, cercando di creare quella dinamica di collaborazione.
Preparo i giovani al matrimonio con questo spirito e affianco le famiglie con questa dinamica, aiutato dalle organizzazioni che la Forza Armata hanno: Associazioni d’Arma, il Pasfa, Associazioni di famiglie, Family Support Center, o altre simili … nel cercare casa, lavoro, scuole, asili, nel aiutare nella prima sistemazione ….
La famiglia è un bene prezioso per tutti, sia quella da cui proviene sia quella che create e per un soldato è l’olio prezioso della vostra “lampada”, del vostro servizio, della vostra fede e del vostro coraggio.
Un soldato con una bella famiglia, sarà un vero testimone e servitore della pace e della sicurezza.
Imparate a condividere gli uni con gli altri i momenti di festa, di ricorrenza, di croce, stringetevi insieme nei momenti importanti, la vostra terra è là dove siete in quel momento, la vostra famiglia è là dove c’è il vostro cuore e insieme sarete invincibili difronte a qualsiasi difficoltà. La fortezza della vostra fede vi darà la forza per affrontare la vita. Non sposatevi lasciando moglie e magari i figli lontani da voi, ma sempre con voi, sapendosi adattare e rinunciare magari ad alcune comodità per avere la vera comodità autentica: l’amore per la famiglia.
Il coltivare il desiderio della casa nella propria terrà è giusto, ma il vivere pensando solo a questo non vi farà essere felici. Dove siete voi, deve esserci la vostra famiglia, sono loro l’anima, la forza, la linfa del vostro essere a servizio degli altri.
Le vostre spose, figli e fidanzate dovranno sentirsi soldati senza la divisa, dovranno respirare il gusto di questa professione, dovranno faticare e soffrire come fate voi, solo condividendo sarete grandi per il Paese e per la vostra Famiglia. La famiglia in se è una condivisione di ideali, se viene a a mancare questo, rischia la sua sopravvivenza.
Per il soldato diventa fondamentale. La vita che vi siete scelti di vivere prevede queste caratteristiche e non si possono dimenticare o cancellare o sperare che cambino, sono lo specifico di questa professione. Il Cappellano è con voi e con voi voglio camminare unito insieme alla vostra famiglia, io con i vostri comandanti a qualsiasi livello vogliamo camminare e condividere, pianificando i disagi là dove si può, ma educandoci a quei sacrifici che caratterizzano il vostro servizio e a valorizzare quelle, magri poche cose che abbiamo, come il massimo che abbiamo e vi assicuro, che così facendo, saremo veri protagonisti della nostra storia.
Amate Dio, la vostra Famiglia, la vostra Patria, amate la vostra divisa, portatela con dignità perché parla di amore, di servizio, di sacrificio. Amate le tradizioni della vostra terra e di casa vostra, riproponetele là dove siete a vivere, siate di esempio in caserma, in casa, nella società. Così io cerco di vivere la mia vocazione, portando la mia divisa, il mio credo, la Chiesa e voi mia famiglia come il bene prezioso che mi è stato affidato dai miei superiori di volta in volta e che cerco di servire come meglio posso.
Chi incontra un soldato e la sua famiglia, possa dire: quella è gente seria. Coltivate la vostra fede, amate le persone che servite, sostenetevi gli uni gli altri. Create una rete di contatti tra di voi, raccoglietevi nelle vostre case, unitevi insieme sostenendovi: che la moglie di uno, possa chiedere a quella dell’altro un consiglio, un aiuto, una parola … non chiudetevi nei vostri problemi, nelle vostre realtà, ma siate un’ unica vera famiglia di famiglie.
Cercate di migliorare, ovviamente, ma cercate soprattutto l’amore autentico dentro di voi e intorno a voi, questa sarà la migliore gratificazione. La casa, la macchina, il conto in banca, la vacanza, la carriera … tutto giusto, ma l’amore autentico fatto di sacrifici, di privazioni e contornato da rapporti sani, alla lunga ripaga più di qualsiasi successo umano che voi potete sognare o sperare.
Fate respirare in casa armonia, amore, serenità. Amate e rispettate le vostre sposte, amate i vostri figli, non fate sciocchezze per le quali potreste pentirvi, credete nelle scelte che fate, non sposatevi tanto per farlo, ma costruite la vostra vita sulla roccia, su basi solide fatte di sacrificio, di dedizione, di rinuncia, di capacità di avere un cuore grande. Non ricercate le cose che passano, ma quelle che rimangono: l’amore, il rispetto, la dignità. Dio, la Famiglia, la Patria, sono ancora valori autentici, puri, solenni della nostra terra, della nostra cultura. Torniamo alle cose semplici, ai valori autentici imparati in casa, che arrivano dalla tradizione della nostra terra e della nostra famiglia, pensate ai giovani che ci hanno preceduto, a quello nel quale hanno creduto e per il quale hanno sacrificato la loro vita.
Questa è la famiglia, senza di questo la società andrà alla deriva, senza il rispetto, l’autenticità delle nostre parole e scelte, tutto ci crollerà addosso. Imparate a sostenervi a non essere gelosi o invidiosi, non parlate male gli uni degli altri, ma condividete a capire e a collaborare.
Le vostre spose siano forti, coraggiose, energiche, voi siate dolci, attenti, fedeli, operosi e forti come è lo siete nello svolgere la vostra missione e vocazione ad essere soldati. Con loro sarete dei grandi uomini, grandi padri, grandi sposi e soldati.
Educate il vostro cuore a tutto questo per la vostra casa, per tutti noi e per Dio.
Due chiacchiere con il Cappellano Militare: Distensione, vivere la vita alla ricerca della felicità
_
Il
75% della comunicazione è fatto dall’immagine, così ci rivelano alcuni studi. Anche
un filosofo antico, Gottfried
Wilhelm von Leibniz, tra il ‘600 e il ‘700 in Germania diceva
che “la gente vede quello che sembri e non quello che sei”. Credo che questo
sia vero e che non è tutto “peccato” quello che ci circonda, il problema sta
nella misura delle cose e nella coscienza di esse, negli ideali e nei modelli di vita e di come si portano
all’attenzione degli altri.
Forse
una delle principali accuse a noi uomini di chiesa è di aver moralizzato tutto
e di non vivere poi secondo questa morale, anzi di imporla solamente e credo,
purtroppo, che sia vero e che sia un limite di oggi, non solo per noi uomini di
Chiesa, ma per ogni persona che ha un ruolo pubblico e di servizio agli altri:
essere poco credibili, poco testimoni autentici, poco corretti. Questo, però,
non deve essere una scusante ne per me, ne per voi per rinunciare al messaggio
autentico di Dio, che è amare per guadagnarsi l’amore, vivere per guadagnarsi
la vita e la vita eterna da cui scaturisce l’impegno nella società per
realizzarmi come persona e per essere di aiuto agli altri con la mia
professionalità e le mie capacità.
Dio
ha sempre e solo dimostrato che ci vuol bene e che ha scommesso su di noi, il
problema sono i nostri limiti che non ci permettono di essere lucidi al punto
di rispondere a questo amore e facciamo di quella che dovrebbe essere la
risposta una scusa per tirarci fuori.
Non
è sbagliato divertirsi, cercare di apparire, di essere accettati, di vivere in
questa società con dignità, cercando il lavoro giusto, non è sbagliato fare
soldi per vivere con onestà, non è sbagliato andare in vacanza, il problema
semmai è vivere solo di questo, senza capire che ognuno di noi deve fare i
passi secondo la sua età, secondo le sue possibilità, che insieme al divertirsi
c’è l’impegno, che insieme all’apparire c’è la sostanza, che per essere accettati
non ci si può svendere, che fare soldi non vuol dire diventare avidi, egoisti,
disonesti e cercando pure di giustificarsi con delle risposte “filosofiche” … sono
solo scuse per fare quello che voglio senza rispetto degli altri, chiudendo gli
occhi di fronte alle necessità e al mio impegno autentico, perché? Perché
cosata fatica.
Nella
Bibbia più di 800 volte si parla di felicità. Dio ci ha creati per essere
felici, ma sembra che noi facciamo di tutto per non riuscirci, pur dicendo che
siamo alla ricerca della felicità, oppure crediamo che essa stia in determinate
situazioni e quindi solo pronti a puntare il dito contro gli altri e non la
cerchiamo veramente. Allora, pensiamo e ci convinciamo che è felice solo quello
che ha uno stile che noi crediamo buono, oppure che la felicità risieda
altrove? L’amore non è dei ricchi o dei poveri è un patrimonio di tutti.
Innamorarsi non è bello per alcuni e brutto per altri, ma è una possibilità per
tutti. Se pensate bene quando fate un dono a una persona che amate, o che stimate,
siete felici, questa è la felicità che dobbiamo ricercare e quando non
riusciamo in questo, allora nascono gelosie, tensioni, invidie e la pace e la
serenità tramontano, sia nel cuore che nella società.
Vi
scrivo così perché attorno, vedendo cosa accade, leggendo cosa viene scritto
ogni giorno, ascoltando chi ci rappresenta o i dialoghi della gente comune, mi
accorgo che corriamo freneticamente verso non si sa bene cosa, criticando senza
cognizione di causa, parlando senza sapere, senza poi cambiare atteggiamento. Se
non studi, non sai e se non sai, qualcun’altro ti dirà cosa fare e come vivere,
oppure reputerai alcune cose fondamentali e altre no con la scoperta, poi a tue
spese, che se non hai chi ti ama veramente, tutto svanisce ed avrai fatto
scelte vuote dando valore ad alcune cose e ad altre no e nel momento che non ci
sono più ti creeranno forte disagio se non depressione e la convinzione del
fallimento della vita, della società, delle istituzioni.
Siamo
pronti a criticare tutto e tutti avendo solo noi le soluzioni e poi ci accorgiamo
che non riusciamo a gestire neppure la nostra vita. Viviamo di istinti e se da
una parte ci offrono una “botta di vita” dall’altra rischiano di distruggerci
se non ci confrontiamo e diamo il giusto peso alle cose. Ovviamente questo
cammino va vissuto secondo le diverse età, e l’impegno è quello di viverle
seriamente, ponendoci le domande giuste, impegnandosi seriamente e solo
attraverso la fatica di credere in quello che vogliamo ci porterà a vincere
nella vita, il problema sono le scelte, gli ideali, i modelli.
Sognare
non è un peccato, vivere di sogni però rischia di farci dimenticare i piedi per
terra, ma questo non ci deve rattristare, anzi ci deve spronare a migliorare, a
cercare delle risposte a conoscere e a non prendere tutto come oro colato, a
verificare, a crearsi una coscienza critica e quello che non viene detto non
vuol dire che non c’è e quello che viene detto non vuol dire che è la verità.
Nella vita devi saperti stupire di quello che ti circonda non solo negativamente,
ma anche quello che di buono il mondo ti offre: il piante, la terra, il cielo,
… i sentimenti, l’arte, la musica …
Non
massifichiamoci, Dio ha creato il cuore di ognuno di noi secondo le sue
possibilità e la dignità non sta esterna a noi, ma dentro di noi, una dignità
che sa rapportarsi nei vari contesti sociali che hanno fatto cammini differenti
e quindi adattata in modo differente, ma tutti alla ricerca della verità. Nel
tempo, cambia la gestualità nella storia, ma non la sostanza. Il seguire delle
regole significa credere negli ideali, scimmiottare delle ideologie vuote, dove
non c’è rispetto, varietà, differenze … rischia di farci diventare degli
automi. Dio ci ha creati uno ad uno, ha dato possibilità e doti differenti ad
ognuno perché insieme si scopra la bellezza della vita e del creato.
Il
credere, non è superstizione, e il non credere non vuol dire eliminare il
problema giudicando la Chiesa o le religioni come “oppio dei popoli” e quindi che
sbagliano. Se non ti poni criticamente o se diventi fanatico, allora possono
esserci dei limiti come in ogni ideale e situazione. Il problema è non avere
delle idee e questo è triste. Purtroppo, questo, non limita i giudizi, anzi
meno idee si anno e più si parla. Il non pensarla come gli altri non ci fa
migliori, se non c’è sostanza. La base di tutto è il rispetto degli altri. Il
rischio è di fare lo struzzo che mette la testa sotto la sabbia e non s’impegna
in prima persona a cambiare se stesso ed eventualmente proporlo nel modo giusto.
Allora confrontiamoci e facendolo, vi assicuro, si cresce con opinioni e
critiche costruttive. Ecco dove è il limite della comunicazione se la prendi
senza verificarla, e il pregio, invece, è se ti sprona a farti delle domande. Il problema semmai è se non te le fai le
domande e allora il limite è tuo e non della società malata e non ti puoi
permettere di puntare il dito dicendo ma lo stato, la chiesa, la scuola, il
datore di lavoro, l’istituzione…. e tu dov’eri? Il tuo impegno qual’è stato?
Parlando
di religione, uno dice è sbagliato questo, quello, ma nessuno si pone le
domande e nel momento che uno si ferma e gli viene spiegato dice: “ah, ma
questo non me l’hanno mai detto”, cercando così scuse e dando la colpa ancora
una volta agli altri. Se non sai e se non sai stare con gli altri, se non sai
essere … la colpa è solo tua che non hai aperto gli occhi, ma hai voluto vedere
solo quello che pensavi tu. Questo significa crescere e per fare questo serve
poco, solo la voglia di ascoltare con attenzione, di farsi le domande giuste.
Cerca
dentro di te, attorno a te, nella tua famiglia le cose vere, quelle che ti hanno
segnato, verificale, pensaci sopra e mentre fai tutto questo vivi la tua vita,
divertiti … ma non rinunciare a conoscere e a capire. Non pensarti “dio”, ma
solo una sua creatura che cerca di fare della vita una risposta all’amore e se
questa parola vedi che ti irrita, ti disturba, allora il problema è dentro il
tuo cuore.
Assistiamo
in questo periodo al crollo dell’economia, assistiamo al crollo dell’onestà,
del rispetto, ma nella storia abbiamo già visto crollare imperi, ed ideologie e
alla fine rimane al di là del tempo, la verità delle cose e dei sentimenti. Rimani
solo tu che ti poni criticamente nella vita e cerchi le cose vere, rimane solo
Cristo, con la sua vita tra di noi. “Tutto passa, solo Cristo rimane”, perché è
interessato all’umanità.
Se
hai la bontà di leggere ciò che accade con coscienza critica, di trovare il
valore delle piccole cose di tutti i giorni, scoprirai che la vera felicità
l’hai sempre avuta e che il divertirsi, l’impegnarsi, il costruire … sono una
via. Non abdicare alla fede in Dio qualunque esso sia, la fede con le sue
religioni donano nobiltà al cuore dell’uomo e non lo rendono schiavo, perché
apre la mente e rende liberi di quella libertà di saper essere e non solo di saper
apparire. Ognuno di noi ha dei doni, scopri il tuo e mettilo a disposizione per
te e per gli altri. Dio ha scommesso su di te.
Il
linguaggio convenzionale è uno degli aspetti per la convivenza, ed è elemento
di fondamentale importanza: educazione, eleganza, saper vivere, saper stare in
mezzo agli altri, accettare chi non la pensa come noi, che non vive come noi e
per questo non serve avere successo, ma serve intelligenza studiata nella vita
e dall’educazione ricevuta, serve rispetto e umiltà. Non voglio giudicare
nessuno perché credo che per giudicare bisognerebbe conoscere le storie di ogni
singola persona, e Gesù mi ha insegnato ad amare e a non giudicare, discutere,
confrontarsi ma non giudicare, amare solamente. Il problema, talvolta, simo noi
che pensiamo di essere giudicati e diventiamo cattivi, lontani, prevenuti senza
accorgerci che questo modo di apparire e di presentarci non ci piace e ci rende
profondamente tristi e soli.
Carissimi,
ovviamente in questa semplice e confusa chiacchierata ho voluto offrire degli
spunti, non ho la pretesa di essere esauriente, ne di avere la verità in tasca,
se non solo quella del Vangelo. L’intento è quello di farvi scorgere quanto sia
bello vivere, divertirsi e godere di questa vita che il Signore ci ha offerto,
nel rispetto e nel servizio delle persone e delle regole comuni di convivenza.
Il peccato c’è quando non ci fidiamo e affidiamo a Dio, perché emerge la nostra
fragilità e il volto di Dio che appare nel nostro, viene annebbiato dalla
nostra presunzione. Poniti la domanda giusta, scommetti sulle tue possibilità,
cerca il riferimento giusto della tua vita, impegnati per te e per gli altri e
il mondo potrà essere migliore.
_
Il Diario del Cappellano Militare 5 L’agenda
in frontiera… la Chiesa
“1 Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. 2 E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 3 E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. 4 La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5 non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. 7 Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8 La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9 La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10 Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11 Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. 12 Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. 13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!” (1 Corinzi 1 -13)
Queste parole dell’Apostolo Paolo risuonano continuamente nel mio cuore e animano la mia preghiera e la mia azione. Apro la mia agenda, scorro i giorni le ore e cosa vedo? Cosa vi posso raccontare? Vedo nomi, situazioni, occhi pieni di lacrime, sorrisi, preoccupazioni, volti tristi, e volti allegri, volti sudati e forti, volti impegnati, domande sulla vita, su Dio, sulla sofferenza, vedo speranza … questi i miei impegni quotidiani: la mia gente.
Ogni mia settimana ha il suo centro nella preghiera, questa scandisce i miei impegni e le mie attività. La celebrazione della Santa Messa è al centro di ogni giornata e ad essa orientata.
Il giorno dell’Ordinazione Presbiterale il Vescovo pronunciava queste parole rivolgendosi agli ordinandi: “Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai. Conforma la tua vita al mistero della Croce di Cristo Signore.” Così ogni giorno celebro la S. Messa per e con i miei soldati.
Essere prete è l’esperienza più bella della mia vita e mi ritengo fortunato di esserlo in questa porzione della Sua Vigna tra i militari.
Quando si è giovani e si è ancora in formazione si pensa a mille cose, del futuro ministero, degli impegni, dell’annuncio, degli studi, della carriera … talvolta con incoscienza e anche presunzione, poi il tempo, le situazioni e un po’ di sana umiltà fanno capire che sei un povero strumento scelto da Dio per i suoi disegni e non i nostri e che non necessariamente ha scelto i migliori e comunque non sempre sceglie i migliori.
Con il tempo cresci e ti si aprono delle porte differenti e capisci pian piano quale grande dono hai tra le mani e quale grande responsabilità devi gestire. Dopo vent’anni di Sacerdozio, pochi o tanti che siano, posso dire che solo la preghiera è la vera anima del nostro essere sacerdote, delle nostre azioni pastorali. L’ubbidienza nella preghiera del “sia fatta la tua volontà”, sia in termini di impiego, che di vita personale, sono fondamentali. Così facendo dai valore alle cose vere e anche se la personalità di ognuno rischia di essere sempre la stessa, la capacità di confronto e di adorazione del Signore ti danno la giusta prospettiva. Facendo il sacerdote in un ambiente che non è di frontiera, ma neppure di parrocchia come la intendiamo noi, il confronto è ad alto livello e una buona fetta di questo confronto è sull’esperienza Chiesa, chiesa intesa come istituzione, storia, potere, politica … e non sempre è facile da far comprendere. I linguaggi che la Chiesa, nella storia, ha dovuto assumere per mantenere integro il messaggio autentico del Vangelo, sono differenti e con il senno di poi giudicabili, ma sempre è la Chiesa di Cristo. Viviamo in un epoca dove tutto è il contrario di tutto e tutto deve essere messo in discussione a ragione o meno, questo, ovviamente, rende difficile e impegnativo, sia la nostra mediazione che l’autenticità della nostra testimonianza. In questi mesi di Missione con i nostri soldati, molte sono le occasioni di dialogo, di confronto e anche di catechesi, intesa come dialogo personale, approfondimento di alcune tematiche morali, spirituali, storiche, pastorali e anche tempo in più per la preghiera e la riflessione personale, anima del nostro ministero e dell’essenza del Sacerdozio. In questo mi sento veramente fortunato, il poter dedicare tempo a Dio con tranquillità, aver tempo per riflettere, leggere, studiare e penare il modo dell’annuncio adatto alla situazione, tempo per il dialogo personale con la mia gente, la possibilità di confortare, di ridere con chi ride e piangere con chi piange, assicurare serenità e una parola affettuosa, rispondere alle loro domande di vita, di fede, di servizio, è una grazia straordinaria del mio ministero tra i soldati. Questa è la Chiesa, quella che talvolta critichiamo, ma è la Chiesa che ci assicura Cristo in ogni suo atto dal Papa all’ultimo dei suoi preti. Quando diventi un po’ più grande e riesci a capire i tuoi limiti e ti concentri solo sulla tua vita dedicata a Cristo e non al fare le cose, all’essere qualcuno, ma solo ad essere te stesso con Cristo e davanti a Lui e al suo popolo, allora tutto diventa chiaro, semplice, sereno. La Chiesa ha dei limiti, ovviamente, perché è fatta da uomini, ma è santa perché annuncia Cristo, è voluta da Lui ed è il suo corpo, la sua presenza, la sua mediazione. Nella storia bimillenaria, ci sono alti e bassi, ma è la Chiesa di Dio. In questa Chiesa Cristo si fa presente in modo eccezionale nell’Eucaristia e nell’azione pastorale: educativa, sanitaria, polita, sportiva, parrocchiale, ….. e questa Messa è il suo continuo donarsi a noi. Solo questo dovrebbe bastarci, ma siccome su questo pianeta ci sono altri modi di essere e di vivere, la Chiesa si deve confrontare sia per farsi presente la dove ancora non c’è, che per proteggere e salvaguardare il messaggio autentico del Signore, e i suoi fedeli e per far questo, assume stili, funzioni e strutture umane. "Noi pecchiamo, ma non pecca la Chiesa che è Tua ed è portatrice di fede". La fede è la risposta della Chiesa a Cristo; essa è Chiesa nella misura in cui è atto di fede. La quale fede non è un atto individuale, solitario, una risposta del singolo. Fede significa credere insieme, con tutta la Chiesa ».(card. Joseph Ratzinger, L'IDEA DI CHIESA, La facciata e il mistero) Così vivo le mie giornate con semplicità, ascoltando la mia gente, cercando di rispondere la dove sono capace, usando coscienza e soprattutto amandoli e servendoli con il mio ministero. Personalmente vivo in serenità di cuore, sapendo di essere uno strumento, se pur insufficiente e inadeguato, nelle mani di Dio attraverso i miei superiori. Non ho un carattere facile sono spigoloso, mi accendo facilmente se vedo la ragione o la purezza della situazione. Mi sento voce di chi non ha voce, ministro di giustizia e di carità, ognuno ha il suo compito e il suo ruolo, ma il mio è di ricordare la verità del Vangelo a me stesso e al cristiano. Ovviamente la verità è una sola e a Dio chiedo solo di essere sempre capace di imparzialità e giustizia attraverso l’amore. Sufficientemente allegro per far comprendere la bellezza di avere Dio come amico, sufficientemente serio, per far comprendere la profondità del mistero di Dio che si fa uomo, sufficientemente attento, per vivere su questa terra. Non so se sono migliorato in questi vent’anni davanti a Dio o agli uomini, probabilmente no, ma so con certezza che Dio mi ama e si serve di me.
“1 Se anche parlassi le lingue degli uomini e degli angeli, ma non avessi la carità, sono come un bronzo che risuona o un cembalo che tintinna. 2 E se avessi il dono della profezia e conoscessi tutti i misteri e tutta la scienza, e possedessi la pienezza della fede così da trasportare le montagne, ma non avessi la carità, non sono nulla. 3 E se anche distribuissi tutte le mie sostanze e dessi il mio corpo per esser bruciato, ma non avessi la carità, niente mi giova. 4 La carità è paziente, è benigna la carità; non è invidiosa la carità, non si vanta, non si gonfia, 5 non manca di rispetto, non cerca il suo interesse, non si adira, non tiene conto del male ricevuto, 6 non gode dell'ingiustizia, ma si compiace della verità. 7 Tutto copre, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta. 8 La carità non avrà mai fine. Le profezie scompariranno; il dono delle lingue cesserà e la scienza svanirà. 9 La nostra conoscenza è imperfetta e imperfetta la nostra profezia. 10 Ma quando verrà ciò che è perfetto, quello che è imperfetto scomparirà. 11 Quand'ero bambino, parlavo da bambino, pensavo da bambino, ragionavo da bambino. Ma, divenuto uomo, ciò che era da bambino l'ho abbandonato. 12 Ora vediamo come in uno specchio, in maniera confusa; ma allora vedremo a faccia a faccia. Ora conosco in modo imperfetto, ma allora conoscerò perfettamente, come anch'io sono conosciuto. 13 Queste dunque le tre cose che rimangono: la fede, la speranza e la carità; ma di tutte più grande è la carità!” (1 Corinzi 1 -13)
Queste parole dell’Apostolo Paolo risuonano continuamente nel mio cuore e animano la mia preghiera e la mia azione. Apro la mia agenda, scorro i giorni le ore e cosa vedo? Cosa vi posso raccontare? Vedo nomi, situazioni, occhi pieni di lacrime, sorrisi, preoccupazioni, volti tristi, e volti allegri, volti sudati e forti, volti impegnati, domande sulla vita, su Dio, sulla sofferenza, vedo speranza … questi i miei impegni quotidiani: la mia gente.
Ogni mia settimana ha il suo centro nella preghiera, questa scandisce i miei impegni e le mie attività. La celebrazione della Santa Messa è al centro di ogni giornata e ad essa orientata.
Il giorno dell’Ordinazione Presbiterale il Vescovo pronunciava queste parole rivolgendosi agli ordinandi: “Ricevi le offerte del popolo santo per il sacrificio eucaristico. Renditi conto di ciò che farai, imita ciò che celebrerai. Conforma la tua vita al mistero della Croce di Cristo Signore.” Così ogni giorno celebro la S. Messa per e con i miei soldati.
Essere prete è l’esperienza più bella della mia vita e mi ritengo fortunato di esserlo in questa porzione della Sua Vigna tra i militari.
Quando si è giovani e si è ancora in formazione si pensa a mille cose, del futuro ministero, degli impegni, dell’annuncio, degli studi, della carriera … talvolta con incoscienza e anche presunzione, poi il tempo, le situazioni e un po’ di sana umiltà fanno capire che sei un povero strumento scelto da Dio per i suoi disegni e non i nostri e che non necessariamente ha scelto i migliori e comunque non sempre sceglie i migliori.
Con il tempo cresci e ti si aprono delle porte differenti e capisci pian piano quale grande dono hai tra le mani e quale grande responsabilità devi gestire. Dopo vent’anni di Sacerdozio, pochi o tanti che siano, posso dire che solo la preghiera è la vera anima del nostro essere sacerdote, delle nostre azioni pastorali. L’ubbidienza nella preghiera del “sia fatta la tua volontà”, sia in termini di impiego, che di vita personale, sono fondamentali. Così facendo dai valore alle cose vere e anche se la personalità di ognuno rischia di essere sempre la stessa, la capacità di confronto e di adorazione del Signore ti danno la giusta prospettiva. Facendo il sacerdote in un ambiente che non è di frontiera, ma neppure di parrocchia come la intendiamo noi, il confronto è ad alto livello e una buona fetta di questo confronto è sull’esperienza Chiesa, chiesa intesa come istituzione, storia, potere, politica … e non sempre è facile da far comprendere. I linguaggi che la Chiesa, nella storia, ha dovuto assumere per mantenere integro il messaggio autentico del Vangelo, sono differenti e con il senno di poi giudicabili, ma sempre è la Chiesa di Cristo. Viviamo in un epoca dove tutto è il contrario di tutto e tutto deve essere messo in discussione a ragione o meno, questo, ovviamente, rende difficile e impegnativo, sia la nostra mediazione che l’autenticità della nostra testimonianza. In questi mesi di Missione con i nostri soldati, molte sono le occasioni di dialogo, di confronto e anche di catechesi, intesa come dialogo personale, approfondimento di alcune tematiche morali, spirituali, storiche, pastorali e anche tempo in più per la preghiera e la riflessione personale, anima del nostro ministero e dell’essenza del Sacerdozio. In questo mi sento veramente fortunato, il poter dedicare tempo a Dio con tranquillità, aver tempo per riflettere, leggere, studiare e penare il modo dell’annuncio adatto alla situazione, tempo per il dialogo personale con la mia gente, la possibilità di confortare, di ridere con chi ride e piangere con chi piange, assicurare serenità e una parola affettuosa, rispondere alle loro domande di vita, di fede, di servizio, è una grazia straordinaria del mio ministero tra i soldati. Questa è la Chiesa, quella che talvolta critichiamo, ma è la Chiesa che ci assicura Cristo in ogni suo atto dal Papa all’ultimo dei suoi preti. Quando diventi un po’ più grande e riesci a capire i tuoi limiti e ti concentri solo sulla tua vita dedicata a Cristo e non al fare le cose, all’essere qualcuno, ma solo ad essere te stesso con Cristo e davanti a Lui e al suo popolo, allora tutto diventa chiaro, semplice, sereno. La Chiesa ha dei limiti, ovviamente, perché è fatta da uomini, ma è santa perché annuncia Cristo, è voluta da Lui ed è il suo corpo, la sua presenza, la sua mediazione. Nella storia bimillenaria, ci sono alti e bassi, ma è la Chiesa di Dio. In questa Chiesa Cristo si fa presente in modo eccezionale nell’Eucaristia e nell’azione pastorale: educativa, sanitaria, polita, sportiva, parrocchiale, ….. e questa Messa è il suo continuo donarsi a noi. Solo questo dovrebbe bastarci, ma siccome su questo pianeta ci sono altri modi di essere e di vivere, la Chiesa si deve confrontare sia per farsi presente la dove ancora non c’è, che per proteggere e salvaguardare il messaggio autentico del Signore, e i suoi fedeli e per far questo, assume stili, funzioni e strutture umane. "Noi pecchiamo, ma non pecca la Chiesa che è Tua ed è portatrice di fede". La fede è la risposta della Chiesa a Cristo; essa è Chiesa nella misura in cui è atto di fede. La quale fede non è un atto individuale, solitario, una risposta del singolo. Fede significa credere insieme, con tutta la Chiesa ».(card. Joseph Ratzinger, L'IDEA DI CHIESA, La facciata e il mistero) Così vivo le mie giornate con semplicità, ascoltando la mia gente, cercando di rispondere la dove sono capace, usando coscienza e soprattutto amandoli e servendoli con il mio ministero. Personalmente vivo in serenità di cuore, sapendo di essere uno strumento, se pur insufficiente e inadeguato, nelle mani di Dio attraverso i miei superiori. Non ho un carattere facile sono spigoloso, mi accendo facilmente se vedo la ragione o la purezza della situazione. Mi sento voce di chi non ha voce, ministro di giustizia e di carità, ognuno ha il suo compito e il suo ruolo, ma il mio è di ricordare la verità del Vangelo a me stesso e al cristiano. Ovviamente la verità è una sola e a Dio chiedo solo di essere sempre capace di imparzialità e giustizia attraverso l’amore. Sufficientemente allegro per far comprendere la bellezza di avere Dio come amico, sufficientemente serio, per far comprendere la profondità del mistero di Dio che si fa uomo, sufficientemente attento, per vivere su questa terra. Non so se sono migliorato in questi vent’anni davanti a Dio o agli uomini, probabilmente no, ma so con certezza che Dio mi ama e si serve di me.
Il Diario del Cappellano Militare (n.4)
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Le feste di Natale sono veramente
piene di gioia cristiana, di quella autentica e vera. La più bella esperienza è
senz’altro quella della preghiera che si vive nella liturgia e vissuta in
teatro operativo assume un fascino tutto particolare. Per un Parroco, un Cappellano,
la Chiesa è il luogo privilegiato perché con tutta la comunità si celebrano le
liturgie nella maniera migliore. E anche qui in Afganistan a Bala Mourghab,
anche se non abbiamo una grande e bella chiesa, abbiamo però un luogo decoroso
dove è conservata l’Eucaristia e dove ogni giorno viene celebra solennemente la
S. Messa: è il luogo ideale per la preghiera e l’incontro con il Signore. Un luogo,
esternamente, che non dice nulla, ma come varchi la soglia del bunker entri come
in una cripta antica, decorosa dove tutto parla di Dio. La Vigilia è iniziata
con la visita ai militari dislocati nelle COPs per celebrare con loro il Natale
del Signore e scambiarci gli auguri, accompagnato dal Comandante della TF North
e dalla scorta, abbiamo raggiunto le varie sedi e celebrato il Santo Natale. La
mia giornata era cominciata molto presto con l’Ufficio delle letture, le lodi e
la meditazione. Esperienza unica e singolare dove
il cuore e gli occhi dei nostri soldati hanno creato il bello e il grande delle
nostre tradizioni cristiane, dove il loro sorriso stanco, ma sereno e le loro
confidenze sincere, hanno dato luce ai poveri ambienti dove ho celebrato la S.
Messa con loro e per loro. Poche cose, piccoli segni semplici, ma belli e fatti
con il cuore e tanta fantasia: un
presepe di pane, un albero di ferro e rete scenografica, statue disegnate nella
carta. Rientrati poi, in FOB, in orario
serale, ma non notturno, per ovvi motivi di servizio, la Solenne Celebrazione
Eucaristica nella tenda riunioni, trasformata, per l’occasione, con poche cose in
una bella Chiesa Parrocchiale, la nostra Cattedrale, ricordo e immagine delle
chiese dei nostri paesi, delle nostre citta e unita alla tenda della mensa -
tramite il prezioso lavoro della componente trasmissioni - abbiamo celebrato la
S. Messa solenne della notte. Tutti erano presenti, nessuno
mancava … l’atmosfera era quella di casa, perché il cuore era con quello di casa … accompagnati dal
coro virtuale, della mia Base in Patria, “Sursum Corda”, che gentilmente ci aveva registrato tutti i
canti della Santa Messa in modo da offrici una base per cantare noi qui e un
piccolo foglietto, ci hanno guidato per seguire canti e sostenere meglio la
nostra preghiera. Tutto è stato perfetto, tutto splendido per il Signore. Meno
distrazioni esteriori, ma il cuore gonfio di commozione ha creato un concerto
eccezionale. Una vera gara di arte e di bellezza per celebrare la nascita del
Redentore: un pezzo di tronco, qualche candela, un disegno, un piccolo bambino
di terra cotta, mandatoci dalla mamma di una nostra soldatessa, una tovaglia
bianca, il cuore gonfio di emozione, i cuoi luci dei nostri soldati … hanno fatto
della tenda la nostra Cattedrale. Al termine della celebrazione, gli auguri sereni
e affettuosi, del Comandante della TF North – Col. Luigi Viel - e una fetta di
panettone ci hanno ricordato casa. Così si è conclusa la serata:
presto, per riprendere il nostro servizio all’indomani e vivere il Natale nel
nostro continuo servizio alla Pace, vero dono del Natale. Il giorno di Natale in serata in
cappellina i Secondi Vespri in cui ho cantato l’antifona al Magnificat “Hodie
Christus natus est”. E’ quella per cui Mozart avrebbe dato tutta la sua musica.
Momento semplice, ma di grande preghiera e il canto gregoriano, forse non
perfetto, ha creato quel clima di sacro che ha ricordato le nostre terre e le
nostre tradizioni. Avevo cominciato la giornata continuando il giro di visite e
celebrando tra gli amici delle COPs, con il Comandante. Momenti, questi, che
sono stati la vera grazia e gioia di questo Natale a Bala Mourghab, stare con
la mia gente, pregare con la mia gente là dove lavora e serve. Nell’ultimo giorno dell’anno ho
celebrato la S. Messa di ringraziamento nella Cappellina/Bunker del Campo,
invocando l’intercessione di Maria e dei Santi per i doni ricevuti nell’anno. In
serata, dopo cena, un momento di raccoglimento nella tenda della mensa, per un
gesto, una parola, un augurio: abbiamo acceso una candela uniti nell’iniziativa
con le nostre famiglie a casa, per ricordare i caduti e rimanere uniti: il
bagliore di quella candela era simbolo della luce negli occhi dei nostri
soldati, una parola di spiegazione, la preghiera del Padre Nostro, gli occhi
lucidi dei nostri soldati, l’augurio di serenità del Comandante, un brindisi
veloce e uno scambio sincero di auguri hanno concluso il breve momento e
riportato tutti a dormire per riprendere il lavoro del giorno seguente. Ora vorrei lasciarvi il pensiero di
un vescovo che mi permetto di chiamare martire: (prendo dall’Omelia inedita di
Mons. Luigi Padovese, Natale 2008 - frate cappuccino, vicario apostolico per
l’Anatolia, ucciso il 3 giugno 2010.) “…
Avete fatto il sacrificio di rinunciare a qualche ora di sonno per festeggiare
la nascita di Gesù che ha dato alla nostra vita un senso ed una speranza.
Saluto anche i fratelli musulmani che partecipano alla nostra gioia. Quello che
ci unisce a loro è la constatazione che Dio, attraverso i suoi profeti, ci
indica la strada da percorrere e quindi ha interesse per l’umanità che ha
creato. Per essi Gesù è il grande profeta inviato per parlarci di Dio ed in
nome di Dio. Per noi Cristo è l’espressione umana dell’amore di Dio, anzi il
Dio con-noi, Emmanuele. Quanto accomuna noi e loro è pertanto la certezza che
Dio ci ama e non ci abbandona…” Questa la nostra certezza, questo
lo spirto con cui abbiamo vissuto le feste del Natale qui in Afganistan.
Omelia della Notte: Bala Mourghab - Afganistan S. Natale 2011
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Miei
carissimi amici,
è con la commozione negli occhi che questa notte, sotto questa tenda celebro con voi e per voi l’Eucaristia nella festa della Nascita del nostro Signore Gesù.
Un Natale particolare: lontani, in una terra per tradizione e cultura non cristiana, senza le nostre famiglie, in un periodo storico burrascoso, sia politicamente, che socialemnte e religiosamente, dove tutto sembra andar male, tutto sembra crollare, le nostre certezze finire, ma una speranza abbimo ancora nel cuore tutti e questa notte la voglio gridare al mondo “God is Back”, Dio è tornato.
Prendo spunto dall’Arcivescovo di Cagliari Mons. Giuseppe Mani, già nostro Ordinario Militare, negli auguri alla Diocesi.
“God is Back”, è il titolo di un libro scritto da due giornalisti di “The economist” col sottotitolo “Come il revival globale della fede cambierà il mondo”. Micklethwait e Wooldridge, i due autori del libro, fanno notare come fino a pochi decenni fa nel panorama mondiale vi era una netta prevalenza dei partiti politici all’insegna dell’ateismo.
Ora le cose sono cambiate.
Per quanto riguarda l’Europa Nicolas Sarkozy ha dichiarato al Papa che “bisogna abbandonare la laicità negativa per passare a quella positiva”. Si aggiunga la fede dichiarata di Angela Merkel, di Tony Blair di Gordon Brown. Obama, nella sua autobiografia, si presenta come un cristiano convinto. “Sono un cristiano per scelta. Penso che comprendere che Gesù Cristo è morto per i miei peccati ci riveli quell’umiltà che tutti dobbiamo avere in quanto esseri umani”.
I due giornalisti dell”Economist concludono citando, poi, uno studio sul trend dell’adesione mondiale alle quattro maggiori (numericamente) religioni (Cristianesimo, Islam, buddismo, induismo).
Nell’anno 1900 il 67 per cento, nell’anno 2005 il 73 per cento, nel 2050 la previsione è dell’ 80 per cento. Se si aggiungono le altre religioni sembra di dover concludere che tra qualche decennio il pianeta sarà quasi interamente abitato da persone che dichiarano di avere una religione. “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Salmo) .
Ma Dio è davvero tornato?
Dicono gli atei che Dio è un’invenzione dell’uomo.
Proprio così, è vero. L’uomo deve inventare Dio esattamente come Alessandro Volta inventò la Pila e come Freud inventò il subconscio. Non hanno creato nientedi nuovo. Si sono accorti di ciò che esisteva. Inventare nel senso latino di “invenire” vuol dire trovare, vuol dire scoprire. Gli uomini generalmente non hanno difficoltà ad usare le cose inventate dagli altri. Solo nel caso della ricerca di Dio preferiscono trovarlo da se. O almeno ci provano ma alla fine non disdegnano una strada già battuta, seguire una stella sicura.
Il vero Dio si presenta all’uomo come Redentore, come Salvatore. E l’uomo lo può scoprire perché è venuto tra noi. Dice Sant’Agostino che “l’incarnazione è l’adozione completa in uno solo di tutta l’umanità solidale.” Dio ha adottato tutto. Ha assunto tutto e proprio perché è Salvatore si è reso presente dov’è il male, dov’è il peccato, dov’è il limite, l’odio ….
E questo perché accanto alla guerra ci sia sempre la possibilità della pace e della ricostruzione; accanto alla caduta più vergognosa ci sia la possibilità della resurrezione; accanto al limite la gioia della pienezza.
Dio ha assunto tutto perché “Ciò che non è assunto non può essere salvato”(Greg. Naz.).
Scoprire Dio accanto al degrado peggiore dell’umanità è la nostra avventura, il nostro viaggio verso Betlemme.
Scoprirlo accanto alla piaga della guerra, dell’odio, del terrorismo per salvare le vittime: bambini, donne … un popolo.
Scoprirlo accanto all’approfittatore, per gridare che gli altri sono i nostri fratelli, allo sfruttatore dei poveri e dei semplici per riportare la giustizia e la pace,
scoprirlo accanto a chi ha mancato di fedeltà alla propria moglie, alla propria fidanzata/o e ai propri figli, alla propria vocazione, alla propria vita per ricostruire ciò che l’uomo ha rovinato.
Scoprire questo Dio nascosto è scoprire che il mondo non può fare a meno di Dio e che questo è quel Dio di cui l’uomo ha bisogno. Questo è il vero Dio, quello che è nel tuo cuore.
Anche in momenti storici difficili, o in persone laiche … Dio non si è mai nascosto.
Dopo la II Crociata, ci fu un periodo di pace a Gerusalemme, il Re occidentale e il Sultano orientale decisero di rispettarsi e che i luoghi santi erano santi per tutti. Dio, qualsiasi nome gli diamo è sempre Dio e per Lui dobbiamo amarci e rispettarci. Questa è la speranza ancora oggi che ci possa essere un mondo migliore.
In epoca più recente Charles Chaplin nel film il Dittatore così dice: "Ho perdonato errori quasi imperdonabili, ho provato a sostituire persone insostituibili e dimenticato persone indimenticabili. Ho agito per impulso, sono stato deluso dalle persone che non pensavo lo potessero fare, ma anch’io ho deluso. Ho tenuto qualcuno tra le mie braccia per proteggerlo; mi sono fatto amici per l’eternità. Ho riso quando non era necessario, ho amato e sono stato riamato, ma sono stato anche respinto. Sono stato amato e non ho saputo ricambiare. Ho gridato e saltato per tante gioie, tante. Ho vissuto d’amore e fatto promesse di eternità, ma mi sono bruciato il cuore tante volte! Ho pianto ascoltando la musica o guardando le foto. Ho telefonato solo per ascoltare una voce. Io sono di nuovo innamorato di un sorriso. Ho di nuovo creduto di morire di nostalgia e… ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale (che ho finito per perdere)… ma sono sopravvissuto! E vivo ancora! E la vita, non mi stanca… E anche tu non dovrai stancartene. Vivi! È veramente buono battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perchè il mondo appartiene a chi osa! LA VITA È TROPPO BELLA per essere insignificante!"
Fatti storici del mondo, parole di uomini laici, che dicono al nostro cuore Dio, amore, passione, impegno…
Così voglio parlare al vostro cuore questa notte: da uomo, da amico, collega e sacerdote e dirvi di fare spazio a questo Dio, fare spazio all’amore vero, al servizio autentico e allora la nostra presenza qui con tutti i disagi sarà servita a qualche cosa, se non altro a noi a comprendere quanto siano importanti le piccole cose di tutti i giorni.
La fede in Dio, qualunque nome gli diamo, è per riconoscere che senza di Lui nulla è possibile.
Sentite spesso, in questa Base, il muezzin che richiama alla preghiera, ci aiuti il canto di questo popolo a ricordarci che Dio è e sarà nella nostra vita sempre …. Inventarlo, scoprirlo spetta a noi. Un Dio che non deve essere strumentalizzato, ma amato e imitato.
Ora prima di chiudere questo semplice messaggio, riandiamo alla capanna di Betlemme dove tutto ci parla di povertà.
Da quando giro il mondo sia in Missione che per altri motivi, parlare di povertà di Gesù forse sembra di essere fuori tempo.
Oggi un bimbo che non nasce, è più povero di Gesù, un bimbo che viene abbandonato è più povero di Gesù, un bambino che viene ucciso per motivi diversi del nostro mondo moderno è più povero di Gesù … ma nella capanna, anche se povero di tutto, Dio non si fa mancare l’amore di una mamma e di un papà. Allora di che povertà parla Dio nascendo in una capanna?
Ci dice, che si può fare a meno di tutto, ma non di una mamma e un papà, non può mancare l’amore e questo sta a dire che la povertà non è miseria, non avere una famiglia è il vero dramma oggi e allora a noi che celebriamo questo Natale, sapendo di avere una famiglia, anche se lontana, ci apre la speranza che tutto può veramente cambiare se non ci faremo mancare l’amore, la dolcezza, la bellezza dei sentimenti, degli ideali e dei gesti.
Solo con questa certezza di voler cercare Dio e l’impegno a trovarlo presente nella nostra vita, senza relegarlo a un aspetto superstizioso, o a luoghi comuni, cambierà la nostra vita.
Se sappiamo diventare protagonisti della nostra vita senza diventare banali nei discorsi, rinunciando a ragionare a conoscere senza lasciarci guidare dal pensare comune o dalla tristezza interiore di una società vuota, scopriremo che tutto è possibile, se ognuno di noi saprà riconoscere che Dio non è lui, ma che di Lui ha bisogno per vivere una vita da protagonista.
Dio è tornato nella tua vita?
O pensi di poter farne a meno?
Senza la capacità di capire che siamo di passaggio e che siamo alla ricerca di valori come l’amore, il donarsi gli uni agli altri, la nostra esistenza sarà insignificante.
Cambia rotta, cambia modo di parlare, di leggere ciò che accade, cambia modo di comportarti non essere egoista e allora i bambini che vedi e che ti fanno tanta tenerezza ti ricordano i grandi doni che hai nella tua vita e sarai di aiuto a chi questa vita non riesce a viverla con il sorriso nel cuore.
Miei carissimi amici, alle vostre famiglie ho detto di guardare il cielo questa notte e di incontrarci nelle stelle e che quel semplice gesto ci unirà nella preghiera e sarà la nostra carezza a chi amiamo.
Guardate la stella, cercate di stupirvi delle piccole cose e il vostro cuore si riempirà di meraviglia e di grandezza.
Ora, carissimi, con il Natale Dio viene, non è il compleanno di Gesù Bambino, viene oggi. “Hodie Christus natus est”. “ Il tempo è una illusione reale, esiste solo la simultaneità” Attenzione! Gesù viene davvero, viene per incontrarti e perché tu lo presenti agli amici.
Lasciatemi concludere con questa preghiera della Beata Madre Teresa di Calcutta
E’ Natale ogni volta che
sorridi a un fratello e gli tendi la mano.
E’ Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
E’ Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi ai margini della società
E’ Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
E’ Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
E’ Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.
E voglio aggiungere - da alcune persone, vostre famiglie, che mi hanno scritto - che é’ Natale, quando riabbraccerete le vostre famiglie
E’ Natale, quando il bambino (uno dei vostri) che ha scritto la letterina a Gesù Bambino chiedendo come unico regalo di avere con se il suo papà à Natale, sarà Natale.
E’ Natale, quando il vostro cuore saprà amare e farsi amare, quando la vita sarà bella per quello che è e non per quello che vorreste fosse. E’ Natale anche qui a Bala Mourghab, lontano da tutto e da tutti, ma con Dio nel nostro cuore che ci rende presente tutti.
Perdonate questo ricordo lontano nel tempo. Anni fa partecipai ai funerali di un carabiniere ucciso, la figlia quel giorno disse: “Papà so quanto è difficile essere figlia di un carabiniere, ma sono orgogliosa di essere figlia di un carabiniere”.
Noi siamo orgogliosi di essere quello che siamo, questa è la vita vissuta, questo è il cuore ricco di amore, questa è la nostra vita: essere orgogliosi di ciò che siamo e di ciò che facciamo. Tutto ciò ci permetterà di essere autentici, perché tutti questi valori sono dentro di noi, imparati la focolare di casa, alla scuola delle nostre tradizioni, della nostra cultura, della nostra Patria e noi li doniamo con la nostra vita e il nostro servizio.
E’ Natale allora quando viviamo autenticamente la nostra vocazione di uomini, militari e cristiani.
Auguri a tutti voi e che il bambino di Betlemme riaccenda in noi la voglia di essere positivi sempre alla ricerca del bello che c’è dentro e attorno a noi.
Buon Natale, con la luce delle stelle nel nostro cuore che riflette nei nostri occhi e dicono al mondo che Dio è tornato, perché finché un bambino nasce su questa terra, Dio non si è stancato di noi.
Chiamando le vostre famiglie, le persone che a casa vi aspettano, non fategli mancare una carezza dicendogli: Ti Voglio Bene.
Auguri.
è con la commozione negli occhi che questa notte, sotto questa tenda celebro con voi e per voi l’Eucaristia nella festa della Nascita del nostro Signore Gesù.
Un Natale particolare: lontani, in una terra per tradizione e cultura non cristiana, senza le nostre famiglie, in un periodo storico burrascoso, sia politicamente, che socialemnte e religiosamente, dove tutto sembra andar male, tutto sembra crollare, le nostre certezze finire, ma una speranza abbimo ancora nel cuore tutti e questa notte la voglio gridare al mondo “God is Back”, Dio è tornato.
Prendo spunto dall’Arcivescovo di Cagliari Mons. Giuseppe Mani, già nostro Ordinario Militare, negli auguri alla Diocesi.
“God is Back”, è il titolo di un libro scritto da due giornalisti di “The economist” col sottotitolo “Come il revival globale della fede cambierà il mondo”. Micklethwait e Wooldridge, i due autori del libro, fanno notare come fino a pochi decenni fa nel panorama mondiale vi era una netta prevalenza dei partiti politici all’insegna dell’ateismo.
Ora le cose sono cambiate.
Per quanto riguarda l’Europa Nicolas Sarkozy ha dichiarato al Papa che “bisogna abbandonare la laicità negativa per passare a quella positiva”. Si aggiunga la fede dichiarata di Angela Merkel, di Tony Blair di Gordon Brown. Obama, nella sua autobiografia, si presenta come un cristiano convinto. “Sono un cristiano per scelta. Penso che comprendere che Gesù Cristo è morto per i miei peccati ci riveli quell’umiltà che tutti dobbiamo avere in quanto esseri umani”.
I due giornalisti dell”Economist concludono citando, poi, uno studio sul trend dell’adesione mondiale alle quattro maggiori (numericamente) religioni (Cristianesimo, Islam, buddismo, induismo).
Nell’anno 1900 il 67 per cento, nell’anno 2005 il 73 per cento, nel 2050 la previsione è dell’ 80 per cento. Se si aggiungono le altre religioni sembra di dover concludere che tra qualche decennio il pianeta sarà quasi interamente abitato da persone che dichiarano di avere una religione. “Il nostro cuore è inquieto finché non riposa in te” (Salmo) .
Ma Dio è davvero tornato?
Dicono gli atei che Dio è un’invenzione dell’uomo.
Proprio così, è vero. L’uomo deve inventare Dio esattamente come Alessandro Volta inventò la Pila e come Freud inventò il subconscio. Non hanno creato nientedi nuovo. Si sono accorti di ciò che esisteva. Inventare nel senso latino di “invenire” vuol dire trovare, vuol dire scoprire. Gli uomini generalmente non hanno difficoltà ad usare le cose inventate dagli altri. Solo nel caso della ricerca di Dio preferiscono trovarlo da se. O almeno ci provano ma alla fine non disdegnano una strada già battuta, seguire una stella sicura.
Il vero Dio si presenta all’uomo come Redentore, come Salvatore. E l’uomo lo può scoprire perché è venuto tra noi. Dice Sant’Agostino che “l’incarnazione è l’adozione completa in uno solo di tutta l’umanità solidale.” Dio ha adottato tutto. Ha assunto tutto e proprio perché è Salvatore si è reso presente dov’è il male, dov’è il peccato, dov’è il limite, l’odio ….
E questo perché accanto alla guerra ci sia sempre la possibilità della pace e della ricostruzione; accanto alla caduta più vergognosa ci sia la possibilità della resurrezione; accanto al limite la gioia della pienezza.
Dio ha assunto tutto perché “Ciò che non è assunto non può essere salvato”(Greg. Naz.).
Scoprire Dio accanto al degrado peggiore dell’umanità è la nostra avventura, il nostro viaggio verso Betlemme.
Scoprirlo accanto alla piaga della guerra, dell’odio, del terrorismo per salvare le vittime: bambini, donne … un popolo.
Scoprirlo accanto all’approfittatore, per gridare che gli altri sono i nostri fratelli, allo sfruttatore dei poveri e dei semplici per riportare la giustizia e la pace,
scoprirlo accanto a chi ha mancato di fedeltà alla propria moglie, alla propria fidanzata/o e ai propri figli, alla propria vocazione, alla propria vita per ricostruire ciò che l’uomo ha rovinato.
Scoprire questo Dio nascosto è scoprire che il mondo non può fare a meno di Dio e che questo è quel Dio di cui l’uomo ha bisogno. Questo è il vero Dio, quello che è nel tuo cuore.
Anche in momenti storici difficili, o in persone laiche … Dio non si è mai nascosto.
Dopo la II Crociata, ci fu un periodo di pace a Gerusalemme, il Re occidentale e il Sultano orientale decisero di rispettarsi e che i luoghi santi erano santi per tutti. Dio, qualsiasi nome gli diamo è sempre Dio e per Lui dobbiamo amarci e rispettarci. Questa è la speranza ancora oggi che ci possa essere un mondo migliore.
In epoca più recente Charles Chaplin nel film il Dittatore così dice: "Ho perdonato errori quasi imperdonabili, ho provato a sostituire persone insostituibili e dimenticato persone indimenticabili. Ho agito per impulso, sono stato deluso dalle persone che non pensavo lo potessero fare, ma anch’io ho deluso. Ho tenuto qualcuno tra le mie braccia per proteggerlo; mi sono fatto amici per l’eternità. Ho riso quando non era necessario, ho amato e sono stato riamato, ma sono stato anche respinto. Sono stato amato e non ho saputo ricambiare. Ho gridato e saltato per tante gioie, tante. Ho vissuto d’amore e fatto promesse di eternità, ma mi sono bruciato il cuore tante volte! Ho pianto ascoltando la musica o guardando le foto. Ho telefonato solo per ascoltare una voce. Io sono di nuovo innamorato di un sorriso. Ho di nuovo creduto di morire di nostalgia e… ho avuto paura di perdere qualcuno molto speciale (che ho finito per perdere)… ma sono sopravvissuto! E vivo ancora! E la vita, non mi stanca… E anche tu non dovrai stancartene. Vivi! È veramente buono battersi con persuasione, abbracciare la vita e vivere con passione, perdere con classe e vincere osando, perchè il mondo appartiene a chi osa! LA VITA È TROPPO BELLA per essere insignificante!"
Fatti storici del mondo, parole di uomini laici, che dicono al nostro cuore Dio, amore, passione, impegno…
Così voglio parlare al vostro cuore questa notte: da uomo, da amico, collega e sacerdote e dirvi di fare spazio a questo Dio, fare spazio all’amore vero, al servizio autentico e allora la nostra presenza qui con tutti i disagi sarà servita a qualche cosa, se non altro a noi a comprendere quanto siano importanti le piccole cose di tutti i giorni.
La fede in Dio, qualunque nome gli diamo, è per riconoscere che senza di Lui nulla è possibile.
Sentite spesso, in questa Base, il muezzin che richiama alla preghiera, ci aiuti il canto di questo popolo a ricordarci che Dio è e sarà nella nostra vita sempre …. Inventarlo, scoprirlo spetta a noi. Un Dio che non deve essere strumentalizzato, ma amato e imitato.
Ora prima di chiudere questo semplice messaggio, riandiamo alla capanna di Betlemme dove tutto ci parla di povertà.
Da quando giro il mondo sia in Missione che per altri motivi, parlare di povertà di Gesù forse sembra di essere fuori tempo.
Oggi un bimbo che non nasce, è più povero di Gesù, un bimbo che viene abbandonato è più povero di Gesù, un bambino che viene ucciso per motivi diversi del nostro mondo moderno è più povero di Gesù … ma nella capanna, anche se povero di tutto, Dio non si fa mancare l’amore di una mamma e di un papà. Allora di che povertà parla Dio nascendo in una capanna?
Ci dice, che si può fare a meno di tutto, ma non di una mamma e un papà, non può mancare l’amore e questo sta a dire che la povertà non è miseria, non avere una famiglia è il vero dramma oggi e allora a noi che celebriamo questo Natale, sapendo di avere una famiglia, anche se lontana, ci apre la speranza che tutto può veramente cambiare se non ci faremo mancare l’amore, la dolcezza, la bellezza dei sentimenti, degli ideali e dei gesti.
Solo con questa certezza di voler cercare Dio e l’impegno a trovarlo presente nella nostra vita, senza relegarlo a un aspetto superstizioso, o a luoghi comuni, cambierà la nostra vita.
Se sappiamo diventare protagonisti della nostra vita senza diventare banali nei discorsi, rinunciando a ragionare a conoscere senza lasciarci guidare dal pensare comune o dalla tristezza interiore di una società vuota, scopriremo che tutto è possibile, se ognuno di noi saprà riconoscere che Dio non è lui, ma che di Lui ha bisogno per vivere una vita da protagonista.
Dio è tornato nella tua vita?
O pensi di poter farne a meno?
Senza la capacità di capire che siamo di passaggio e che siamo alla ricerca di valori come l’amore, il donarsi gli uni agli altri, la nostra esistenza sarà insignificante.
Cambia rotta, cambia modo di parlare, di leggere ciò che accade, cambia modo di comportarti non essere egoista e allora i bambini che vedi e che ti fanno tanta tenerezza ti ricordano i grandi doni che hai nella tua vita e sarai di aiuto a chi questa vita non riesce a viverla con il sorriso nel cuore.
Miei carissimi amici, alle vostre famiglie ho detto di guardare il cielo questa notte e di incontrarci nelle stelle e che quel semplice gesto ci unirà nella preghiera e sarà la nostra carezza a chi amiamo.
Guardate la stella, cercate di stupirvi delle piccole cose e il vostro cuore si riempirà di meraviglia e di grandezza.
Ora, carissimi, con il Natale Dio viene, non è il compleanno di Gesù Bambino, viene oggi. “Hodie Christus natus est”. “ Il tempo è una illusione reale, esiste solo la simultaneità” Attenzione! Gesù viene davvero, viene per incontrarti e perché tu lo presenti agli amici.
Lasciatemi concludere con questa preghiera della Beata Madre Teresa di Calcutta
E’ Natale ogni volta che
sorridi a un fratello e gli tendi la mano.
E’ Natale ogni volta
che rimani in silenzio
per ascoltare l’altro.
E’ Natale ogni volta
che non accetti quei principi
che relegano gli oppressi ai margini della società
E’ Natale ogni volta
che speri con quelli che disperano
nella povertà fisica e spirituale.
E’ Natale ogni volta
che riconosci con umiltà
i tuoi limiti e la tua debolezza.
E’ Natale ogni volta
che permetti al Signore
di rinascere per donarlo agli altri.
E voglio aggiungere - da alcune persone, vostre famiglie, che mi hanno scritto - che é’ Natale, quando riabbraccerete le vostre famiglie
E’ Natale, quando il bambino (uno dei vostri) che ha scritto la letterina a Gesù Bambino chiedendo come unico regalo di avere con se il suo papà à Natale, sarà Natale.
E’ Natale, quando il vostro cuore saprà amare e farsi amare, quando la vita sarà bella per quello che è e non per quello che vorreste fosse. E’ Natale anche qui a Bala Mourghab, lontano da tutto e da tutti, ma con Dio nel nostro cuore che ci rende presente tutti.
Perdonate questo ricordo lontano nel tempo. Anni fa partecipai ai funerali di un carabiniere ucciso, la figlia quel giorno disse: “Papà so quanto è difficile essere figlia di un carabiniere, ma sono orgogliosa di essere figlia di un carabiniere”.
Noi siamo orgogliosi di essere quello che siamo, questa è la vita vissuta, questo è il cuore ricco di amore, questa è la nostra vita: essere orgogliosi di ciò che siamo e di ciò che facciamo. Tutto ciò ci permetterà di essere autentici, perché tutti questi valori sono dentro di noi, imparati la focolare di casa, alla scuola delle nostre tradizioni, della nostra cultura, della nostra Patria e noi li doniamo con la nostra vita e il nostro servizio.
E’ Natale allora quando viviamo autenticamente la nostra vocazione di uomini, militari e cristiani.
Auguri a tutti voi e che il bambino di Betlemme riaccenda in noi la voglia di essere positivi sempre alla ricerca del bello che c’è dentro e attorno a noi.
Buon Natale, con la luce delle stelle nel nostro cuore che riflette nei nostri occhi e dicono al mondo che Dio è tornato, perché finché un bambino nasce su questa terra, Dio non si è stancato di noi.
Chiamando le vostre famiglie, le persone che a casa vi aspettano, non fategli mancare una carezza dicendogli: Ti Voglio Bene.
Auguri.
Il Diario del Cappellano Militare: un'agenda particolare
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Come
sempre, anche qui, le mie giornate sono scandite dalle feste liturgiche e dai
momenti di preghiera quotidiani che creano gli spazi dell’incontro e
dell’azione. La
mia “agenda” non ha impegni ufficiali, ma ha gli impegni con il Signore e
attraverso questi l’incontro quotidiano con la mia gente. La mia agenda non ha
le date, ma le lettere, è una rubrica e a ogni lettera si trova il nome di una
persona con una situazione particolare: richiesta di preghiere, ricordo,
interessamento. Questa mia agenda è sempre con me, è accanto ai miei libri di
preghiera e sfogliandola leggo i nomi, ricordo i volti, le storie e le presento
al Signore. Così,
trascorro le mie giornate e le mie settimane accanto ai nostri soldati, qui in
questa terra lontana in missione a contribuire e collaborare alla ricostruzione
della dignità, della pace, e della sicurezza di una nazione, accompagnando
questo popolo e le sue organizzazioni governative, affinché possa rinascere.
Anche così si aiuta a limitare e circoscrivere chi vuole distruggere, opprimere
… aiutando a dare voce a chi non ha voce. Il
mio lavoro è, quindi, educare i cuori, ascoltare le loro parole, condividere il
loro cammino come amico, fratello, collega e sacerdote. Uno
degli appuntamenti più belli delle mie giornate: è saper ascoltare la voce dei
miei soldati che raccontano di casa, delle loro spose, dei loro figli, della
loro fidanzata/o, dei loro futuri progetti … alla sera quando mi ritiro nel mio
“piccolo eremo” ringrazio Dio di ciò che ho imparato, ascoltando questi
ragazzi, della loro fedeltà, della loro professionalità e nella preghiera
conclusiva della giornata, penso al mondo, alla società, ai giovani e mi
interrogo perché il male, il peccato, l’odio …. perché si critica sempre, si
mette in dubbio tutto … forse, manca la capacità di amare veramente, di
stimarsi, di stupirsi. Questi giovani soldati mi ricordano la grandezza di sapersi
sempre spendere gli uni per gli altri. Settimane
che passano caratterizzate, quindi, dall’incontro, dall’amicizia, dal dialogo,
uniti dalla preghiera costante, dalla celebrazione Eucaristica quotidiana, da
una parola di conforto, dall’equilibrio di un sorriso che vuole dire amore e
attenzione da parte di Dio, degli uomini, delle istituzioni. Fare
il soldato, come altre “vocazioni”, significa essere autentici nel cuore, e
dire soldato non vuol dire guerra, ma servizio, un servizio particolare: competente,
forte, perché si possa arriva là dove la logica umana non riesce a far breccia e
così facendo, si possa a tutti i costi protegge il debole con la forza deterrente
di una presenza competente e determinata, per dare spazio ad altri di operare
per la ricostruzione. Ragazzi
motivati da principi di giustizia, di carità, di amore, sentimenti che superano
i confini nazionali, per dire che è possibile costruire un mondo migliore fatto
di dignità e di pace, anche se imposta. Così arriva la comunità internazionale in
aiuto dei poveri e dei piccoli per far tacere e ragionare chi non capisce e
grida la sua verità, una verità che non è rispettosa degli altri. Queste,
le mie giornate, i miei appuntamenti, impegni quotidiani, settimanali e
mensili: incontrare Dio nei miei soldati, far incontrare Dio attraverso la mia
presenza, aprire il loro cuore, la loro anima, condividere un cammino, perché
solo condividendo, le parole diventano efficaci, così ci ha insegnato il
Signore. E
poi il mio impegno è anche mantenere i contatti con le famiglie, ascoltare le
mamme, le spose, i figli, le fidanzate/i … che attraverso i network mi
contattano. Le
giornate trascorrono come un qualsiasi parroco che visita la sua Parrocchia
attraverso le sue famiglie e celebra la vita della sua gente nell’Eucaristia e
nei Sacramenti. Visito
le varie componenti della Base, sto con loro, parlo con loro, li ascolto …
condiviso la loro vita, le loro ricorrenze, feste, nascite, momenti difficili …
condivido le loro difficoltà e preoccupazioni, amministro la grazia di Dio
nella Confessione, riscaldando il loro cuore. Li aiuto a fermarsi a riflettere
di fronte alle cose che accadano, gli indico un cammino personale di vita: preghiera,
lettura, film, musiche … lo stile di sapersi stupire e scoprire la grandezza di
Dio in tutto ciò che accade e così si cammina insieme sapendoci amati dal
Signore. Questo
il mio Diario che quotidianamente scrivo fissando le parole negli occhi dei
miei soldati.
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Pensieri ad alta voce, leggendo i giornali
Cambiare rotta si può … metti Cristo al centro.
Non giudicatemi male, nel leggermi, ma vuole solo essere una riflessione ad alta voce, per me stesso e per quella che è la mia vocazione, la mia fede, il mio servizio. Vi invito innanzitutto a leggere i giornali di ogni parte e corrente politica, ideologia, religiosa per crearvi uno spirito critico, onesto ed equilibrato e conoscere i fatti per quello che sono con i relativi commenti che ci vengono offerti. In questo modo creerai una coscienza e ti abituerai a confrontare le tue idee, le tue convinzioni, la tua fede con il pensiero di tutti e lì farai le tue scelte coerenti. Ora con queste premesse, così penso:
Se onestamente ci guardiamo intorno, vediamo che tutto il mondo che ci siamo costruiti, sta crollando, tutto quello che credevamo essere certezza, sta finendo e le sicurezze che credevamo di avere, svaniscono. Se guardiamo, da ogni parte del pianeta si vede che l’umanità è ormai alla deriva, si confonde la libertà di pensiero con anarchia. Si confonde la democrazia con fare quello che voglio. Si confonde la fede con la ricerca di “dei” vuoti: nelle cose, nelle persone che al momento crediamo essere dei modelli. Si confonde la cultura, come privilegio per dominare … e potremmo andare avanti all’infinito. Il pianeta soffre nelle sue strutture basi: aria, acqua, cibo, dignità, libertà, serenità. Sembra che la storia non ci abbia insegnato nulla, sembra che non ricordiamo, che non conosciamo …nulla è eterno, tutto passa, solo Dio rimane, non dimentichiamolo. L’ateismo dilagante, le sette religiose a miriadi, la gente superstiziosa: oroscopo, carte, magie varie …. sembriamo tornati al medioevo. Gente che parla senza sapere e conoscere i fatti, tutti scrivono, compreso io, gridando la sua verità, offrendo soluzioni vuote, criticando e basta, senza fare nulla di concreto per gli altri e quando qualcuno ci prova, solo cattiverie e denigrazioni. Le famiglie non esistono, le unioni di fatto o costruite, religiose o laiche giuste o spagliate, comunque le vogliamo chiamare, non durano. La chiesa soffre dal suo interno, i Papi richiamano preti e popolo, ma nessuno fa nulla, nessuno ascolta, anzi anche qui critiche e malignità. E così in tutti i settori della vita: polita, scuola, sanità …. dove sta la professionalità, la verità, la voglia di fare per gli altri, forse ci manca un po’ di umiltà. Ma il Signore ci aveva detto di amare, come Lui ci ama, ma ci siamo dimenticati tutto e ci siamo messi al Suo posto. Dando uno sguardo al pianeta potremmo dire che vince chi grida, vince chi porta avanti la pena di morte, la morte assistita, il suicidio legalizzato, l’aborto, la droga, il sesso fine a se stesso, l’odio, la discriminazione …. chi ha, più vuole avere, non c’è misura in nulla, chi ruba continua a rubare e chi muore di fame continua a morire di fame. Tutti pronti a puntare il dito che è sbagliato, ma non ci sono proposte se non senza senso o a proprio vantaggio e quelle intelligenti, passano senza accorgerci. Non ci va bene niente, tutto deve essere messo in discussione, come i bambini davanti alla mamma che richiama. I mezzi che ci siamo costruiti, segno della nostra genialità, ci si rivoltano contro non educando. Tv, informatica, ingegneria, fisica, medicina ecc…. siamo diventati un popolo, senza futuro, la speranza di farcela sembra lontana.
I giovani sono abbandonati a se stessi, la famiglia è malata, la scuola in difficoltà, la società distratta, la chiesa in balia delle onde di un mare in burrasca alla ricerca di richiamare tutto a tutti ma nessuno sembra ascoltare …. Abbiamo la speranza che il Signore che ci veda a correre come una pallina impazzita, ascolti la voce del suo popolo che soffre e grida il suo errore. Abbiamo la speranza che ognuno di noi riesca a riaprire gli occhi e a fidarsi di Lui, a rimettersi in gioco a costruire tra le nazioni: armonia, pace, serenità, collaborazione, tra i popoli: amore e rispetto, tra le religioni: una ricerca serena e nel dialogo. L’uomo, preso da se stesso, non prega più, ma giudica, l’uomo non lavora, ma si lamenta, l’uomo non costruisce, ma ammucchia.
A noi cristiani, certi che il Signore è il principe di questo mondo e della nostra vita, riprendiamo seriamente a pregare, ad essere seri ricercatori dello spirito, onesti con noi stessi e impegnati a lavorare in serietà, senza gridare agli altri, ma facendo per primi, dando il nostro contributo, nella discussione, nel confronto, nel rispetto. Che fine ha fatto l’etica, la professionalità, la deontologia della vita, la morale, la voglia di conoscere, di capire, di ragionare, di collaborare …. di rispettare tutti e tutto? La crisi che vive il pianeta è frutto della sua ingordigia, la crisi che soffre la società è il risultato della sua distrazione dalle cose vere, belle, intelligenti. Siamo mediocri, superficiali, distratti, non ci fidiamo di nessuno, non accettiamo nessuno, siamo egoisti, lamentosi e basta. A chi ci richiama ad una maggior serietà e a ragionarci sopra, che ci richiama ai valori veri, siamo solo pronti a criticare, chi cerca di fare qualche cosa di utile, lo giudichiamo e basta e questo, badate bene, non solo per chi sta in alto, ma a tutti i livelli, anche tra di noi.
I giovani sono “spocchiosi”, superbi, si sentono uomini e non sono neppure ragazzi, arrivati e neppure anno iniziato, ma sono loro sui quali dobbiamo scommettere, su di loro dobbiamo fondare il nuovo e con loro ricominciare a camminare dando voce, dando speranza, offrendo aiuto, lasciandoli sbagliare, ma sapendo indirizzare la strada: la famiglia, i genitori, gli educatori, la scuola, la chiesa, la società, il lavoro … dobbiamo riprendere il ruolo di educatori. Ogni persona, ogni aspetto, ogni lavoro deve riprendere questo ruolo con impegno e serietà: la tv seria, i libri intelligenti, i modelli di vita veri: preti, insegnanti, politici, scrittori, sportivi, cantanti, attori, imprenditori …. impariamo ad essere veri. Tutti abbiamo una responsabilità, allora, siamo seri professionisti i giovani ci guardano, uomini di polita, di chiesa, di scuola siate seri i giovani vi guardano.
Riprendiamo a sorridere, riprendiamo a sperare, riprendiamo ad impegnarci in prima persona, riprendiamo ad amare e a stimarci, non a giudicare, ad essere permalosi, a non farci guerre in casa, litigi in famiglia. Che le nostre parole non abbiano il sapore dell’odio, della sfida, della vendetta.
Aiutiamoci gli uni gli altri, rimettiamo Cristo al centro della vita e ci accorgeremo che i suoi comandamenti sono “la vita” e non una forzatura. Educhiamoci a stare insieme con dignità, rispetto, con le giuste regole della buona educazione, dell’eleganza. Il nostro ingegno ci ha fatto costruire cose meravigliose, usiamole per star bene non per odiarci non per dividerci.
Fermiamoci, allora, a fare un esame di coscienza e non dire, ma cosa posso fare io?, possiamo iniziare a fare diverso, dal tuo piccolo, dalla tua vita. E’ utopia? Forse, ma lasciatemi sperare in un mondo migliore dove il sorriso, il bene, l’amore potranno ritornare al primo posto.
Impariamo ad essere positivi, a gareggiare nello stimarci, a costruire a fare nel nostro piccolo il bene che vorremo. Iniziamo ad essere persone che sanno sperare, che sanno amare, che sanno credere. Cerchiamo di essere autentici.
Come cristiani questo impegno è determinante, unito alla preghiera costante rivolta al Signore del Creato, affinché ascolti la nostra voglia di migliorare, affinché veda il nostro impegno e scaldi il nostro cuore. Non lasciamoci travolgere da questa ondata di male, ma poniamo le basi per il bene, per il dialogo, per la pace tra di noi e dentro di noi. Cerchiamo le cose durature. Cristo è il nostro riferimento a Lui affidiamoci e in Lui confidiamo.
Che questo nuovo avvento segni l’inizio di un tempo nuovo in ognuno di noi. Non avere vergogna di dire chi sei al mondo, non avere vergogna di essere cristiano, non avere vergogna di pregare di andare a Messa, di pensare bene, di aiutare gli altri, di essere positivo, di sorridere, non avere vergogna di essere protagonista sereno della tua vita e della vita che ti circonda. Ritorniamo alle origini e troveremo la speranza per un mondo migliore.
Cambiare rotta si può … metti Cristo al centro.
Non giudicatemi male, nel leggermi, ma vuole solo essere una riflessione ad alta voce, per me stesso e per quella che è la mia vocazione, la mia fede, il mio servizio. Vi invito innanzitutto a leggere i giornali di ogni parte e corrente politica, ideologia, religiosa per crearvi uno spirito critico, onesto ed equilibrato e conoscere i fatti per quello che sono con i relativi commenti che ci vengono offerti. In questo modo creerai una coscienza e ti abituerai a confrontare le tue idee, le tue convinzioni, la tua fede con il pensiero di tutti e lì farai le tue scelte coerenti. Ora con queste premesse, così penso:
Se onestamente ci guardiamo intorno, vediamo che tutto il mondo che ci siamo costruiti, sta crollando, tutto quello che credevamo essere certezza, sta finendo e le sicurezze che credevamo di avere, svaniscono. Se guardiamo, da ogni parte del pianeta si vede che l’umanità è ormai alla deriva, si confonde la libertà di pensiero con anarchia. Si confonde la democrazia con fare quello che voglio. Si confonde la fede con la ricerca di “dei” vuoti: nelle cose, nelle persone che al momento crediamo essere dei modelli. Si confonde la cultura, come privilegio per dominare … e potremmo andare avanti all’infinito. Il pianeta soffre nelle sue strutture basi: aria, acqua, cibo, dignità, libertà, serenità. Sembra che la storia non ci abbia insegnato nulla, sembra che non ricordiamo, che non conosciamo …nulla è eterno, tutto passa, solo Dio rimane, non dimentichiamolo. L’ateismo dilagante, le sette religiose a miriadi, la gente superstiziosa: oroscopo, carte, magie varie …. sembriamo tornati al medioevo. Gente che parla senza sapere e conoscere i fatti, tutti scrivono, compreso io, gridando la sua verità, offrendo soluzioni vuote, criticando e basta, senza fare nulla di concreto per gli altri e quando qualcuno ci prova, solo cattiverie e denigrazioni. Le famiglie non esistono, le unioni di fatto o costruite, religiose o laiche giuste o spagliate, comunque le vogliamo chiamare, non durano. La chiesa soffre dal suo interno, i Papi richiamano preti e popolo, ma nessuno fa nulla, nessuno ascolta, anzi anche qui critiche e malignità. E così in tutti i settori della vita: polita, scuola, sanità …. dove sta la professionalità, la verità, la voglia di fare per gli altri, forse ci manca un po’ di umiltà. Ma il Signore ci aveva detto di amare, come Lui ci ama, ma ci siamo dimenticati tutto e ci siamo messi al Suo posto. Dando uno sguardo al pianeta potremmo dire che vince chi grida, vince chi porta avanti la pena di morte, la morte assistita, il suicidio legalizzato, l’aborto, la droga, il sesso fine a se stesso, l’odio, la discriminazione …. chi ha, più vuole avere, non c’è misura in nulla, chi ruba continua a rubare e chi muore di fame continua a morire di fame. Tutti pronti a puntare il dito che è sbagliato, ma non ci sono proposte se non senza senso o a proprio vantaggio e quelle intelligenti, passano senza accorgerci. Non ci va bene niente, tutto deve essere messo in discussione, come i bambini davanti alla mamma che richiama. I mezzi che ci siamo costruiti, segno della nostra genialità, ci si rivoltano contro non educando. Tv, informatica, ingegneria, fisica, medicina ecc…. siamo diventati un popolo, senza futuro, la speranza di farcela sembra lontana.
I giovani sono abbandonati a se stessi, la famiglia è malata, la scuola in difficoltà, la società distratta, la chiesa in balia delle onde di un mare in burrasca alla ricerca di richiamare tutto a tutti ma nessuno sembra ascoltare …. Abbiamo la speranza che il Signore che ci veda a correre come una pallina impazzita, ascolti la voce del suo popolo che soffre e grida il suo errore. Abbiamo la speranza che ognuno di noi riesca a riaprire gli occhi e a fidarsi di Lui, a rimettersi in gioco a costruire tra le nazioni: armonia, pace, serenità, collaborazione, tra i popoli: amore e rispetto, tra le religioni: una ricerca serena e nel dialogo. L’uomo, preso da se stesso, non prega più, ma giudica, l’uomo non lavora, ma si lamenta, l’uomo non costruisce, ma ammucchia.
A noi cristiani, certi che il Signore è il principe di questo mondo e della nostra vita, riprendiamo seriamente a pregare, ad essere seri ricercatori dello spirito, onesti con noi stessi e impegnati a lavorare in serietà, senza gridare agli altri, ma facendo per primi, dando il nostro contributo, nella discussione, nel confronto, nel rispetto. Che fine ha fatto l’etica, la professionalità, la deontologia della vita, la morale, la voglia di conoscere, di capire, di ragionare, di collaborare …. di rispettare tutti e tutto? La crisi che vive il pianeta è frutto della sua ingordigia, la crisi che soffre la società è il risultato della sua distrazione dalle cose vere, belle, intelligenti. Siamo mediocri, superficiali, distratti, non ci fidiamo di nessuno, non accettiamo nessuno, siamo egoisti, lamentosi e basta. A chi ci richiama ad una maggior serietà e a ragionarci sopra, che ci richiama ai valori veri, siamo solo pronti a criticare, chi cerca di fare qualche cosa di utile, lo giudichiamo e basta e questo, badate bene, non solo per chi sta in alto, ma a tutti i livelli, anche tra di noi.
I giovani sono “spocchiosi”, superbi, si sentono uomini e non sono neppure ragazzi, arrivati e neppure anno iniziato, ma sono loro sui quali dobbiamo scommettere, su di loro dobbiamo fondare il nuovo e con loro ricominciare a camminare dando voce, dando speranza, offrendo aiuto, lasciandoli sbagliare, ma sapendo indirizzare la strada: la famiglia, i genitori, gli educatori, la scuola, la chiesa, la società, il lavoro … dobbiamo riprendere il ruolo di educatori. Ogni persona, ogni aspetto, ogni lavoro deve riprendere questo ruolo con impegno e serietà: la tv seria, i libri intelligenti, i modelli di vita veri: preti, insegnanti, politici, scrittori, sportivi, cantanti, attori, imprenditori …. impariamo ad essere veri. Tutti abbiamo una responsabilità, allora, siamo seri professionisti i giovani ci guardano, uomini di polita, di chiesa, di scuola siate seri i giovani vi guardano.
Riprendiamo a sorridere, riprendiamo a sperare, riprendiamo ad impegnarci in prima persona, riprendiamo ad amare e a stimarci, non a giudicare, ad essere permalosi, a non farci guerre in casa, litigi in famiglia. Che le nostre parole non abbiano il sapore dell’odio, della sfida, della vendetta.
Aiutiamoci gli uni gli altri, rimettiamo Cristo al centro della vita e ci accorgeremo che i suoi comandamenti sono “la vita” e non una forzatura. Educhiamoci a stare insieme con dignità, rispetto, con le giuste regole della buona educazione, dell’eleganza. Il nostro ingegno ci ha fatto costruire cose meravigliose, usiamole per star bene non per odiarci non per dividerci.
Fermiamoci, allora, a fare un esame di coscienza e non dire, ma cosa posso fare io?, possiamo iniziare a fare diverso, dal tuo piccolo, dalla tua vita. E’ utopia? Forse, ma lasciatemi sperare in un mondo migliore dove il sorriso, il bene, l’amore potranno ritornare al primo posto.
Impariamo ad essere positivi, a gareggiare nello stimarci, a costruire a fare nel nostro piccolo il bene che vorremo. Iniziamo ad essere persone che sanno sperare, che sanno amare, che sanno credere. Cerchiamo di essere autentici.
Come cristiani questo impegno è determinante, unito alla preghiera costante rivolta al Signore del Creato, affinché ascolti la nostra voglia di migliorare, affinché veda il nostro impegno e scaldi il nostro cuore. Non lasciamoci travolgere da questa ondata di male, ma poniamo le basi per il bene, per il dialogo, per la pace tra di noi e dentro di noi. Cerchiamo le cose durature. Cristo è il nostro riferimento a Lui affidiamoci e in Lui confidiamo.
Che questo nuovo avvento segni l’inizio di un tempo nuovo in ognuno di noi. Non avere vergogna di dire chi sei al mondo, non avere vergogna di essere cristiano, non avere vergogna di pregare di andare a Messa, di pensare bene, di aiutare gli altri, di essere positivo, di sorridere, non avere vergogna di essere protagonista sereno della tua vita e della vita che ti circonda. Ritorniamo alle origini e troveremo la speranza per un mondo migliore.
La difficoltà di ammaestrare il mondo
Pensieri ad alta voce
_
« Mentre parliamo il tempo, invidioso,
sarà già fuggito.
Cogli l'attimo, fiducioso il meno possibile nel domani »
(Orazio)
Premetto, a scanso di equivoci, di polemiche, di giudizi … che ciò che scrivo ha solo l’ambizione e il desiderio di aiutare a costruire, la capacità di vedere “il bicchiere mezzo pineo”, senza mettere la testa nella sabbia, ma cercando di leggere in chiave serena le cose che accadono. Sono pensieri ad alta voce, in una preghiera personale davanti all’Eucaristia con lo scopo di richiamare a me stesso e a chi mi conosce, l’impegno ad essere veri, allegri sereni, positivi sempre e comunque.
I poveri ce lo insegnano ogni giorno. La citazione di Orazio non è a caso, anche se non vuole essere solo quello lo stile, ma sicuramente è l’imput per riflettere e iniziare un cammino con occhi differenti subito senza rimandare a domani o ad altri il compito di fare.
Ogni epoca ha i suoi problemi e se non ci sono, ce li creiamo e uno annulla o offusca l’altro. Guerra alle persone, ma manifestiamo per la Pace. Tutti sanno, ma nessuno fa nulla. … Leggere i quotidiani talvolta è veramente divertente sentendo tutto e il contrario di tutto. Non si riesce a scorgere una riflessione positiva, che aggreghi, che illumini, che unisca, che sia di speranza, tutto deve essere messo in discussione, sempre una critica, diretta o velata, un’accusa a destra o a sinistra, a Dio o alla sua Chiesa, alle idee … e anche alla storia.
Quanto è difficile leggere positivo, avere fiducia nelle persone, dare spazio e tempo per fare. Nessuno, ovviamente è esente e si salva da questo modo di fare, ne chi predica ne chi ascolta, tutti siamo uguali, i laici invocano libertà e sono più bigotti delle nostre “vecchiette” noi cattolici, più papalini del Papa e invece è proprio il Papa che dal Viaggio in Africa ci richiama all’autenticità, ma anche qui critiche, chiesa potente, ricca …. Non riusciamo a vedere mai una cosa per quello che è, dobbiamo sempre fare “dietrologia” di tutto e di tutti, giudicando anche le intenzioni, ma il Vangelo è chiaro: “ama Dio e fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Allora, per noi, il Signore dove sta? Sicuramente è la dove c’è il povero, che non è necessariamente il povero materiale, e l’abbiamo visto in Benin, terra povera ma ricca di umanità e questo gli permetterà di vivere con dignità, richiamando, i ben pensanti, che nella vita quello che veramente conta è lavorare e volersi bene sempre e comunque, nella discussione e nel confronto, ma con gli strumenti della correttezza e del rispetto “gareggiando nello stimarsi” e non nel dire cattiverie. Questo non vuol dire non proclamare la verità, la si proclama la si difende, ma nei modi, luoghi e tempi giusti.
Il “povero” vero è quello senza idee, senza prospettiva, senza speranza, che sa solo criticare. Questo dovrà rivedere come stare in mezzo agli altri. Lo vediamo nel mondo così detto occidentale, evoluto, moderno. Cosa succede: crolla e per ripartire cosa dobbiamo fare? riscoprire la voglia di essere positivi, di lavorare con onestà, di sapersi un popolo che ha sudato la sua storia, di terra che ha saputo nel tempo parlare di bello e di grande e che ora rischia, invece, di perdersi per troppa supponenza e arroganza. Il povero, il debole …, sono i forti che ricorderanno a noi che la vita va vissuta con dignità. Il passato ci deve guidare a migliorare, non a fare gli stesi errori o peggiorali addirittura. Impariamo ad essere positivi a richiamare tutti e noi stessi a esser persone di unità, di aggregazione, rispettandoci nelle idee, nei modi, nel collaborare, impariamo ad adattarci.
Chiediamo rispetto, ma non lo diamo. Dio, la Patria, la famiglia, sono valori? o sono scuse per discussioni e basta?
Non ho soluzioni e non ne voglio proporne, ma solo penso ad alta voce e faccio il mio, cerco di essere onesto e corretto, credo, amo e servo, limito le parole vuote e offensive, cerco di portare parole di pace e gesti di speranza la dove queste vengono meno. Ubbidisco e prego, certo che il Signore è il principe della storia dell’umanità, noi lavoriamo, programmiamo, e guai a noi se non lo facessimo, ma non dimentichiamolo mai, che non siamo noi i “padri eterni”, tutto passa e la storia ce lo dice ogni girono, e solo l’amore resta autentico e andrà al di la del tempo, solo Cristo rimane, nonostante la storia e gli uomini.
Non tutti siamo uguali, ovviamente e meno male, ma tutti e ognuno secondo il suo ruolo, le sue aspirazioni, le sue doti e capacità dovrà essere di aiuto al mondo, alla società, alla famiglia, alla chiesa, …. con la sua passione alla vita e all’impegno senza dimenticare l’amore e il rispetto.
Per chi crede, è Dio che ce lo dice e ce lo insegna con la sua vita, per altri è Allah, Jawè …. che richiama alla verità e al rispetto, per chi non crede è l’intelligenza umana che glielo suggerisce … ma tutti siamo di passaggio pertanto non lasciamo dietro di noi solo macerie, cattiverie, maldicenza, offese, divisioni ... ma lasciamo l’impegno e l’amore per le cose in cui crediamo.
Il Papa nell’omelia in Africa ha detto: «Il giudice ultimo delle nostre vite ha voluto prendere il volto di quanti hanno fame e sete, degli stranieri, di quanti sono nudi, malati o prigionieri, insomma di tutte le persone che soffrono o sono messe da parte; il comportamento che noi abbiamo nei loro confronti sarà dunque considerato come il comportamento che abbiamo nei confronti di Gesù stesso». Perciò, sull’esempio del Re per cui «regnare è servire», papa Ratzinger invita ed «essere attenti al grido del povero, del debole, dell’emarginato». … Gesù ha voluto identificarsi con i piccoli, con i malati, ha voluto condividere la sofferenza … Ogni malato, ogni povero merita il nostro rispetto e il nostro amore, perché attraverso di lui Dio ci indica la via verso il cielo».
(cfr. Avvenire, 22/11/2011 pag. 3
Mimmo Muolo: La certezza del Papa: l’Africa è terra di speranza)
Ho la certezza di fede che nella preghiera si realizza l’azione per il mondo e senza di essa la nostra carità è vuota, prega e lavora, ma insieme perché l’una non esclude l’altra e forse riusciremo a dare la speranza giusta a questo mondo ammalato e senza il sorriso.
Cogli l'attimo, fiducioso il meno possibile nel domani »
(Orazio)
Premetto, a scanso di equivoci, di polemiche, di giudizi … che ciò che scrivo ha solo l’ambizione e il desiderio di aiutare a costruire, la capacità di vedere “il bicchiere mezzo pineo”, senza mettere la testa nella sabbia, ma cercando di leggere in chiave serena le cose che accadono. Sono pensieri ad alta voce, in una preghiera personale davanti all’Eucaristia con lo scopo di richiamare a me stesso e a chi mi conosce, l’impegno ad essere veri, allegri sereni, positivi sempre e comunque.
I poveri ce lo insegnano ogni giorno. La citazione di Orazio non è a caso, anche se non vuole essere solo quello lo stile, ma sicuramente è l’imput per riflettere e iniziare un cammino con occhi differenti subito senza rimandare a domani o ad altri il compito di fare.
Ogni epoca ha i suoi problemi e se non ci sono, ce li creiamo e uno annulla o offusca l’altro. Guerra alle persone, ma manifestiamo per la Pace. Tutti sanno, ma nessuno fa nulla. … Leggere i quotidiani talvolta è veramente divertente sentendo tutto e il contrario di tutto. Non si riesce a scorgere una riflessione positiva, che aggreghi, che illumini, che unisca, che sia di speranza, tutto deve essere messo in discussione, sempre una critica, diretta o velata, un’accusa a destra o a sinistra, a Dio o alla sua Chiesa, alle idee … e anche alla storia.
Quanto è difficile leggere positivo, avere fiducia nelle persone, dare spazio e tempo per fare. Nessuno, ovviamente è esente e si salva da questo modo di fare, ne chi predica ne chi ascolta, tutti siamo uguali, i laici invocano libertà e sono più bigotti delle nostre “vecchiette” noi cattolici, più papalini del Papa e invece è proprio il Papa che dal Viaggio in Africa ci richiama all’autenticità, ma anche qui critiche, chiesa potente, ricca …. Non riusciamo a vedere mai una cosa per quello che è, dobbiamo sempre fare “dietrologia” di tutto e di tutti, giudicando anche le intenzioni, ma il Vangelo è chiaro: “ama Dio e fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te”. Allora, per noi, il Signore dove sta? Sicuramente è la dove c’è il povero, che non è necessariamente il povero materiale, e l’abbiamo visto in Benin, terra povera ma ricca di umanità e questo gli permetterà di vivere con dignità, richiamando, i ben pensanti, che nella vita quello che veramente conta è lavorare e volersi bene sempre e comunque, nella discussione e nel confronto, ma con gli strumenti della correttezza e del rispetto “gareggiando nello stimarsi” e non nel dire cattiverie. Questo non vuol dire non proclamare la verità, la si proclama la si difende, ma nei modi, luoghi e tempi giusti.
Il “povero” vero è quello senza idee, senza prospettiva, senza speranza, che sa solo criticare. Questo dovrà rivedere come stare in mezzo agli altri. Lo vediamo nel mondo così detto occidentale, evoluto, moderno. Cosa succede: crolla e per ripartire cosa dobbiamo fare? riscoprire la voglia di essere positivi, di lavorare con onestà, di sapersi un popolo che ha sudato la sua storia, di terra che ha saputo nel tempo parlare di bello e di grande e che ora rischia, invece, di perdersi per troppa supponenza e arroganza. Il povero, il debole …, sono i forti che ricorderanno a noi che la vita va vissuta con dignità. Il passato ci deve guidare a migliorare, non a fare gli stesi errori o peggiorali addirittura. Impariamo ad essere positivi a richiamare tutti e noi stessi a esser persone di unità, di aggregazione, rispettandoci nelle idee, nei modi, nel collaborare, impariamo ad adattarci.
Chiediamo rispetto, ma non lo diamo. Dio, la Patria, la famiglia, sono valori? o sono scuse per discussioni e basta?
Non ho soluzioni e non ne voglio proporne, ma solo penso ad alta voce e faccio il mio, cerco di essere onesto e corretto, credo, amo e servo, limito le parole vuote e offensive, cerco di portare parole di pace e gesti di speranza la dove queste vengono meno. Ubbidisco e prego, certo che il Signore è il principe della storia dell’umanità, noi lavoriamo, programmiamo, e guai a noi se non lo facessimo, ma non dimentichiamolo mai, che non siamo noi i “padri eterni”, tutto passa e la storia ce lo dice ogni girono, e solo l’amore resta autentico e andrà al di la del tempo, solo Cristo rimane, nonostante la storia e gli uomini.
Non tutti siamo uguali, ovviamente e meno male, ma tutti e ognuno secondo il suo ruolo, le sue aspirazioni, le sue doti e capacità dovrà essere di aiuto al mondo, alla società, alla famiglia, alla chiesa, …. con la sua passione alla vita e all’impegno senza dimenticare l’amore e il rispetto.
Per chi crede, è Dio che ce lo dice e ce lo insegna con la sua vita, per altri è Allah, Jawè …. che richiama alla verità e al rispetto, per chi non crede è l’intelligenza umana che glielo suggerisce … ma tutti siamo di passaggio pertanto non lasciamo dietro di noi solo macerie, cattiverie, maldicenza, offese, divisioni ... ma lasciamo l’impegno e l’amore per le cose in cui crediamo.
Il Papa nell’omelia in Africa ha detto: «Il giudice ultimo delle nostre vite ha voluto prendere il volto di quanti hanno fame e sete, degli stranieri, di quanti sono nudi, malati o prigionieri, insomma di tutte le persone che soffrono o sono messe da parte; il comportamento che noi abbiamo nei loro confronti sarà dunque considerato come il comportamento che abbiamo nei confronti di Gesù stesso». Perciò, sull’esempio del Re per cui «regnare è servire», papa Ratzinger invita ed «essere attenti al grido del povero, del debole, dell’emarginato». … Gesù ha voluto identificarsi con i piccoli, con i malati, ha voluto condividere la sofferenza … Ogni malato, ogni povero merita il nostro rispetto e il nostro amore, perché attraverso di lui Dio ci indica la via verso il cielo».
(cfr. Avvenire, 22/11/2011 pag. 3
Mimmo Muolo: La certezza del Papa: l’Africa è terra di speranza)
Ho la certezza di fede che nella preghiera si realizza l’azione per il mondo e senza di essa la nostra carità è vuota, prega e lavora, ma insieme perché l’una non esclude l’altra e forse riusciremo a dare la speranza giusta a questo mondo ammalato e senza il sorriso.
_Per condividere un pensiero: riflessioni estemporanee ...
_
Qual
è la vera gioia? La vera gioia è fare la
volontà di Dio…
Sono le prime ore del nuovo giorno, cari amici, ed eccomi sveglio e in chiesa a rivolgere il mio pensiero e le mie parole al Signore. Vorrei condividere questa riflessione personale, per parlare con te che hai la pazienza di leggermi.
Non mi stancherò mai di dire la gioia di essere Sacerdote. Quando ho capito che l’unica cosa era affidarsi e fidarsi del Signore e mettersi nelle sue mai, tutto è diventato splendente. Grazie Signore di questo dono che condivido con la mia gente che di volta in volta i superiore mi affidano. Dio ricompensa sempre con la gioia di persone nuove che arricchiscono con la loro umanità e professionalità il mio cuore di sacerdote e il mio nuovo giorno diventa unico.
E’ gioia il celebrare quotidianamente la S. Messa, è gioia il sorriso di un mio soldato, la confidenza di qualche persona, la possibilità di aiutare, di ascoltare, di guidare, di parlare del Signore, di educare alla preghiera, nello stare con Dio attraverso di essa e a vivere felici nella bellezza e nello stupore del creato e di quello che il Signore ci offre ogni giorno.
Eccomi Signore, si compia in me la tua volontà. La mia Adorazione all’Eucaristia, nella solitudine di una piccola stanza in una terra lontana, sono la gioia di sapermi con il mio Signore a servizio dei fratelli attraverso la preghiera e nella presenza di sacerdote amico e compagno di viaggio.
Ora, penserete, che quello che sto per dirvi, sia fuori luogo: le emergenze, e l’impegno non ci danno tempo per pensare ad altro. Ritengo, invece, che in qualsiasi situazione ci troviamo, personale, sociale, lavorativa … dobbiamo esserci sempre con dignità e una dignità fatta da “come si vive e di come ci si muove”. Se manca un’etica della professione e della vita, tutto finisce. Democrazia, Libertà, Giustizia ... non vogliono dire fare quello che si vuole, venir meno alle convenzioni, ma sono la strada per rispettare le opinioni di tutti e garantire quelle di chi non ha voce. Sostenere il proprio pensiero, le proprie idee, la propria fede, non ci devono portare a cadere in mancanza di carità e di rispetto.
Assistiamo troppo spesso a mancanza di proprietà di linguaggio e di responsabilità nel proprio settore di vita. Dove non c’è spazio per l’eleganza dei modi e del pensiero, ma solo cattiverie, maldicenze, limiti … che vengono esasperati, dove la giustizia è, si, un valore, ma il modo con cui la si ottiene forse va rivisto, allora tutto si svilisce, rischia di crollare.
Ora, faccio un esempio di vita personale, per esprimere il mio pensiero. L’essere in missione, in una zona di frontiera dove la sicurezza, la pace e la stabilità delle organizzazioni devono essere al primo posto, non ci possono far dimenticare i modi di vita eleganti e signorili, non perché indossiamo un gioiello, ma perché siamo un gioiello prezioso e in quanto tale, a servizio della collettività, che ha una propria storia, una dignità e questo diventa fondante. Discoro che rivolgo a voi miei soldati, ma che è offerto ad ogni persona, in qualsiasi settore della vita operi, in qualsiasi parte del mondo viva. Siamo pronti a puntare il dito contro tutto e tutti e poi rischiamo di scadere in giudizi, pregiudizi e in modi poco signorili, in linguaggi primordiali. La nobiltà del cuore non sta nel grado o nel ruolo, ma nell’essere se stessi, nell’essere delle persone che hanno dei diritti, ma anche dei doveri, verso se stessi e gli altri.
Più volte vi ho detto che il bello salverà il mondo, perché sarà la nostra antica storia, storia di un paese che fonda le sue origini lontane nel tempo, con le sue tradizioni, i suoi alti e bassi, le sue conquiste e i suoi fallimenti a costituire il fondamento di una società che avrà rispetto di tutto e di tutti. Eleganza nel parlare, nei modi di fare, nel saper esporre le proprie idee senza mancare di rispetto, usando la lingua italiana con proprietà di linguaggio, la capacità di saper ascoltare senza insofferenza il pensiero di altri … sono lo stile sul quale dobbiamo impegnarci.
Questo è un modo di vivere dignitoso. Il contestare … va bene, ma il come contestare può diventare discutibile, se i modi non sono rispettosi.
Leggendo i giornali, talvolta arrossisco, al sentire certe espressioni, certe affermazioni o giudizi. Tutto è messo in discussione, ma, allora, quali sono i cardini della vita? In cosa credo? Cosa faccio io in prima persona? Tutti noi parlando, abbiamo le soluzioni in tasca a tutti problemi e poi ? … Pensare positivo, lasciare il tempo di agire e di fare, prima di criticare, collaborare ognuno al suo posto senza sostituirsi a nessuno, ma formando una squadra, … credo siano il vero senso civico che ognuno deve avere. Nella diversità di opinioni, alla ricerca della comune identità e voglia di costruire gli uni per gli altri nel rispetto di tutti.
Sono un Sacerdote, e mi direte che centra questo discorso? Credo, possa essere un suggerimento a vivere nella gioia insieme e a perseguire gli stessi ideali, costruendo quel Regno di cui ci parla il Signore, che abita il nostro cuore.
Se non c’è spazio per Dio nella vita, se non c’è la capacità di fermarsi a riflettere, di sapersi stupire davanti alle piccole cose, come potrebbero essere: la musica, il teatro, il cinema, la letteratura, la natura … cosa ci rimane? “Tutto e subito”, e il bello della vita credete sia questo?
Mi accorgo, ogni volta, che sono all’estero in missione, che sono le piccole cose ha creare serenità: il sorriso di una persona, una parola gentile, un momento di condivisione…
Allora, mi permetto di farti questa domanda: Quanto spazio dai a te stesso per crescere in cultura, e umanità? Quanto spazio dai agli altri, che siano di casa o meno?
Non sappiamo stare insieme, siamo dei solitari, non riusciamo ad avere modi educati perché ognuno pensa: “a me va bene così”, ma se il tavolo, invece di chiamarlo tavolo lo chiamassi sedia, allora il rischio è di non capirci più. Le convenzioni fanno parte della vita insieme e vanno rispettate. Tu pensi di essere unico e finito il “tu” non c’è altro … non è così.
Da uomo e da cristiano ti voglio offrire la figura di Gesù, di quel Gesù cresciuto a Nazareth che ha offerto la sua vita per richiamare al cuore di tutti l’importanza di amare.
La vera gioia sta in noi, la felicità autentica, è nelle nostre mani, spetta a noi darle voce.
Sono le prime ore del nuovo giorno, cari amici, ed eccomi sveglio e in chiesa a rivolgere il mio pensiero e le mie parole al Signore. Vorrei condividere questa riflessione personale, per parlare con te che hai la pazienza di leggermi.
Non mi stancherò mai di dire la gioia di essere Sacerdote. Quando ho capito che l’unica cosa era affidarsi e fidarsi del Signore e mettersi nelle sue mai, tutto è diventato splendente. Grazie Signore di questo dono che condivido con la mia gente che di volta in volta i superiore mi affidano. Dio ricompensa sempre con la gioia di persone nuove che arricchiscono con la loro umanità e professionalità il mio cuore di sacerdote e il mio nuovo giorno diventa unico.
E’ gioia il celebrare quotidianamente la S. Messa, è gioia il sorriso di un mio soldato, la confidenza di qualche persona, la possibilità di aiutare, di ascoltare, di guidare, di parlare del Signore, di educare alla preghiera, nello stare con Dio attraverso di essa e a vivere felici nella bellezza e nello stupore del creato e di quello che il Signore ci offre ogni giorno.
Eccomi Signore, si compia in me la tua volontà. La mia Adorazione all’Eucaristia, nella solitudine di una piccola stanza in una terra lontana, sono la gioia di sapermi con il mio Signore a servizio dei fratelli attraverso la preghiera e nella presenza di sacerdote amico e compagno di viaggio.
Ora, penserete, che quello che sto per dirvi, sia fuori luogo: le emergenze, e l’impegno non ci danno tempo per pensare ad altro. Ritengo, invece, che in qualsiasi situazione ci troviamo, personale, sociale, lavorativa … dobbiamo esserci sempre con dignità e una dignità fatta da “come si vive e di come ci si muove”. Se manca un’etica della professione e della vita, tutto finisce. Democrazia, Libertà, Giustizia ... non vogliono dire fare quello che si vuole, venir meno alle convenzioni, ma sono la strada per rispettare le opinioni di tutti e garantire quelle di chi non ha voce. Sostenere il proprio pensiero, le proprie idee, la propria fede, non ci devono portare a cadere in mancanza di carità e di rispetto.
Assistiamo troppo spesso a mancanza di proprietà di linguaggio e di responsabilità nel proprio settore di vita. Dove non c’è spazio per l’eleganza dei modi e del pensiero, ma solo cattiverie, maldicenze, limiti … che vengono esasperati, dove la giustizia è, si, un valore, ma il modo con cui la si ottiene forse va rivisto, allora tutto si svilisce, rischia di crollare.
Ora, faccio un esempio di vita personale, per esprimere il mio pensiero. L’essere in missione, in una zona di frontiera dove la sicurezza, la pace e la stabilità delle organizzazioni devono essere al primo posto, non ci possono far dimenticare i modi di vita eleganti e signorili, non perché indossiamo un gioiello, ma perché siamo un gioiello prezioso e in quanto tale, a servizio della collettività, che ha una propria storia, una dignità e questo diventa fondante. Discoro che rivolgo a voi miei soldati, ma che è offerto ad ogni persona, in qualsiasi settore della vita operi, in qualsiasi parte del mondo viva. Siamo pronti a puntare il dito contro tutto e tutti e poi rischiamo di scadere in giudizi, pregiudizi e in modi poco signorili, in linguaggi primordiali. La nobiltà del cuore non sta nel grado o nel ruolo, ma nell’essere se stessi, nell’essere delle persone che hanno dei diritti, ma anche dei doveri, verso se stessi e gli altri.
Più volte vi ho detto che il bello salverà il mondo, perché sarà la nostra antica storia, storia di un paese che fonda le sue origini lontane nel tempo, con le sue tradizioni, i suoi alti e bassi, le sue conquiste e i suoi fallimenti a costituire il fondamento di una società che avrà rispetto di tutto e di tutti. Eleganza nel parlare, nei modi di fare, nel saper esporre le proprie idee senza mancare di rispetto, usando la lingua italiana con proprietà di linguaggio, la capacità di saper ascoltare senza insofferenza il pensiero di altri … sono lo stile sul quale dobbiamo impegnarci.
Questo è un modo di vivere dignitoso. Il contestare … va bene, ma il come contestare può diventare discutibile, se i modi non sono rispettosi.
Leggendo i giornali, talvolta arrossisco, al sentire certe espressioni, certe affermazioni o giudizi. Tutto è messo in discussione, ma, allora, quali sono i cardini della vita? In cosa credo? Cosa faccio io in prima persona? Tutti noi parlando, abbiamo le soluzioni in tasca a tutti problemi e poi ? … Pensare positivo, lasciare il tempo di agire e di fare, prima di criticare, collaborare ognuno al suo posto senza sostituirsi a nessuno, ma formando una squadra, … credo siano il vero senso civico che ognuno deve avere. Nella diversità di opinioni, alla ricerca della comune identità e voglia di costruire gli uni per gli altri nel rispetto di tutti.
Sono un Sacerdote, e mi direte che centra questo discorso? Credo, possa essere un suggerimento a vivere nella gioia insieme e a perseguire gli stessi ideali, costruendo quel Regno di cui ci parla il Signore, che abita il nostro cuore.
Se non c’è spazio per Dio nella vita, se non c’è la capacità di fermarsi a riflettere, di sapersi stupire davanti alle piccole cose, come potrebbero essere: la musica, il teatro, il cinema, la letteratura, la natura … cosa ci rimane? “Tutto e subito”, e il bello della vita credete sia questo?
Mi accorgo, ogni volta, che sono all’estero in missione, che sono le piccole cose ha creare serenità: il sorriso di una persona, una parola gentile, un momento di condivisione…
Allora, mi permetto di farti questa domanda: Quanto spazio dai a te stesso per crescere in cultura, e umanità? Quanto spazio dai agli altri, che siano di casa o meno?
Non sappiamo stare insieme, siamo dei solitari, non riusciamo ad avere modi educati perché ognuno pensa: “a me va bene così”, ma se il tavolo, invece di chiamarlo tavolo lo chiamassi sedia, allora il rischio è di non capirci più. Le convenzioni fanno parte della vita insieme e vanno rispettate. Tu pensi di essere unico e finito il “tu” non c’è altro … non è così.
Da uomo e da cristiano ti voglio offrire la figura di Gesù, di quel Gesù cresciuto a Nazareth che ha offerto la sua vita per richiamare al cuore di tutti l’importanza di amare.
La vera gioia sta in noi, la felicità autentica, è nelle nostre mani, spetta a noi darle voce.
_Il Diario del Cappellano 2: «Pregare sempre senza scoraggiarsi».
_
Continua il mio cammino di Cappellano in questa
missione con il mio impegno alla preghiera per loro e con loro, attraverso uno
stile di vita sereno, allegro e in dialogo, affinché tutti possano svolgere il
loro “Servizio” con armonia, in serenità, offrendo ogni giorno il Santo
Sacrificio dell’Eucaristia, il Sacramento della Riconciliazione, ascoltando il
loro cuore che parla di casa, di amore, di famiglia, di progetti per il futuro,
rispondendo alle loro domande sulla fede, sulla vita
Sono state giornate caratterizzate, queste dei primi giorni di novembre, da ricorrenze e celebrazioni, che anche noi qui, non abbiamo dimenticato: i Santi, i morti, i caduti, il Giorno della Memoria, la Festa delle Forze Armate, la ricorrenza di San Martino, Patrono della fanteria e festa per i neopapà dell’anno secondo la tradizione di questo reparto, alcuni compleanni, tutti momenti di ricordo, di preghiera e di qualche espressione di festa fatta da piccole cose.
In questi giorni parlando con alcune persone e ricevendo alcuni messaggi di saluto, ho ringraziato Dio che continuamente parla al mio cuore.
Una Ragazza mi scrive: “la preghiera non è il traguardo, ma un cammino…”, un giovane sposo che in un momento di dolore mi dice: “ho pregato arrabbiandomi con Dio e chiedendo aiuto…, un amico che, parlando delle sue ultime esperienze di vita, afferma che nella sua “preghiera e in quella degli amici ha sentito tutta la grazia e l’amore di Dio….”.
Così quando al termine della mia giornata rientro nel mio piccolo eremo, sostato a lungo in preghieradavanti all'Eucarestia, ringraziandoLo per i doni che quotidianamente offre alla mia vita di uomo e di sacerdote.
Ogni giorno ho molto da ringraziare e soprattutto tanto stupore da offrire per quanto il Signore opera nel cuore di ogni persona. Aiutandoli a leggere la loro anima, scoprono la bellezza e la costante presenza di Dio in tutto ciò che accade. E’ un’esperienza unica, la fede di questi miei soldati mi edifica e mi scalda il cuore. Sentire il calore delle loro parole, dei racconti di casa, di come parlano delle loro famiglie, spose, figli … è commovente. Forse ci mancano delle comodità, ma non ci manca la forza, il coraggio e l’energia a vivere e a testimoniare la grandezza e la potenza dell’amore, quell’amore imparato davanti al focolare di casa, nelle nostre comunità in Patria.
Ogni volta che incontro un soldato che mi parla, che apre il suo cuore, che fa qualche affermazione sulla sua vita, le scelte … rimango confermato che la Preghiera è veramente tutto perché Dio è tutto e chi cerca Dio non manca di nulla.
In questi miei soldati e in tanta gente che timidamente si fa presente con un messaggio per dire la propria comunione, il proprio affetto e la loro vicinanza al nostro servizio, sento la presenza di Dio che passa nella nostra vita.
A queste persone, che attraverso il Blog o i miei canali informatici mi contattano, sento il calore umano di tante persone, le quali - nelle “mia solitudine”, quella solitudine, ricca e piena di Dio e del suo popolo - mi hanno fatto sperimentare che chi cerca il Signore non manca di nulla. Dalla loro semplice fede sono edificato.
Ora, vi lascio questo passaggio, che mi viene offerto dagli amici di Facebook alla pagina “I Padri del Deserto” che prendono dai Discorsi ascetici, ( I serie, § 21) di Isacco di Siria (VII secolo), monaco nella regione di Mossul, santo delle Chiese ortodosse, dal titolo: «Pregare sempre senza scoraggiarsi».
Il Santo monaco così si esprime a riguardo della preghiera: “ … Beato l'uomo che riconosce la sua debolezza. Poiché questa conoscenza è in lui fondamento, radice, principio di ogni atto buono... Quando un uomo sa di aver bisogno dell'aiuto di Dio, prega molto. E più prega, più il suo cuore è diventa umile... Con questa comprensione, conserva la preghiera è come un tesoro nella sua anima. E la sua gioia è così grande che la sua preghiera diventa azione di grazie... Guidato da questa conoscenza egli contempla la grazia di Dio, Gli parla, Lo loda e Lo glorifica, Gli dice la sua gratitudine col cuore colmo di meraviglia. Chi è giunto veramente, non per immaginazione, a portare questi segni e a vivere questa esperienza, sa ciò che dico e nulla potrà contrastarlo. Che non desideri più la vanità, che perseveri nella via di Dio con la preghiera continua, nel timore di perdere l'abbondanza dell'aiuto divino! Questi favori sono dati all'uomo dal momento in cui riconosce la propria debolezza. Desiderando intensamente l'aiuto di Dio, si avvicina a Dio restando in preghiera. E quanto più s'avvicina a Dio per sua volontà, tanto più Dio si avvicina a lui attraverso i suoi doni e non lo priva della sua grazia, per via della sua grande umiltà. Poiché un tale uomo è come la vedova che non smette d'importunare il giudice perché le renda giustizia nei confronti del suo avversario. Dio pietoso tarda a concedere le sue grazie perché l'uomo in questa attesa sia spinto ad avvicinarsi a Lui, a restare vicino a Colui dal quale viene il suo bene, di cui ha tanto bisogno…”.
Questa è la nostra vita e il nostro “Servizio”, il nostro “lavoro” fatto di impegno quotidiano, costante a costruire quei rapporti indispensabili alla Pace e alla sicurezza di questo popolo, attraverso un lavoro fedele, minuzioso di rapporti, di aiuto e di collaborazione. I giorni e le settimane trascorrono così con questo stile di silenziosa operosità, animata dall’amore a Dio e ai fratelli, attraverso il ricordo di chi a casa ci aspetta.
Sono state giornate caratterizzate, queste dei primi giorni di novembre, da ricorrenze e celebrazioni, che anche noi qui, non abbiamo dimenticato: i Santi, i morti, i caduti, il Giorno della Memoria, la Festa delle Forze Armate, la ricorrenza di San Martino, Patrono della fanteria e festa per i neopapà dell’anno secondo la tradizione di questo reparto, alcuni compleanni, tutti momenti di ricordo, di preghiera e di qualche espressione di festa fatta da piccole cose.
In questi giorni parlando con alcune persone e ricevendo alcuni messaggi di saluto, ho ringraziato Dio che continuamente parla al mio cuore.
Una Ragazza mi scrive: “la preghiera non è il traguardo, ma un cammino…”, un giovane sposo che in un momento di dolore mi dice: “ho pregato arrabbiandomi con Dio e chiedendo aiuto…, un amico che, parlando delle sue ultime esperienze di vita, afferma che nella sua “preghiera e in quella degli amici ha sentito tutta la grazia e l’amore di Dio….”.
Così quando al termine della mia giornata rientro nel mio piccolo eremo, sostato a lungo in preghieradavanti all'Eucarestia, ringraziandoLo per i doni che quotidianamente offre alla mia vita di uomo e di sacerdote.
Ogni giorno ho molto da ringraziare e soprattutto tanto stupore da offrire per quanto il Signore opera nel cuore di ogni persona. Aiutandoli a leggere la loro anima, scoprono la bellezza e la costante presenza di Dio in tutto ciò che accade. E’ un’esperienza unica, la fede di questi miei soldati mi edifica e mi scalda il cuore. Sentire il calore delle loro parole, dei racconti di casa, di come parlano delle loro famiglie, spose, figli … è commovente. Forse ci mancano delle comodità, ma non ci manca la forza, il coraggio e l’energia a vivere e a testimoniare la grandezza e la potenza dell’amore, quell’amore imparato davanti al focolare di casa, nelle nostre comunità in Patria.
Ogni volta che incontro un soldato che mi parla, che apre il suo cuore, che fa qualche affermazione sulla sua vita, le scelte … rimango confermato che la Preghiera è veramente tutto perché Dio è tutto e chi cerca Dio non manca di nulla.
In questi miei soldati e in tanta gente che timidamente si fa presente con un messaggio per dire la propria comunione, il proprio affetto e la loro vicinanza al nostro servizio, sento la presenza di Dio che passa nella nostra vita.
A queste persone, che attraverso il Blog o i miei canali informatici mi contattano, sento il calore umano di tante persone, le quali - nelle “mia solitudine”, quella solitudine, ricca e piena di Dio e del suo popolo - mi hanno fatto sperimentare che chi cerca il Signore non manca di nulla. Dalla loro semplice fede sono edificato.
Ora, vi lascio questo passaggio, che mi viene offerto dagli amici di Facebook alla pagina “I Padri del Deserto” che prendono dai Discorsi ascetici, ( I serie, § 21) di Isacco di Siria (VII secolo), monaco nella regione di Mossul, santo delle Chiese ortodosse, dal titolo: «Pregare sempre senza scoraggiarsi».
Il Santo monaco così si esprime a riguardo della preghiera: “ … Beato l'uomo che riconosce la sua debolezza. Poiché questa conoscenza è in lui fondamento, radice, principio di ogni atto buono... Quando un uomo sa di aver bisogno dell'aiuto di Dio, prega molto. E più prega, più il suo cuore è diventa umile... Con questa comprensione, conserva la preghiera è come un tesoro nella sua anima. E la sua gioia è così grande che la sua preghiera diventa azione di grazie... Guidato da questa conoscenza egli contempla la grazia di Dio, Gli parla, Lo loda e Lo glorifica, Gli dice la sua gratitudine col cuore colmo di meraviglia. Chi è giunto veramente, non per immaginazione, a portare questi segni e a vivere questa esperienza, sa ciò che dico e nulla potrà contrastarlo. Che non desideri più la vanità, che perseveri nella via di Dio con la preghiera continua, nel timore di perdere l'abbondanza dell'aiuto divino! Questi favori sono dati all'uomo dal momento in cui riconosce la propria debolezza. Desiderando intensamente l'aiuto di Dio, si avvicina a Dio restando in preghiera. E quanto più s'avvicina a Dio per sua volontà, tanto più Dio si avvicina a lui attraverso i suoi doni e non lo priva della sua grazia, per via della sua grande umiltà. Poiché un tale uomo è come la vedova che non smette d'importunare il giudice perché le renda giustizia nei confronti del suo avversario. Dio pietoso tarda a concedere le sue grazie perché l'uomo in questa attesa sia spinto ad avvicinarsi a Lui, a restare vicino a Colui dal quale viene il suo bene, di cui ha tanto bisogno…”.
Questa è la nostra vita e il nostro “Servizio”, il nostro “lavoro” fatto di impegno quotidiano, costante a costruire quei rapporti indispensabili alla Pace e alla sicurezza di questo popolo, attraverso un lavoro fedele, minuzioso di rapporti, di aiuto e di collaborazione. I giorni e le settimane trascorrono così con questo stile di silenziosa operosità, animata dall’amore a Dio e ai fratelli, attraverso il ricordo di chi a casa ci aspetta.
_L'Ora et Labora del Cappellano Militare in Missione
Talvolta si pensa che il Prete debba essere l’ uomo dell’azione, delle cose da fare, delle iniziative da proporre soprattutto quando è un Parroco, o un Missionario, ecc… ma il sacerdote, prima di tutto, è l’uomo della Preghiera e dell’annuncio con la sua vita dell’amore del Signore a ogni uomo.
Mi domando, cosa significa, allora, amare e “fare” ?
Credo che amare significhi, soprattutto, pregare per il popolo e insegnare a pregare e a vivere questa amicizia con Dio con serietà. Talvolta ci domandiamo che senso hanno gli istituti di clausura, davanti a problematiche urgenti: fame nel mondo, guerra, economia, … non sarebbe meglio “fare” altro? Ma credo che il Prete sia innanzitutto l’uomo del divino, colui che richiama la necessità di rivolgersi a Dio e aiutare a capire che la vita deve essere autentica e per esserlo deve avere delle basi buone spirituali, culturali, … di vita. Si, è vero! Il missionario che viene inviato in una terra dove non c’è cibo, acqua, medicinali … debba prima assicurarsi di questo e poi o insieme offrire la Parola e il messaggio di Gesù. L’avvalersi della parte laica lo potrà aiutare in questo senza venir meno al suo amore per Dio, alla sua preghiera, alla celebrazione, a parlare del Signore e di quello che ha fatto per il suo popolo. Gesù ha fatto il miracolo dei pani e dei pesci, ha guarito i malati, ma sapeva fermarsi a pregare, si ritirava in solitudine, pertanto questo ci dice, che, il Prete deve essere di esempio.
Come Cappellano Militare e come Cappellano in Missione con i militari qual’é il ruolo? Certamente e prima di tutto è condividere un cammino, ma facendo e restando prete, pregando per i soldati, per la loro serenità di vita, aiutandoli affinché possano svolgere il lavoro bene, e che la parola, la preghiera li possa aiutare a riflettere. Il primo compito è animare il cuore alle scelte giuste conducendo una vita degna del nome che ha.
Mi faccio queste domande e le propongo a voi per farvi comprendere che il Sacerdote è l’anima di una comunità anche di questo tipo. Quello che conta, è il cuore dell’uomo, pertanto è da aiutare ad essere, a rimanere e a crescere sui “valori” affinché il servizio che viene svolto possa continuare puro nell’intento.
La Chiesa da sempre ha avuto questa preoccupazione e per questo impegno si trova nel mondo, con il mondo, ma rimanendo non del mondo.
Il condividere un cammino, significa assicurare quei valori che ogni persona ha e porta nel cuore, significa assicurare l’Eucaristia, la Preghiera … elementi fondamentali nella vita dell’uomo di ogni uomo cristiano o di fede, qualsiasi professione svolga. Servire l’uomo non significa solo dare da magiare, curare, assicurare un lavoro, … ma anche offrire una garanzia di vita nella pace e nella sicurezza, nella dignità e nel rispetto a ognuno il suo compito per creare una società che possa vivere in dignità.
La Pace, talvolta, non si può costruire solo con la Pace, ma con la garanzia che questa, non venga sopraffatta e pertanto la forza nell’imporla diventa garanzia di un bene superiore, una forza intelligente, prudente, attenta che ha lo scopo di essere deterrente per chi non sa ragionare o affrontare il problema con strumenti pacifici. La guerra è un male, ovviamente, ma la sofferenza di un popolo allora? La nostra presenza di difesa ha questo scopo: proteggere, aiutare, difendere chi non ha voce, e l’uomo che offre questo servizio, se è anche cristiano, deve avere il sostegno dei Sacramenti per essere autentico nel vivere l’amicizia di Dio a servizio dei fratelli, anche a costo della sua vita, per dar senso alle opere, perché? Perché ama con tutto se stesso.
Il Sacerdote questo deve fare accanto agli uomini, qualsiasi uomo, per assicuragli quei “doni” che Gesù ha lasciato in sua memoria.
Ora alla luce di questo, vivo l’esperienza di missione, con questo compito e impegno: essere l’uomo della preghiera, del raccoglimento, della serenità di vita, per animare questi uomini e non fargli mancare la presenza reale del Signore, quel Dio nel quale credono e sperano, questa è la prima carità della chiesa al suo popolo.
Così le mie giornate trascorrono: come un monaco di clausura, una clausura fatta di presenza costante, di preghiera, di amicizia, di dialogo e di confronto, di condivisione. Un sorriso, una parola detta al momento giusto, uno stile di serenità di fronte alle problematiche o ai disagi aiuta a camminare meglio. Una parola detta al momento giusto rinfranca il cuore, la capacità di ascolto offre serenità a loro e alle loro famiglie.
La mia cella è il mio posto branda e la chiesa, la mia cella è la Base, la mia cella è il cuore dei miei soldati, il mio lavoro è amarli, il mio lavoro è la preghiera, è animare il loro cuore, riaccendere il fuoco dello Spirito, il mio lavoro è ascoltare la loro vita, i loro disagi, i loro racconti, le loro gioie e le loro amarezze … anche qui dove più faticano, anche qui lontani dai propri affetti e dalle proprie comunità.
Così pensate ai nostri soldati e per loro e con loro pregate il Signore. Una società migliore si può avere se tutti facciamo con serietà e responsabilmente il nostro lavoro, tralasciando le polemiche inutili.
Tutti e ognuno, secondo la propria “Vocazione”, operi per il bene comune, senza dimenticare il proprio credo, la propria fede e senza mancare agli appuntamenti della propria religione.
La fede vissuta con serenità e autenticità ci porterà a un mondo migliore. Nella preghiera sta l’origine del nostro agire e del nostro aiutare il pianeta, in Dio sta il rispetto delle persone e delle cose che ci circondano, anche con forza è indispensabile aiutare chi non ha voce o viene oppresso e schernito, offeso e usato.
Questa esperienza di vita, per me è un dono di Dio, nel silenzio e nel buio di una terra lontana, sento la voce forte e dirompente del mio Signore, nella preghiera continua vedo la luce della risurrezione di Cristo, nella liturgia quotidiana, vedo la grandezza di una terra che risorge, di un cuore che si converte, di un servizio che dice amore. Nel volto pieno di sudore o dolore, paura o fatica, scorgo gli occhi luminosi del Signore che grida al mondo che ci ama e che tutti devono imparare ad amare e rispettarsi. Questa la vocazione dei soldati e dei soldati cristiani, servire con determinazione la pace e la sicurezza di ogni uomo nell’obbedienza delle regole e della nazione che li invia perché crede in questi valori.
Mi domando, cosa significa, allora, amare e “fare” ?
Credo che amare significhi, soprattutto, pregare per il popolo e insegnare a pregare e a vivere questa amicizia con Dio con serietà. Talvolta ci domandiamo che senso hanno gli istituti di clausura, davanti a problematiche urgenti: fame nel mondo, guerra, economia, … non sarebbe meglio “fare” altro? Ma credo che il Prete sia innanzitutto l’uomo del divino, colui che richiama la necessità di rivolgersi a Dio e aiutare a capire che la vita deve essere autentica e per esserlo deve avere delle basi buone spirituali, culturali, … di vita. Si, è vero! Il missionario che viene inviato in una terra dove non c’è cibo, acqua, medicinali … debba prima assicurarsi di questo e poi o insieme offrire la Parola e il messaggio di Gesù. L’avvalersi della parte laica lo potrà aiutare in questo senza venir meno al suo amore per Dio, alla sua preghiera, alla celebrazione, a parlare del Signore e di quello che ha fatto per il suo popolo. Gesù ha fatto il miracolo dei pani e dei pesci, ha guarito i malati, ma sapeva fermarsi a pregare, si ritirava in solitudine, pertanto questo ci dice, che, il Prete deve essere di esempio.
Come Cappellano Militare e come Cappellano in Missione con i militari qual’é il ruolo? Certamente e prima di tutto è condividere un cammino, ma facendo e restando prete, pregando per i soldati, per la loro serenità di vita, aiutandoli affinché possano svolgere il lavoro bene, e che la parola, la preghiera li possa aiutare a riflettere. Il primo compito è animare il cuore alle scelte giuste conducendo una vita degna del nome che ha.
Mi faccio queste domande e le propongo a voi per farvi comprendere che il Sacerdote è l’anima di una comunità anche di questo tipo. Quello che conta, è il cuore dell’uomo, pertanto è da aiutare ad essere, a rimanere e a crescere sui “valori” affinché il servizio che viene svolto possa continuare puro nell’intento.
La Chiesa da sempre ha avuto questa preoccupazione e per questo impegno si trova nel mondo, con il mondo, ma rimanendo non del mondo.
Il condividere un cammino, significa assicurare quei valori che ogni persona ha e porta nel cuore, significa assicurare l’Eucaristia, la Preghiera … elementi fondamentali nella vita dell’uomo di ogni uomo cristiano o di fede, qualsiasi professione svolga. Servire l’uomo non significa solo dare da magiare, curare, assicurare un lavoro, … ma anche offrire una garanzia di vita nella pace e nella sicurezza, nella dignità e nel rispetto a ognuno il suo compito per creare una società che possa vivere in dignità.
La Pace, talvolta, non si può costruire solo con la Pace, ma con la garanzia che questa, non venga sopraffatta e pertanto la forza nell’imporla diventa garanzia di un bene superiore, una forza intelligente, prudente, attenta che ha lo scopo di essere deterrente per chi non sa ragionare o affrontare il problema con strumenti pacifici. La guerra è un male, ovviamente, ma la sofferenza di un popolo allora? La nostra presenza di difesa ha questo scopo: proteggere, aiutare, difendere chi non ha voce, e l’uomo che offre questo servizio, se è anche cristiano, deve avere il sostegno dei Sacramenti per essere autentico nel vivere l’amicizia di Dio a servizio dei fratelli, anche a costo della sua vita, per dar senso alle opere, perché? Perché ama con tutto se stesso.
Il Sacerdote questo deve fare accanto agli uomini, qualsiasi uomo, per assicuragli quei “doni” che Gesù ha lasciato in sua memoria.
Ora alla luce di questo, vivo l’esperienza di missione, con questo compito e impegno: essere l’uomo della preghiera, del raccoglimento, della serenità di vita, per animare questi uomini e non fargli mancare la presenza reale del Signore, quel Dio nel quale credono e sperano, questa è la prima carità della chiesa al suo popolo.
Così le mie giornate trascorrono: come un monaco di clausura, una clausura fatta di presenza costante, di preghiera, di amicizia, di dialogo e di confronto, di condivisione. Un sorriso, una parola detta al momento giusto, uno stile di serenità di fronte alle problematiche o ai disagi aiuta a camminare meglio. Una parola detta al momento giusto rinfranca il cuore, la capacità di ascolto offre serenità a loro e alle loro famiglie.
La mia cella è il mio posto branda e la chiesa, la mia cella è la Base, la mia cella è il cuore dei miei soldati, il mio lavoro è amarli, il mio lavoro è la preghiera, è animare il loro cuore, riaccendere il fuoco dello Spirito, il mio lavoro è ascoltare la loro vita, i loro disagi, i loro racconti, le loro gioie e le loro amarezze … anche qui dove più faticano, anche qui lontani dai propri affetti e dalle proprie comunità.
Così pensate ai nostri soldati e per loro e con loro pregate il Signore. Una società migliore si può avere se tutti facciamo con serietà e responsabilmente il nostro lavoro, tralasciando le polemiche inutili.
Tutti e ognuno, secondo la propria “Vocazione”, operi per il bene comune, senza dimenticare il proprio credo, la propria fede e senza mancare agli appuntamenti della propria religione.
La fede vissuta con serenità e autenticità ci porterà a un mondo migliore. Nella preghiera sta l’origine del nostro agire e del nostro aiutare il pianeta, in Dio sta il rispetto delle persone e delle cose che ci circondano, anche con forza è indispensabile aiutare chi non ha voce o viene oppresso e schernito, offeso e usato.
Questa esperienza di vita, per me è un dono di Dio, nel silenzio e nel buio di una terra lontana, sento la voce forte e dirompente del mio Signore, nella preghiera continua vedo la luce della risurrezione di Cristo, nella liturgia quotidiana, vedo la grandezza di una terra che risorge, di un cuore che si converte, di un servizio che dice amore. Nel volto pieno di sudore o dolore, paura o fatica, scorgo gli occhi luminosi del Signore che grida al mondo che ci ama e che tutti devono imparare ad amare e rispettarsi. Questa la vocazione dei soldati e dei soldati cristiani, servire con determinazione la pace e la sicurezza di ogni uomo nell’obbedienza delle regole e della nazione che li invia perché crede in questi valori.
La mia "Missione" in Missione
"Qualunque cosa chiederete al Padre nel mio Nome, la farò,
perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
Se mi chiederete qualche cosa nel mio Nome, io la farò" (Gv 14.13-14).
"In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio Nome, egli ve la darà.
Finora non avete chiesto nulla nel mio Nome.
Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Gv 16.23-24).
Con queste parole d’introduzione, prese dall’Evangelista Giovanni, vorrei parlarvi del mio essere qui in Missione per arrivare a parlare dei miei soldati indirettamente, ma che diventano i protagonisti di questa vita per il Signore, per i fratelli e per la Pace. Lo scopo di questo Blog è sempre stato quello di amplificare le notizie per far conoscere l’impegno dei nostri soldati e per farlo, mi perdonerete, se parlo di me. L’’intento è quello di raccontarvi di loro e del loro “Servizio”. In una società massificata e alla ricerca di non si sa cosa, questi giovani Italiani ci parlano di impegno e di valori. Non voglio entrare nel merito di una discussione socio politica, ma guardare con gli occhi della fede l’impegno di chi con le stellette vive la fede, in quel Dio che ci ha parlato di amore.
Come trascorro le mie giornate qui in Teatro Operativo? E’ una delle domande che maggiormente mi viene rivolta, sia dai miei soldati lasciati in Patria, che dai miei amici, conoscenti e lettori.
La settimana la trascorro serena caratterizzata soprattutto dai numerosi incontri con le persone. Il contatto quotidiano con loro mi tiene vicino a tutti i problemi e mi mette in condizione di aiutarli a portare le loro croci: il Sacerdote è colui che aiuta a portare la croce. Dopo i primi saluti e il ringraziamento per dedicare a loro del tempo, ciascuno espone il proprio problema che vuol condividere con il Cappellano nella speranza che lo aiuti a trovare una soluzione. Sono davvero felice di poterli aiutare. E, in caso contrario, di poter essere loro vicino sostenendoli nelle difficoltà della vita. Problemi, riflessioni, domande … di carattere famigliare, di lavoro, timore che in tante difficoltà ci sia lo zampino del diavolo, sul senso del male, dell’odio, della mancanza di amore … E' per me un impegno sentire tutti, e far sì che sappiano che il Cappellano Militare condivide le loro difficoltà e le porta nella sua preghiera.
L’incontro con i nostri soldati è la cosa più importante, un incontro che è soprattutto ASCOLTO dei loro sfoghi, delle loro idee, delle loro domande sulla vita, sulla fede, sui loro progetti … questo è il mio “lavoro”, incontrarli, stare con loro, condividere il loro cammino, essere fratello maggiore e guida, aiutarli a riflettere, a darsi delle risposte sul senso della vita, a PREGARE con loro e soprattutto per loro e così facendo annunciare il Vangelo di Cristo, che da senso alla vita, ai gesti della vita, del loro amore alla famiglia, alla terra, al loro servizio … è sempre per me motivo di commozione sentirli raccontare delle proprie famigli, figli, spose … forse potreste dirmi: poca cosa? Si! forse, ma oggi chi sa ascoltare, condividere … educare ?
Questo è per me essere prete con le stellette: ASCOLTARE, PREGARE, EDUCARE con l’esempio, in un cammino identico alla ricerca del bene comune, del servizio ai fratelli, alla ricerca di quei valori che non sono passeggeri, ma eterni: Fede, Speranza, Carità.
Ora, capite che la giornata è scandita dalla preghiera continua (5 volte al giorno, come i nostri fratelli Mussulmani) sullo stile della preghiera di Gesù: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio abbi pietà di me, peccatore”, di tradizione Orientale, offerta per i nostri soldati, per le loro famiglie, per la Pace. Ogni giorno si avvicina qualcuno a chiedere di pregare per qualche sua intenzione particolare … anche questa è vita cristiana.
Così allora la giornata: Ufficio di Lettura, Lodi, S. Messa - Meditazione, Lettura spirituale, Ora Media - Lettura continuata della Bibbia, Vespro - Adorazione Eucaristica, S. Rosario - Esame di coscienza, Compieta e la giornata passa con il Signore nel volto dei miei soldati.
Il tutto vivendo le giornate secondo i programmi e gli impegni delle varie attività operative, condividendole e dando spazio al dialogo e all’incontro personale in collaborazione con il Comando. La serenità del loro cuore li aiuta a svolgere bene e in sicurezza il loro compito.
Chiediamo a Dio, nella preghiera, le cose giuste per il mondo intero, non guardando solo a noi, ma in una visione globale del bene comune e della pace tra i popoli. Rinsaldiamo la nostra Fede, non rimaniamo nei luoghi comuni, nei giudizi e pregiudizi sommari, ma ognuno secondo la sua specifica vocazione, porti il suo contributo per il bene comune. A noi Cristiani, in divisa o meno, è chiesto di essere autentici annunciatori con la nostra vita dell’amore di Dio ad ogni uomo di qualsiasi razza, religione e in qualsiasi modo.
perché il Padre sia glorificato nel Figlio.
Se mi chiederete qualche cosa nel mio Nome, io la farò" (Gv 14.13-14).
"In verità, in verità vi dico: se chiederete qualche cosa al Padre nel mio Nome, egli ve la darà.
Finora non avete chiesto nulla nel mio Nome.
Chiedete e otterrete, perché la vostra gioia sia piena" (Gv 16.23-24).
Con queste parole d’introduzione, prese dall’Evangelista Giovanni, vorrei parlarvi del mio essere qui in Missione per arrivare a parlare dei miei soldati indirettamente, ma che diventano i protagonisti di questa vita per il Signore, per i fratelli e per la Pace. Lo scopo di questo Blog è sempre stato quello di amplificare le notizie per far conoscere l’impegno dei nostri soldati e per farlo, mi perdonerete, se parlo di me. L’’intento è quello di raccontarvi di loro e del loro “Servizio”. In una società massificata e alla ricerca di non si sa cosa, questi giovani Italiani ci parlano di impegno e di valori. Non voglio entrare nel merito di una discussione socio politica, ma guardare con gli occhi della fede l’impegno di chi con le stellette vive la fede, in quel Dio che ci ha parlato di amore.
Come trascorro le mie giornate qui in Teatro Operativo? E’ una delle domande che maggiormente mi viene rivolta, sia dai miei soldati lasciati in Patria, che dai miei amici, conoscenti e lettori.
La settimana la trascorro serena caratterizzata soprattutto dai numerosi incontri con le persone. Il contatto quotidiano con loro mi tiene vicino a tutti i problemi e mi mette in condizione di aiutarli a portare le loro croci: il Sacerdote è colui che aiuta a portare la croce. Dopo i primi saluti e il ringraziamento per dedicare a loro del tempo, ciascuno espone il proprio problema che vuol condividere con il Cappellano nella speranza che lo aiuti a trovare una soluzione. Sono davvero felice di poterli aiutare. E, in caso contrario, di poter essere loro vicino sostenendoli nelle difficoltà della vita. Problemi, riflessioni, domande … di carattere famigliare, di lavoro, timore che in tante difficoltà ci sia lo zampino del diavolo, sul senso del male, dell’odio, della mancanza di amore … E' per me un impegno sentire tutti, e far sì che sappiano che il Cappellano Militare condivide le loro difficoltà e le porta nella sua preghiera.
L’incontro con i nostri soldati è la cosa più importante, un incontro che è soprattutto ASCOLTO dei loro sfoghi, delle loro idee, delle loro domande sulla vita, sulla fede, sui loro progetti … questo è il mio “lavoro”, incontrarli, stare con loro, condividere il loro cammino, essere fratello maggiore e guida, aiutarli a riflettere, a darsi delle risposte sul senso della vita, a PREGARE con loro e soprattutto per loro e così facendo annunciare il Vangelo di Cristo, che da senso alla vita, ai gesti della vita, del loro amore alla famiglia, alla terra, al loro servizio … è sempre per me motivo di commozione sentirli raccontare delle proprie famigli, figli, spose … forse potreste dirmi: poca cosa? Si! forse, ma oggi chi sa ascoltare, condividere … educare ?
Questo è per me essere prete con le stellette: ASCOLTARE, PREGARE, EDUCARE con l’esempio, in un cammino identico alla ricerca del bene comune, del servizio ai fratelli, alla ricerca di quei valori che non sono passeggeri, ma eterni: Fede, Speranza, Carità.
Ora, capite che la giornata è scandita dalla preghiera continua (5 volte al giorno, come i nostri fratelli Mussulmani) sullo stile della preghiera di Gesù: “Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio abbi pietà di me, peccatore”, di tradizione Orientale, offerta per i nostri soldati, per le loro famiglie, per la Pace. Ogni giorno si avvicina qualcuno a chiedere di pregare per qualche sua intenzione particolare … anche questa è vita cristiana.
Così allora la giornata: Ufficio di Lettura, Lodi, S. Messa - Meditazione, Lettura spirituale, Ora Media - Lettura continuata della Bibbia, Vespro - Adorazione Eucaristica, S. Rosario - Esame di coscienza, Compieta e la giornata passa con il Signore nel volto dei miei soldati.
Il tutto vivendo le giornate secondo i programmi e gli impegni delle varie attività operative, condividendole e dando spazio al dialogo e all’incontro personale in collaborazione con il Comando. La serenità del loro cuore li aiuta a svolgere bene e in sicurezza il loro compito.
Chiediamo a Dio, nella preghiera, le cose giuste per il mondo intero, non guardando solo a noi, ma in una visione globale del bene comune e della pace tra i popoli. Rinsaldiamo la nostra Fede, non rimaniamo nei luoghi comuni, nei giudizi e pregiudizi sommari, ma ognuno secondo la sua specifica vocazione, porti il suo contributo per il bene comune. A noi Cristiani, in divisa o meno, è chiesto di essere autentici annunciatori con la nostra vita dell’amore di Dio ad ogni uomo di qualsiasi razza, religione e in qualsiasi modo.
Afganistan, Bala Murghab: Vita quotidiana in F.O.B. con i solati.
Scrivo da questa postazione dal fronte Nord Ovest di Herat a Bala Murghab in Afgansitan, per parlare con chi ci segue, in particolare le famiglie di questi nostri soldati e dir loro di essere orgogliosi dei loro cari.
Il mio primo e fondamentale servizio alla comunità è la Celebrazione Eucaristica e a questo proposito mi tornano alla mente le parole di San Gregorio di Nissa, un Padre della primitiva Chiesa, che diceva: “colui che fu steso sulla croce nel momento della morte è colui che unisce ed armonizza ogni cosa”, senza questa ricchezza la vita cristiana rischia di svuotarsi e le azioni morali e di carità rischiano di essere solo formalismo, pertanto il compito del Cappellano è quello di ricordare questi aspetti ed armonizzarli attraverso il suo essere l’uomo del sacro che sa trovare in ogni persona un cuore bello e uno spirito attento facendo di loro dei servitori autentici alla Pace e della sicurezza. Così facendo realizzeranno in pieno il mandato che è stato affidato dalla Nato e dalla comunità internazionale per la pace di questa terra. In tutto questo, l’aspetto spirituale, capite, che non è meno importante, anzi è il fulcro di ogni azione. L’uomo è fatto di carne e di spirito che voglia o no, il compito mio è di ricordare questo secondo elemento della vita. Una spiritualità fatta di piccole cose: testimonianza, ascolto, dialogo. La piccola chiesa nel Bunker, la S. Messa quotidiana, la mia preghiera personale, il dialogo con i singoli, la spiegazione ai dubbi, il sincerarmi della loro tranquillità … Essere credenti e cristiani, significa essere autentici in ciò che si fa e allora l’impegno è condurli, attraverso il cammino della Chiesa e la vita Sacramentale a recuperare questa appartenenza.
Sono le prime ore di questo nuovo giorno, sta albeggiando e gli uccelli in volo in questo cielo azzurro cantano la loro giornata, pregano il loro Dio con voli stupendi, mi sono incantato a guardarli e a sentire la loro voce risuonare nel silenzio del giorno che sta nascendo, il sole fa la sua comparsa dietro le montagne e il deserto, annunciando una nuova giornata e gli uccelli cantano la loro gioia. Io inizio la mia preghiera di Lode e contornato da questa meraviglia della natura inizio il mio giorno accanto a questi nostri soldati. Molti smontano dalla guardia notturna, altri iniziano il loro servizio, per tutti si riprendono le attività. Un sorriso incrocia i nostri sguardi ed è il saluto sincero per iniziare la giornata.
Ora, uno dei rischi in queste missioni di frontiera, è che ci si abbruttisca un po’, occupati e preoccupati delle operazioni, che sono ovviamente il fulcro e il motivo della nostra presenza, talvolta ci portano a dimenticare l’aspetto di come si vive, e questo incide senza accorgerci anche sull’efficienza operativa. La logistica non è un aspetto secondario, tutto deve funzionare perché ogni soldato possa svolgere il suo lavoro nel migliore dei modi, pertanto semplicità e povertà di elementi non significa trascuratezza. Signorilità, eleganza ed educazione sono alla base di tutto quello che si fa. Questo sta ad indicare: rispetto per se stessi, per il servizio e il popolo che si è qui ad aiutare. Dico queste cose, perché credo che “la bellezza salverà il mondo”, una bellezza di cuore, di idee, di servizio, ci permetterà di riuscire nel nostro servizio alla Pace. La cultura, la personalità, la formazione, la spiritualità di ogni persona contribuirà a vivere una vita dignitosa per se e per gli altri.
Ogni cosa al campo è pensata, realizzata e vissuta: collaborazione a 390°, rispetto dei ruoli, adattamento alle situazioni, ma anche una sottile ricerca di bellezza che dice la ricchezza d’animo di questi nostri giovani militari. Ricchezza accumulata in famiglia, nell’educazione, nell’esperienza. Ogni settore della vita ordinaria è ben svolto e nessuno sottovalutato. Il plotone che offre sicurezza o che pattuglia non è più importante del gruppo che cucina, che sistema i mezzi o che offre l’efficienza alla base: luce, comunicazioni, acqua, lavanderia ecc… Tutti sono impegnati a svolgere il proprio compito con precisione e impegno concedendosi anche qualche comodità ed alcuni elementi di eleganza, una tavola di legno ben tagliata, una scritta ben fatta, una stoffa o un telo ben ordinato, un caffè offerto al collega… Lo sforzo a sistemarsi e a creare situazioni alloggiative comuni utili, efficienti e decorse: cibo essenziale ma curato, mezzi ben ordinati e funzionali … ci danno lo spirito giusto della vita quotidiana. La cura della persona, della divisa, dei modi di stare a tavola, dell’igiene, ecc… ci permettono di non abbruttirci ma di operare in sicurezza. I mesi da trascorrere qui sono molti ed è necessario non perdere di vista la vita personale e degli altri, nel rispetto dei ruoli. Curare i dettagli talvolta sembra sciocco o superfluo, ma alla fine dimostrano attenzione, serietà e competenza. Una lastrina a un Breefing ben fatta dice molto di chi parla, di che cosa si vuole fare e di cosa soprattutto si vuole ottenere. I nostri soldati, tutti e nessuno escluso, vive così questa missione, offrendo il proprio servizio e supporto a questa popolazione dimostrando attaccamento alla vita militare e quindi agli ideali che li ha portati a fare questa scelta, vivendola come “Vocazione”.
Sono il segno di un profondo rispetto alle proprie famiglie, alle proprie tradizioni, ai propri superiori, alla nostra Patria. Parlare e servire la pace, significa essere in pace con se e con gli altri e questo compito di educarci mentre educhiamo è fondamentale per la buona riuscita di questa nostra presenza.
Il mio primo e fondamentale servizio alla comunità è la Celebrazione Eucaristica e a questo proposito mi tornano alla mente le parole di San Gregorio di Nissa, un Padre della primitiva Chiesa, che diceva: “colui che fu steso sulla croce nel momento della morte è colui che unisce ed armonizza ogni cosa”, senza questa ricchezza la vita cristiana rischia di svuotarsi e le azioni morali e di carità rischiano di essere solo formalismo, pertanto il compito del Cappellano è quello di ricordare questi aspetti ed armonizzarli attraverso il suo essere l’uomo del sacro che sa trovare in ogni persona un cuore bello e uno spirito attento facendo di loro dei servitori autentici alla Pace e della sicurezza. Così facendo realizzeranno in pieno il mandato che è stato affidato dalla Nato e dalla comunità internazionale per la pace di questa terra. In tutto questo, l’aspetto spirituale, capite, che non è meno importante, anzi è il fulcro di ogni azione. L’uomo è fatto di carne e di spirito che voglia o no, il compito mio è di ricordare questo secondo elemento della vita. Una spiritualità fatta di piccole cose: testimonianza, ascolto, dialogo. La piccola chiesa nel Bunker, la S. Messa quotidiana, la mia preghiera personale, il dialogo con i singoli, la spiegazione ai dubbi, il sincerarmi della loro tranquillità … Essere credenti e cristiani, significa essere autentici in ciò che si fa e allora l’impegno è condurli, attraverso il cammino della Chiesa e la vita Sacramentale a recuperare questa appartenenza.
Sono le prime ore di questo nuovo giorno, sta albeggiando e gli uccelli in volo in questo cielo azzurro cantano la loro giornata, pregano il loro Dio con voli stupendi, mi sono incantato a guardarli e a sentire la loro voce risuonare nel silenzio del giorno che sta nascendo, il sole fa la sua comparsa dietro le montagne e il deserto, annunciando una nuova giornata e gli uccelli cantano la loro gioia. Io inizio la mia preghiera di Lode e contornato da questa meraviglia della natura inizio il mio giorno accanto a questi nostri soldati. Molti smontano dalla guardia notturna, altri iniziano il loro servizio, per tutti si riprendono le attività. Un sorriso incrocia i nostri sguardi ed è il saluto sincero per iniziare la giornata.
Ora, uno dei rischi in queste missioni di frontiera, è che ci si abbruttisca un po’, occupati e preoccupati delle operazioni, che sono ovviamente il fulcro e il motivo della nostra presenza, talvolta ci portano a dimenticare l’aspetto di come si vive, e questo incide senza accorgerci anche sull’efficienza operativa. La logistica non è un aspetto secondario, tutto deve funzionare perché ogni soldato possa svolgere il suo lavoro nel migliore dei modi, pertanto semplicità e povertà di elementi non significa trascuratezza. Signorilità, eleganza ed educazione sono alla base di tutto quello che si fa. Questo sta ad indicare: rispetto per se stessi, per il servizio e il popolo che si è qui ad aiutare. Dico queste cose, perché credo che “la bellezza salverà il mondo”, una bellezza di cuore, di idee, di servizio, ci permetterà di riuscire nel nostro servizio alla Pace. La cultura, la personalità, la formazione, la spiritualità di ogni persona contribuirà a vivere una vita dignitosa per se e per gli altri.
Ogni cosa al campo è pensata, realizzata e vissuta: collaborazione a 390°, rispetto dei ruoli, adattamento alle situazioni, ma anche una sottile ricerca di bellezza che dice la ricchezza d’animo di questi nostri giovani militari. Ricchezza accumulata in famiglia, nell’educazione, nell’esperienza. Ogni settore della vita ordinaria è ben svolto e nessuno sottovalutato. Il plotone che offre sicurezza o che pattuglia non è più importante del gruppo che cucina, che sistema i mezzi o che offre l’efficienza alla base: luce, comunicazioni, acqua, lavanderia ecc… Tutti sono impegnati a svolgere il proprio compito con precisione e impegno concedendosi anche qualche comodità ed alcuni elementi di eleganza, una tavola di legno ben tagliata, una scritta ben fatta, una stoffa o un telo ben ordinato, un caffè offerto al collega… Lo sforzo a sistemarsi e a creare situazioni alloggiative comuni utili, efficienti e decorse: cibo essenziale ma curato, mezzi ben ordinati e funzionali … ci danno lo spirito giusto della vita quotidiana. La cura della persona, della divisa, dei modi di stare a tavola, dell’igiene, ecc… ci permettono di non abbruttirci ma di operare in sicurezza. I mesi da trascorrere qui sono molti ed è necessario non perdere di vista la vita personale e degli altri, nel rispetto dei ruoli. Curare i dettagli talvolta sembra sciocco o superfluo, ma alla fine dimostrano attenzione, serietà e competenza. Una lastrina a un Breefing ben fatta dice molto di chi parla, di che cosa si vuole fare e di cosa soprattutto si vuole ottenere. I nostri soldati, tutti e nessuno escluso, vive così questa missione, offrendo il proprio servizio e supporto a questa popolazione dimostrando attaccamento alla vita militare e quindi agli ideali che li ha portati a fare questa scelta, vivendola come “Vocazione”.
Sono il segno di un profondo rispetto alle proprie famiglie, alle proprie tradizioni, ai propri superiori, alla nostra Patria. Parlare e servire la pace, significa essere in pace con se e con gli altri e questo compito di educarci mentre educhiamo è fondamentale per la buona riuscita di questa nostra presenza.
Riflessioni del cappellano: Essere Soldato e costruttore di Pace a Bala Murghab
Oggi nella Festa Liturgica di San Francesco d’Assisi, Patrono d’Italia, una riflessione estemporanea fatta di foto che dicono la nostra missione.
Nell’occasione vi segnalo un libro in pubblicazione in questi giorni: “Volti e Voci dal Mondo” Cultura e società dei paesi in via di sviluppo viste e raccontate da un giornalista, un militare, un medico di Giorgio Fornoni, Danilo Prestia, Massimiliano Fanni Cannelles con l’ introduzione di don Antonio Mazzi e la prefazione di Carlo Romeo, edito da RaiEri, con il patrocinio dell’ Onlus @uxilia.
Il lavoro del soldato non è piacevole, e soprattutto non piace agli Italiani, ma i nostri giovani credono della Patria e nei valori che essa rappresenta: Famiglia, Fede, Libertà, Cultura …
Essere lontani a servire la nostra Nazione, qui in queste terre, come in molti altri posti, può sembrare difficile o addirittura incomprensibile.
Che vuol dire?
Che significa essere Italiani ed esserlo come soldati in un altro paese sovrano?
Vuol dire collaborazione e aiuto a costruire un paese nella libertà e nella dignità rispettando usi e costumi, fede e tradizioni.
Questo è il compito dell’Italia e dei paesi appartenenti al Patto Atlantico sotto il nome della Nato, significa rispetto, collaborazione, aiuto, carità … e questo è quello che fanno i nostri giovani Italiani in divisa, qui come in altri teatri. Non voglio fare ne politica, ne sociologia, ma solo riflettere ad alta voce e spiegare qual’ è il nostro “Lavoro”, per dire a loro il nostro grazie, e richiamare a tutti, l’impegno di essere gli uni per gli altri a servizio dell’umanità.
Quando si arriva in una terra come l’Afganistan, la prima cosa che appare agli occhi è la povertà di un popolo e la durezza del territorio, poi informandosi, parlando con loro, scopri la grandezza di gente che ha sofferto e nonostante tutto continua la sua vita e le sue tradizioni. La seconda cosa che ti colpisce sono i volti dei bambini che difficilmente sorrido o piangono, segno di durezza di cuore? No segno di mancanza di libertà, pertanto il nostro sorvegliare, pattugliare… è per offrire una possibilità di ricostruzione sociale, umana, della loro vita che da troppo tempo è martoriata per volere di altri, il nostro aiuto a ricostruire strutture e classe sociale, offrendo collaborazione partendo dalle cose più semplici, ma fondamentali, per la vita: acqua, luce, cibo, scuole, ospedali, viabilità …. sicurezza, pace … sono il nostro lavoro e le armi, così deprecate, sono la sicurezza per loro e per noi davanti a chi non rispetta queste regole fondamentali della convivenza. Tutti vorremmo vivere nella pace e senza guerra, e per questo si deve lavorare e la diplomazia e i potenti della terra devono impegnarsi, tutti vorremmo risolvere i problemi parlando e confrontandosi, ma questo, purtroppo, non accade e allora il debole rischia di soccombere e in attesa della pace è necessario imporla la dove il debole non riesce a difendersi.
Ora vi rimando all’album fotografico per alcune foto, gentilmente concesse dal Ten. Col. Medico Danilo Prestia, che ora vi ripropongo, sono e vogliono essere la risposta a questa nostra presenza, a questo nostro impegno a questo popolo che siamo qui a servire. Aiutandolo, onoriamo la nostra Patria, la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra antica storia, senza far fare nessun passo veloce, ma accompagnandoli nel loro cammino di crescita, rispettando usi e costumi, fede e modi di vita, certi che molto c’è da fare e che non potremo risolvere tutto, ma sicuri che anche noi possiamo contribuire al loro progresso e ad aiutarli a risorgere da un momento difficile.
Una terra dove la notte è più buia e le stelle brillano più intensamente, dove l’alba e il tramonto hanno un sapore poetico, dove la sabbia e le rocce ci parlano di fatica e impegno, dove il volto della gente è provato dalla fatica, dove la voce del muezzin richiama ai valori di Dio e della fede in Lui, dove l’odio e la religione creano cattiveria, ma dove nel cuore c’è desiderio di amare e di vivere in questa parte del pianeta in serenità e armonia nonostante tutto.
Nell’occasione vi segnalo un libro in pubblicazione in questi giorni: “Volti e Voci dal Mondo” Cultura e società dei paesi in via di sviluppo viste e raccontate da un giornalista, un militare, un medico di Giorgio Fornoni, Danilo Prestia, Massimiliano Fanni Cannelles con l’ introduzione di don Antonio Mazzi e la prefazione di Carlo Romeo, edito da RaiEri, con il patrocinio dell’ Onlus @uxilia.
Il lavoro del soldato non è piacevole, e soprattutto non piace agli Italiani, ma i nostri giovani credono della Patria e nei valori che essa rappresenta: Famiglia, Fede, Libertà, Cultura …
Essere lontani a servire la nostra Nazione, qui in queste terre, come in molti altri posti, può sembrare difficile o addirittura incomprensibile.
Che vuol dire?
Che significa essere Italiani ed esserlo come soldati in un altro paese sovrano?
Vuol dire collaborazione e aiuto a costruire un paese nella libertà e nella dignità rispettando usi e costumi, fede e tradizioni.
Questo è il compito dell’Italia e dei paesi appartenenti al Patto Atlantico sotto il nome della Nato, significa rispetto, collaborazione, aiuto, carità … e questo è quello che fanno i nostri giovani Italiani in divisa, qui come in altri teatri. Non voglio fare ne politica, ne sociologia, ma solo riflettere ad alta voce e spiegare qual’ è il nostro “Lavoro”, per dire a loro il nostro grazie, e richiamare a tutti, l’impegno di essere gli uni per gli altri a servizio dell’umanità.
Quando si arriva in una terra come l’Afganistan, la prima cosa che appare agli occhi è la povertà di un popolo e la durezza del territorio, poi informandosi, parlando con loro, scopri la grandezza di gente che ha sofferto e nonostante tutto continua la sua vita e le sue tradizioni. La seconda cosa che ti colpisce sono i volti dei bambini che difficilmente sorrido o piangono, segno di durezza di cuore? No segno di mancanza di libertà, pertanto il nostro sorvegliare, pattugliare… è per offrire una possibilità di ricostruzione sociale, umana, della loro vita che da troppo tempo è martoriata per volere di altri, il nostro aiuto a ricostruire strutture e classe sociale, offrendo collaborazione partendo dalle cose più semplici, ma fondamentali, per la vita: acqua, luce, cibo, scuole, ospedali, viabilità …. sicurezza, pace … sono il nostro lavoro e le armi, così deprecate, sono la sicurezza per loro e per noi davanti a chi non rispetta queste regole fondamentali della convivenza. Tutti vorremmo vivere nella pace e senza guerra, e per questo si deve lavorare e la diplomazia e i potenti della terra devono impegnarsi, tutti vorremmo risolvere i problemi parlando e confrontandosi, ma questo, purtroppo, non accade e allora il debole rischia di soccombere e in attesa della pace è necessario imporla la dove il debole non riesce a difendersi.
Ora vi rimando all’album fotografico per alcune foto, gentilmente concesse dal Ten. Col. Medico Danilo Prestia, che ora vi ripropongo, sono e vogliono essere la risposta a questa nostra presenza, a questo nostro impegno a questo popolo che siamo qui a servire. Aiutandolo, onoriamo la nostra Patria, la nostra cultura, le nostre tradizioni, la nostra antica storia, senza far fare nessun passo veloce, ma accompagnandoli nel loro cammino di crescita, rispettando usi e costumi, fede e modi di vita, certi che molto c’è da fare e che non potremo risolvere tutto, ma sicuri che anche noi possiamo contribuire al loro progresso e ad aiutarli a risorgere da un momento difficile.
Una terra dove la notte è più buia e le stelle brillano più intensamente, dove l’alba e il tramonto hanno un sapore poetico, dove la sabbia e le rocce ci parlano di fatica e impegno, dove il volto della gente è provato dalla fatica, dove la voce del muezzin richiama ai valori di Dio e della fede in Lui, dove l’odio e la religione creano cattiveria, ma dove nel cuore c’è desiderio di amare e di vivere in questa parte del pianeta in serenità e armonia nonostante tutto.
Missione: il Cappellano in Teatro Operativo, l’uomo dell’Eucaristia.
Molti, prima di partire per la Missione mi chiedevano: ma tu che cosa farai con i soldati, quale il tuo impegno in un teatro come l’Afganistan? Che ci fa un prete con i soldati in una zona operativa?
Per molti, è difficile comprendere l’utilità della presenza del Cappellano nelle Forze Armate, si pensa che i soldati siano gli uomini della Guerra, che il loro compito sia quello di uccidere … ma vi invito a superare i luoghi comuni e fare uno sforzo mentale e intellettivo per comprendere il senso della Difesa in un’altra prospettiva.
La nostra presenza nelle zone di “crisi” è fine ad assicurare la Pace la dove non c’è, pertanto la presenza dei nostri soldati ha questo compito. Le così dette “Regole d’Ingaggio” sono quelle di affiancarci alle forze locali per collaborare alla sicurezza della vita di questo popolo. Il Cappellano pertanto accanto a questi uomini e donne in divisa condivide il cammino, affinché, anche in posti lontani dal suolo nazionale, possa continuare a vivere la sua fede in modo continuato all’interno del cammino della Chiesa. Pertanto il mio compito è essere per loro pastore del loro cuore, alla ricerca sempre di Dio e della Sua volontà. Essere militari non significa non essere cristiani, anzi si può essere cristiani e militarti. La carità è anche questa.
Pertanto la mia giornata con loro è di presenza costante come guida spirituale e confronto umano e religioso della loro vita e delle loro scelte e ministro ordinato del culto.
La mia giornata è caratterizzata da una continua presenza e assistenza alla loro vita e al loro impiego affinché, in un contesto difficile di vita, sia dal punto di vista logistico che di sicurezza, possano non perdere di vista gli ideali fondamentali del loro “Servizio” e delle loro scelte personali, coltivando la vita religiosa e il rapporto con Dio.
Il Concilio Vaticano II afferma che “la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il Vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri” (SC 41).
In questa prospettiva, nel recente Congresso Eucaristico Nazionale, si colloca Benedetto XVI quando istituisce il rapporto tra l’Eucaristia e la Chiesa particolare, vedendo nel ministero del Vescovo il compito imprescindibile di “guida, promotore e custode di tutta la vita liturgica della propria Chiesa” (Sacramentum caritatis, n. 39).
Benedetto XVI, riscoprendo il tesoro nascosto della tradizione cristiana, nell’Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis avverta la necessità di insistere sull’efficacia dell’Eucaristia per la vita quotidiana: “In quanto coinvolge la realtà umana del credente nella sua concretezza quotidiana, l’Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell'uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29s). Non c’è nulla di autenticamente umano — pensieri ed affetti, parole ed opere — che non trovi nel sacramento dell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza” (n. 71). Il Papa può così fare proprio il proposito dei Padri sinodali: “i fedeli cristiani hanno bisogno di una più profonda comprensione delle relazioni tra l’Eucaristia e la vita quotidiana” (n. 77).
Pertanto, se per il Cristiano l’Eucaristia è il momento centrale della vita religiosa e l’anima della fede, l’assicurare la Celebrazione Eucaristica, la Confessione e le pratiche religiose quotidianamente diventa, allora, fondamentale la presenza del Cappellano. La S. Messa non è cosa da poco e se non fosse per altro, solo per questo. “Chi mangia di me vive per me” e questo è il mio primo servizio, unito alla presenza serena di un “fratello maggiore” che condivide con loro il disagio e l’impegno del loro servizio, per ascoltare, rinfrancare e animare il loro cuore. Questo è il compito della Chiesa in ogni parte del mondo e con ogni categoria di persona, condividendo la vita dei singoli nei loro contesti.
In una riflessione del nostro ordinario Militare Mons. Vincenzo Pelvi, in occasione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale, così si esprimeva a riguardo dell’Eucaristia:
“Ci troviamo qui, perché Cristo ci ha scelto e noi abbiamo risposto, attirati dal mistero di una vita che ci aiuta a non disperare mai nella vita”. “Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; ed è attento a ogni persona, si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità”, “Dal dono di amore di Cristo proviene pertanto la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società solidale, giusta, fraterna”. “Come il pane, Cristo è necessario. Come un amico che si avvicina tacitamente, aspetta senza tregua, pronto ad accogliere tutti, l’Eucaristia è l’invito a una mensa dolcissima di unione, di dolore e di amore. Chiama chi più soffre e fatica, chi è povero e piange, chi è solo e senza aiuto, chi è piccolo e innocente. La sua voce arriva ai vicini e ai lontani, agli illusi, ai pentiti e ai credenti”. “L’Eucaristia ci vuole liberare da ogni abbattimento e sconforto, ci vuole far rialzare, perché possiamo riprendere il cammino con la forza che Dio ci dà mediante Gesù Cristo”. (Cfr. Sito dell’Ordinariato Militare: “Con il Pane Cristo ci è necessario”)
La Chiesa da sempre è la’ dove vive l’uomo, pertanto non capisco perché dovremmo non esserci anche in questo settore. La preghiera può e deve essere anche personale, ma non solo, il cristiano vive la sua fede nella comunità e la condivide con gli altri nella vita Sacramentale.
Noi lamentiamo la mancanza di sacerdoti nelle nostre comunità, quando viene a mancare, così per questi nostri giovani figli d’Italia la nostra presenza di ministri di culto diventa un servizio fondamentale, nel rispetto delle singole scelte ovviamente. Inoltre, in un contesto di pericolo e rischio, maggiormente la fede è provata da una parte e prende slancio dall’altra, per paura, superstizione, tradizione … ? Forse anche, ma questo non è un limite, semmai un’opportunità di dialogo e di confronto e di crescita.
Così in questa terra lontana in un deserto d’oriente, qui in una tenda Dio rimane presente nell’Eucaristia come ospite e fratello tra la sua gente.
Mi sento uomo di preghiera, mi sento eremita tra molti, mi sento monaco e fratello che con loro e per loro prega affinché Dio rimanga nel cuore di chi lo cerca con la sua vita e il suo “Lavoro”.
A quelli che si sentono “pacifisti” e contestano questa presenza, dico: lasciate le polemiche e guardate il cuore di questi nostri fratelli con le stellette, guardate a ciò che fanno, alla carità che hanno nel cuore e che, imparata nel contesto del focolare domestico delle loro terre, la travasano qui con spirito di fratellanza e di servizio a un popolo che ha ancora difficoltà a vivere una vita dignitosa e sicura perché altri hanno deciso di sfruttarli e di usarli per i propri interessi.
Uomo di preghiera nel deserto, uomo di preghiera tra i soldati, uomo di preghiera per la Pace e la Sicurezza, uomo di adorazione per tutti.
Dall’Eucaristia nascerà un mondo nuovo, dall’amore di un Dio che offre la sua vita sulla croce e risorge lasciandoci il pane e il vino come occasione di rinascita, si ripartirà per costruire la nuova umanità rinnovata da Cristo. Questo il mio impegno tra i nostri soldati Italiani.
Per molti, è difficile comprendere l’utilità della presenza del Cappellano nelle Forze Armate, si pensa che i soldati siano gli uomini della Guerra, che il loro compito sia quello di uccidere … ma vi invito a superare i luoghi comuni e fare uno sforzo mentale e intellettivo per comprendere il senso della Difesa in un’altra prospettiva.
La nostra presenza nelle zone di “crisi” è fine ad assicurare la Pace la dove non c’è, pertanto la presenza dei nostri soldati ha questo compito. Le così dette “Regole d’Ingaggio” sono quelle di affiancarci alle forze locali per collaborare alla sicurezza della vita di questo popolo. Il Cappellano pertanto accanto a questi uomini e donne in divisa condivide il cammino, affinché, anche in posti lontani dal suolo nazionale, possa continuare a vivere la sua fede in modo continuato all’interno del cammino della Chiesa. Pertanto il mio compito è essere per loro pastore del loro cuore, alla ricerca sempre di Dio e della Sua volontà. Essere militari non significa non essere cristiani, anzi si può essere cristiani e militarti. La carità è anche questa.
Pertanto la mia giornata con loro è di presenza costante come guida spirituale e confronto umano e religioso della loro vita e delle loro scelte e ministro ordinato del culto.
La mia giornata è caratterizzata da una continua presenza e assistenza alla loro vita e al loro impiego affinché, in un contesto difficile di vita, sia dal punto di vista logistico che di sicurezza, possano non perdere di vista gli ideali fondamentali del loro “Servizio” e delle loro scelte personali, coltivando la vita religiosa e il rapporto con Dio.
Il Concilio Vaticano II afferma che “la principale manifestazione della Chiesa si ha nella partecipazione piena e attiva di tutto il popolo santo di Dio alle medesime celebrazioni liturgiche, soprattutto alla medesima Eucaristia, alla medesima preghiera, al medesimo altare cui presiede il Vescovo circondato dal suo presbiterio e dai ministri” (SC 41).
In questa prospettiva, nel recente Congresso Eucaristico Nazionale, si colloca Benedetto XVI quando istituisce il rapporto tra l’Eucaristia e la Chiesa particolare, vedendo nel ministero del Vescovo il compito imprescindibile di “guida, promotore e custode di tutta la vita liturgica della propria Chiesa” (Sacramentum caritatis, n. 39).
Benedetto XVI, riscoprendo il tesoro nascosto della tradizione cristiana, nell’Esortazione apostolica post-sinodale Sacramentum caritatis avverta la necessità di insistere sull’efficacia dell’Eucaristia per la vita quotidiana: “In quanto coinvolge la realtà umana del credente nella sua concretezza quotidiana, l’Eucaristia rende possibile, giorno dopo giorno, la progressiva trasfigurazione dell'uomo chiamato per grazia ad essere ad immagine del Figlio di Dio (cfr Rm 8,29s). Non c’è nulla di autenticamente umano — pensieri ed affetti, parole ed opere — che non trovi nel sacramento dell’Eucaristia la forma adeguata per essere vissuto in pienezza” (n. 71). Il Papa può così fare proprio il proposito dei Padri sinodali: “i fedeli cristiani hanno bisogno di una più profonda comprensione delle relazioni tra l’Eucaristia e la vita quotidiana” (n. 77).
Pertanto, se per il Cristiano l’Eucaristia è il momento centrale della vita religiosa e l’anima della fede, l’assicurare la Celebrazione Eucaristica, la Confessione e le pratiche religiose quotidianamente diventa, allora, fondamentale la presenza del Cappellano. La S. Messa non è cosa da poco e se non fosse per altro, solo per questo. “Chi mangia di me vive per me” e questo è il mio primo servizio, unito alla presenza serena di un “fratello maggiore” che condivide con loro il disagio e l’impegno del loro servizio, per ascoltare, rinfrancare e animare il loro cuore. Questo è il compito della Chiesa in ogni parte del mondo e con ogni categoria di persona, condividendo la vita dei singoli nei loro contesti.
In una riflessione del nostro ordinario Militare Mons. Vincenzo Pelvi, in occasione del XXV Congresso Eucaristico Nazionale, così si esprimeva a riguardo dell’Eucaristia:
“Ci troviamo qui, perché Cristo ci ha scelto e noi abbiamo risposto, attirati dal mistero di una vita che ci aiuta a non disperare mai nella vita”. “Chi riconosce Gesù nell’Ostia santa, lo riconosce nel fratello che soffre, che ha fame e ha sete, che è forestiero, ignudo, malato, carcerato; ed è attento a ogni persona, si impegna, in modo concreto, per tutti coloro che sono in necessità”, “Dal dono di amore di Cristo proviene pertanto la nostra speciale responsabilità di cristiani nella costruzione di una società solidale, giusta, fraterna”. “Come il pane, Cristo è necessario. Come un amico che si avvicina tacitamente, aspetta senza tregua, pronto ad accogliere tutti, l’Eucaristia è l’invito a una mensa dolcissima di unione, di dolore e di amore. Chiama chi più soffre e fatica, chi è povero e piange, chi è solo e senza aiuto, chi è piccolo e innocente. La sua voce arriva ai vicini e ai lontani, agli illusi, ai pentiti e ai credenti”. “L’Eucaristia ci vuole liberare da ogni abbattimento e sconforto, ci vuole far rialzare, perché possiamo riprendere il cammino con la forza che Dio ci dà mediante Gesù Cristo”. (Cfr. Sito dell’Ordinariato Militare: “Con il Pane Cristo ci è necessario”)
La Chiesa da sempre è la’ dove vive l’uomo, pertanto non capisco perché dovremmo non esserci anche in questo settore. La preghiera può e deve essere anche personale, ma non solo, il cristiano vive la sua fede nella comunità e la condivide con gli altri nella vita Sacramentale.
Noi lamentiamo la mancanza di sacerdoti nelle nostre comunità, quando viene a mancare, così per questi nostri giovani figli d’Italia la nostra presenza di ministri di culto diventa un servizio fondamentale, nel rispetto delle singole scelte ovviamente. Inoltre, in un contesto di pericolo e rischio, maggiormente la fede è provata da una parte e prende slancio dall’altra, per paura, superstizione, tradizione … ? Forse anche, ma questo non è un limite, semmai un’opportunità di dialogo e di confronto e di crescita.
Così in questa terra lontana in un deserto d’oriente, qui in una tenda Dio rimane presente nell’Eucaristia come ospite e fratello tra la sua gente.
Mi sento uomo di preghiera, mi sento eremita tra molti, mi sento monaco e fratello che con loro e per loro prega affinché Dio rimanga nel cuore di chi lo cerca con la sua vita e il suo “Lavoro”.
A quelli che si sentono “pacifisti” e contestano questa presenza, dico: lasciate le polemiche e guardate il cuore di questi nostri fratelli con le stellette, guardate a ciò che fanno, alla carità che hanno nel cuore e che, imparata nel contesto del focolare domestico delle loro terre, la travasano qui con spirito di fratellanza e di servizio a un popolo che ha ancora difficoltà a vivere una vita dignitosa e sicura perché altri hanno deciso di sfruttarli e di usarli per i propri interessi.
Uomo di preghiera nel deserto, uomo di preghiera tra i soldati, uomo di preghiera per la Pace e la Sicurezza, uomo di adorazione per tutti.
Dall’Eucaristia nascerà un mondo nuovo, dall’amore di un Dio che offre la sua vita sulla croce e risorge lasciandoci il pane e il vino come occasione di rinascita, si ripartirà per costruire la nuova umanità rinnovata da Cristo. Questo il mio impegno tra i nostri soldati Italiani.
TUTTO PASSA SOLO CRISTO RIMANE
Riflessione estemporanea del Cappellano
Ieri in viaggio verso Cagliari, per una visita di cortesia a un carissimo amico e antico superiore, prima di partire per l’Afganistan, mentre volavo verso la bella isola, leggevo il giornale, il Corriere della Sera, e dopo le solite e pesanti notizie di cronaca che campeggiamo di questi tempi, mi sono soffermato a leggere un’articolo di cronaca che mi ha colpito molto, di uno scrittore Giapponese che parlava e commentava i disastri di questi ultimi tempi che hanno colpito l’antico impero del sol levante. A un certo punto parlando della catastrone naturale commentava la capacità del suo popolo di convivere con questi fenomeni e la capacità, fisica e interiore di sapersi rigenerare ogni volta, ripartendo da zero così si esprimeva: “… Abbiamo un termine, “Mujo” per indicare che non vi è nulla di permanente a questo mondo, che ogni cosa è transitoria …”(Cfr. Corriere della Sera, 9 settembre 2011, articolo di Haruki Murakami “In Giappone sappiamo che tutto passa. E ‘ così che rinasciamo” pag. 29)Continua l’autore dell’articolo: “ … tutto ciò che esiste si estingue, tutto muta costantemente. Non esiste nessun equilibrio eterno, non vi è nulla di sufficientemente immutabile in cui si possa riporre eterna fiducia…”Capite che la lettura di queste riche mi hanno colpito molto e mi hanno fatto riflettere.Quanto è vero quello che lo scrittore Giapponese dice.L’auore è un Buddista figlio di monaco Buddista e lui stesso monaco per un periodo della sua vita, e nel suo discorso, appassionato, si ferma qui a questo livello di osservazione e di riflessione. Io vorrei andare oltre e suggerire che il messaggio di Cristo ci offre invece Lui stesso come riferimento, come roccia a cui aggrapparsi, come situazione immutabile della vita, come guida sicura ed eterna, se sappiamo fidarci di Lui, “tutto passa, solo Cristo rimane”.Continua l’auore: “… noi giapponesi, abbiamo saputo cogliere una forma di bellezza dentro questa rassegnazion. Se osserviamo la natura, per esempio, in primavera ammirriamo i “sakura”, (Boccioli di ciliegio) d’este le lucciole e in autunno le foglie gialle dei boschi. Inoltre osserviamo ogni cosa con passione e lo facciamo sempre tutti insieme …”Tutti corrono a vedere la bellezza della natura perché svanisce in brevissimo tempo, ma continua Haruki dicendo che il problema non è tanto su cosa bisogna fare per ricostruire, ma invita a riflettere sul cuore delle perosne che si sono allontanate da questa sensibilità perdendo un’etica della vita e i modelli della società, così il disastro nucleare ritorna a piombo sulla loro vita, perché non c’è stato rispetto della natura e dei valori.Questa riflessione, credo che ci aiuti tutti a comprendere che se non fondiamo la vita su ciò che conta veramente, su i veri valori, il rischio è che tutto crolli, e che la vita e il pianeta, che ci offre degli spettacoli della natura, pur passeggeri, non ritornino più.Per noi cristiani, fondare le scelte di vita e di azione su Cristo, ci offre l’opportunità di riflettere seriamente sulle scelte e sullo stile della nostra esistenza su questo pianeta e con le perosane che ci cirocndano.Dai disatri della natura possiamo rinascere, se la rispettiamo, dall’egoismo dell’uomo si soccombe tutti senza esserci ne vincitori ne vinti.
Conclude dicendo, che spetta a chi ha come mestiere, il parlare e lo scrivere richiamare alla gente questi valori, aiutarli a fermarsi e a riflettere. Mi sono sentito chiamato in causa e vi scrivo per condivedere questo articolo dello Scrittore Giapponese e per aiutare tutti a riflettere su come viviamo, quali sono i riferimenti della nostra vita, quali le leggi che guidamno le nostre scelte e a riscoprire il senso spirituale della vita, qualunque esso sia. Per me e per chi tra noi crede in Cristo, vi invito a leggere con attenzione la Sua Parola a vivere la vita come Lui ci ha insegnato e indicato e a fondarla su ciò che non muta: l’amore che diventa servizio ai singoli e alla società, ai vicini e ai lontani.Amatevi gli uni gli altri.
Vi rimando all’articolo che prendo dal Corriere della Sera, credo che la lettura di esso possa aiuatre tutti a fermarsi qualche istante a pensare e forse aiutare a ripensare a come viviamo.
Due Chiacchiere con il Cappellano:
CRESCERE DI QUALITÀ DELLA NOSTRA VITA SU QUESTA TERRA
"... Il Signore ha dato, il Signore ha tolto..."
Tra i miei amici, mi vanto e mi onoro di esserlo anche delle Monache di clausura del Monastero Benedettino di Rosano vicino a Firenze. Loro pubblicano mensilmente una rivista: " Beata Pacis Visio", da questa rivista mi permetto di mutare alcune espressioni del discorso che vado per affrontare con voi per offrirvi un’occasione di riflessione.
La nostra vita è sempre un correre e un rincorrere il tempo, mille cose da fare e comunque lo stile è quello di: non aver mai tempo per nulla, di correre e basta, con o meno giusta causa.
La liturgia della Parola feriale dei primi giorni di settembre ci fa ascoltare il Libro di Giobbe, che tutti conosciamo, altrimenti vi invito a leggerlo con attenzione. Ora il messaggio che lancia questo testo dell'Antico Testamento mi sembra il miglior commento alla situazione contemporanea.
Il mondo pieno di mali, problemi, cattiverie … e gli uomini rimangono impassibili quasi a non accorgersi di ciò che li circonda e non sanno fermarsi a riflettere per migliorare o cambiare registro per crescere di qualità della vita su questa terra.
Molte volte parlando con i miei Soldati mi sento dire: "beato te don Marco perché ... questo, quello ..." e così mi sono soffermato a pensare a quello che ci sta dietro la battuta e credo che sia una certa invidia per lo stile di vita tranquillo e scadenzato dalla preghiera, dal lavoro e dallo studio con la possibilità di dare tempo a Dio e ai fratelli in uno stile sereno, senza corse varie. Questa è la vita del prete, mi direte, ma credo che con qualche variante potrebbe essere la vita di ogni persona. Chi guarda alla vita del religioso con attenzione e non per criticare e basta si accorgerà che è molto diversa da quella che molti vivono, purtroppo solo alla ricerca di cose come: potere, denaro, successo ... con il risultato, poi, di rimanere a mani vuote e soprattutto con il cuore freddo.
Noi siamo abituati a circondarci di cose e queste sembrano darci stabilità, sicurezza , se mancano determinate comodità, servizi, agevolazioni, benefici ... sembra quasi di precipitare in un baratro - quel sentimento nel quale le nazioni sembravo essere risucchiate in questo tempo - stili di vita oggi che prevedono abbondanza di tutto e si dimentica così il senso e il valore delle cose semplici e che vanno invece considerate e rispettate: acqua, aria, ambiente, energia …
Ora se noi oggi in un mondo attento solo al benessere personale e individuale riusciamo a tuffarci generosamente nella vita semplice, fatta di cose semplici e di incontri sereni, sapendo rinunciare a qualche cosa, cercando l' essenziale, ci accorgeremo con sorpresa che si può fare a meno di alcune cose e non solo, questo modo di vivere, ci insegna a godere appieno di quello che abbiamo facendoci riappropriare di quel senso di stupore e di gioia che è proprio dei bambini e che il Signore ci mette come esempio e ci ammonisce nel Vangelo se non siamo capaci di farci come loro.
Pertanto, se questo discorso lo riversiamo nella vita di servizio e non solo quella privata e famigliare ci accorgiamo che la vita ordinaria diventa straordinaria. Faccio questo discorso perché ho avuto l’impressione parlando con i più giovani di scorgere nelle loro parole una certa amarezza e di sentirsi inutili in questo tipo di servizio che in parte hanno cercato e desiderato.
Ogni cosa che noi facciamo, contribuisce al bene di tutti, talvolta il lavoro umile, noioso, ripetitivo sembra che non serva ne a voi ne all' istituzione invece è proprio nell'insieme di ogni piccolo gesto che si fa grandi ogni cosa, non è il singolo che fa un' attività, ma è l'insieme di servizi differenti che fanno una attività, non fa bella figura il comandante, il capo ufficio, ma è tutta la Base che si distingue, ogni pratica che si firma bisognerebbe scrivere: Caserma U. Mara, perché la collaborazione di tutti, cucine, pulizie, giardini, segreterie, officine ... permettono ad alcuni di seguire e realizzare un progetto.
Ora la cosa essenziale è intraprendere questo modo di pensare e camminare con fiducia e serenità senza continuare a voltarsi indietro.
Ma la mancanza delle " cose" è forse l'aspetto meno difficile da affrontare perché l'uomo di oggi è soprattutto geloso del suo io, dei suoi diritti e vede negli altri più dei rivali da tenere sotto controllo, che dei compagni di strada con cui condividere la fatica e la meta, pertanto la collaborazione ha senso, il mettere in comune, il condividere, rispettare le regole, saper ubbidire, saper fare il proprio dovere responsabilmente … porterà alla realizzazione piena di un progetto comune. In una caserma, pertanto, non è il singolo, ma è il gruppo a raggiungere un traguardo e il mettere insieme i vari talenti o doti ci permette di realizzare un cammino, un progetto e di essere veri Soldati a servizio della Comunità e della sicurezza e della pace.
Purtroppo l'uomo non impara mai e si concentra solo su se stesso su i suoi bisogni e desideri personali dimenticando gli altri. Rispettare per esempio l'uso dell'acqua, della luce, del cibo, degli sprechi … ci permette di condividere, di aiutare e di essere felice senza che altri abbiamo invidia di alcune cose perché le abbiamo condivise, pertanto se facciamo così cadono cattiverie e gelosie, guerre e malignità. Ma siamo distratti e concentrati solo su noi tessi e diciamo: se per fare la barba lascio aperto il rubinetto o se butto del cibo non cambia nulla dall'altra parte del pianeta … vi assicuro che Dio ci garantisce che ogni cosa fatta per amore porta certamente frutto per le vie misteriose della sua provvidenza.
Così volevo chiacchierare con voi per offrirvi una riflessione seria, disinteressata e disincantata della vita, con la possibilità di fermarci a riflettere su ciò che abbiamo e potremmo non avere più se non saremo rispettosi e educarci tutti a uno stile di vita dignitoso, semplice ma autentico.
CRESCERE DI QUALITÀ DELLA NOSTRA VITA SU QUESTA TERRA
"... Il Signore ha dato, il Signore ha tolto..."
Tra i miei amici, mi vanto e mi onoro di esserlo anche delle Monache di clausura del Monastero Benedettino di Rosano vicino a Firenze. Loro pubblicano mensilmente una rivista: " Beata Pacis Visio", da questa rivista mi permetto di mutare alcune espressioni del discorso che vado per affrontare con voi per offrirvi un’occasione di riflessione.
La nostra vita è sempre un correre e un rincorrere il tempo, mille cose da fare e comunque lo stile è quello di: non aver mai tempo per nulla, di correre e basta, con o meno giusta causa.
La liturgia della Parola feriale dei primi giorni di settembre ci fa ascoltare il Libro di Giobbe, che tutti conosciamo, altrimenti vi invito a leggerlo con attenzione. Ora il messaggio che lancia questo testo dell'Antico Testamento mi sembra il miglior commento alla situazione contemporanea.
Il mondo pieno di mali, problemi, cattiverie … e gli uomini rimangono impassibili quasi a non accorgersi di ciò che li circonda e non sanno fermarsi a riflettere per migliorare o cambiare registro per crescere di qualità della vita su questa terra.
Molte volte parlando con i miei Soldati mi sento dire: "beato te don Marco perché ... questo, quello ..." e così mi sono soffermato a pensare a quello che ci sta dietro la battuta e credo che sia una certa invidia per lo stile di vita tranquillo e scadenzato dalla preghiera, dal lavoro e dallo studio con la possibilità di dare tempo a Dio e ai fratelli in uno stile sereno, senza corse varie. Questa è la vita del prete, mi direte, ma credo che con qualche variante potrebbe essere la vita di ogni persona. Chi guarda alla vita del religioso con attenzione e non per criticare e basta si accorgerà che è molto diversa da quella che molti vivono, purtroppo solo alla ricerca di cose come: potere, denaro, successo ... con il risultato, poi, di rimanere a mani vuote e soprattutto con il cuore freddo.
Noi siamo abituati a circondarci di cose e queste sembrano darci stabilità, sicurezza , se mancano determinate comodità, servizi, agevolazioni, benefici ... sembra quasi di precipitare in un baratro - quel sentimento nel quale le nazioni sembravo essere risucchiate in questo tempo - stili di vita oggi che prevedono abbondanza di tutto e si dimentica così il senso e il valore delle cose semplici e che vanno invece considerate e rispettate: acqua, aria, ambiente, energia …
Ora se noi oggi in un mondo attento solo al benessere personale e individuale riusciamo a tuffarci generosamente nella vita semplice, fatta di cose semplici e di incontri sereni, sapendo rinunciare a qualche cosa, cercando l' essenziale, ci accorgeremo con sorpresa che si può fare a meno di alcune cose e non solo, questo modo di vivere, ci insegna a godere appieno di quello che abbiamo facendoci riappropriare di quel senso di stupore e di gioia che è proprio dei bambini e che il Signore ci mette come esempio e ci ammonisce nel Vangelo se non siamo capaci di farci come loro.
Pertanto, se questo discorso lo riversiamo nella vita di servizio e non solo quella privata e famigliare ci accorgiamo che la vita ordinaria diventa straordinaria. Faccio questo discorso perché ho avuto l’impressione parlando con i più giovani di scorgere nelle loro parole una certa amarezza e di sentirsi inutili in questo tipo di servizio che in parte hanno cercato e desiderato.
Ogni cosa che noi facciamo, contribuisce al bene di tutti, talvolta il lavoro umile, noioso, ripetitivo sembra che non serva ne a voi ne all' istituzione invece è proprio nell'insieme di ogni piccolo gesto che si fa grandi ogni cosa, non è il singolo che fa un' attività, ma è l'insieme di servizi differenti che fanno una attività, non fa bella figura il comandante, il capo ufficio, ma è tutta la Base che si distingue, ogni pratica che si firma bisognerebbe scrivere: Caserma U. Mara, perché la collaborazione di tutti, cucine, pulizie, giardini, segreterie, officine ... permettono ad alcuni di seguire e realizzare un progetto.
Ora la cosa essenziale è intraprendere questo modo di pensare e camminare con fiducia e serenità senza continuare a voltarsi indietro.
Ma la mancanza delle " cose" è forse l'aspetto meno difficile da affrontare perché l'uomo di oggi è soprattutto geloso del suo io, dei suoi diritti e vede negli altri più dei rivali da tenere sotto controllo, che dei compagni di strada con cui condividere la fatica e la meta, pertanto la collaborazione ha senso, il mettere in comune, il condividere, rispettare le regole, saper ubbidire, saper fare il proprio dovere responsabilmente … porterà alla realizzazione piena di un progetto comune. In una caserma, pertanto, non è il singolo, ma è il gruppo a raggiungere un traguardo e il mettere insieme i vari talenti o doti ci permette di realizzare un cammino, un progetto e di essere veri Soldati a servizio della Comunità e della sicurezza e della pace.
Purtroppo l'uomo non impara mai e si concentra solo su se stesso su i suoi bisogni e desideri personali dimenticando gli altri. Rispettare per esempio l'uso dell'acqua, della luce, del cibo, degli sprechi … ci permette di condividere, di aiutare e di essere felice senza che altri abbiamo invidia di alcune cose perché le abbiamo condivise, pertanto se facciamo così cadono cattiverie e gelosie, guerre e malignità. Ma siamo distratti e concentrati solo su noi tessi e diciamo: se per fare la barba lascio aperto il rubinetto o se butto del cibo non cambia nulla dall'altra parte del pianeta … vi assicuro che Dio ci garantisce che ogni cosa fatta per amore porta certamente frutto per le vie misteriose della sua provvidenza.
Così volevo chiacchierare con voi per offrirvi una riflessione seria, disinteressata e disincantata della vita, con la possibilità di fermarci a riflettere su ciò che abbiamo e potremmo non avere più se non saremo rispettosi e educarci tutti a uno stile di vita dignitoso, semplice ma autentico.
Ricordando i miei 20 anni di Sacerdozio
Cari Amici, non volevo dirlo a nessuno, ma vivere questo momento in modo personale come ho sempre fatto in questi anni, ma la comunità degli amici della nostra caserma, ha voluto festeggiare e ricordare questo mio giorno, pertanto colgo l’occasione per offrire a tutti una riflessione sul sacerdote. In un tempo dove sui giornali appaiono solo i nostri scandali, limiti e difetti, senza sentirmi migliore, ma solo amato da Dio, mi permetto di proporvi uno scritto di un mio amico Vescovo e offrire a tutti una meditazione sul Sacerdote.
Vorrei, in questo giorno, (fui ordinato nella Cattedrale della mia città natale, Pavia, dove ho frequentato il Seminario, l’8 giugno 1991) ringraziare Dio del dono e della vocazione del Sacerdozio. Sono certo, e ne sono io la testimonianza e chi mi conosce lo sa, che il Signore non ha scelto i migliori, ma sono qui a dire il mio grazie e chiedere ancora a Lui la sua continua benedizione e protezione invocando Maria, la Madre Sua con il titolo di Ausiliatrice.
Le mie parole non sono capaci di esprimere la gioia che ho nel cuore per questo grande dono della mia vita con Lui, pertanto mi faccio aiutare da uno scritto di un mio caro amico e guida spirituale l’Arcivescovo Giuseppe Mani, che alcuni anni fa, ho avuto l’onore di servire come segretario, quando era Ordinario Militare, e che in questa sede ringrazio non solo delle sue parole, che citerò, ma anche della sua stima, amicizia e guida.
Ora, “quella del Prete è una delle più belle esperienze che un uomo possa fare. Si tratta di mediare il rapporto dell'uomo con Dio. Per questo si richiede una vera vocazione da parte di Dio che accetta di rapportarsi con l'uomo attraverso quel prete e una accoglienza dell'uomo di accettare quel fratello per rapportarsi con Dio. Non per niente il prete si chiama anche Mediatore tra l'uomo e Dio, Pontefice che unisce le due sponde: Dio e l'uomo. Per questo si tratta di una esperienza profondamente umana e, diciamo, spirituale, per non dire addirittura divina. I Santi che hanno capito qualcosa di questo servizio hanno testimoniato cose sconvolgenti. “Se avessi saputo che cosa significasse celebrare la Messa non mi sarei mai fatto ordinare prete”, ha affermato P. Pio. Anche per noi, poveri uomini, chiamati a svolgere questo compito, l'esperienza di essere prete è straordinaria ma progressiva, non perché sei stato ordinato sacerdote sei prete, ma penso che sia il Signore che lentamente ci introduce nel mistero dell'uomo e in quello di Dio”. Sono prete da venti anni e potrei riassumere così la mia straordinari a esperienza.
“Dopo la mia ordinazione ho cominciato a “ fare il Prete”. Il Vescovo Diocesano mi ha inviato in Parrocchia come coadiutore e aiuto negli uffici della Curia, dopo la morte del compianto don Paolo, che era il Parroco, uomo anziano, ma con una giovinezza spirituale e umana che mi ha insegnato molto, sono stato trasferito in una seconda Parrocchia, da cui poi sono partito come Cappellano Militare e qui è iniziata una delle avventure più belle della mia vita, lavorare accanto ai giovani, questo era il mio desiderio, essendo cresciuto e coltivato la vocazione nell’Oratorio Salesiano della ma città, essere come don Bosco. Il fare il Cappellano Militare mi ha aiutato in questo e le differenti esperienza in giro per l’Italia e il mondo mi hanno segnato come uomo e sacerdote.
Certamente con tutta la serietà di cui poteva essere capace un giovane di ventisette anni, ho sempre cercato di lavorare con impegno ed entusiasmo, forse un po sopra le righe, un po informale, troppo scherzoso, allegro, ma sicuramente felice e dopo i primi anni anche un po scanzonato sul pensare: cosa diranno, cosa penseranno? … ma ho sempre sentito accanto il Signore che mi guidava, che mi proteggeva con la dolcezza dello sguardo della sua mamma, Maria. Guardando indietro non ho neppure fatto grandi cose, ma spero neppure grandi guai. Ho certamente fatto il prete con tutto l'entusiasmo di cui ero capace, si direbbe che ce l'ho messa tutta ed ho avuto delle grandi soddisfazioni vedendo la risposta dei fedeli che poi era l'approvazione di Dio. La seconda fase, Mons. Mani la definisce quella di “diventare prete”. Ed è quella nella quale mi trovo, fase della maturazione.
“Quella della presa di coscienza di che cosa significa portare gli uomini a Dio e Dio agli uomini. L'esperienza delle prime croci, delle prove, delle incomprensioni, ovviamente senza esagerare”. Il Signore sapendo della mia debolezza me ne ha risparmiate tante e mi ha sempre sensibilmente sostenuto in quelle che mi ha dato. La preghiera è sempre stata la mia forza e infatti a trent’ anni, circa, negli anni romani, proposi, di potere pregare personalmente due ore al giorno, che cerco di mantenere con impegno e determinazione anche ora. E di questo devo ringraziare il Signore che quando l'ho cercato si è sempre fatto trovare e si è messo a disposizione. L'incontro con anime evangelicamente grandi mi ha segnato fortemente. Per tutti ricordo il più grande, Giovanni Paolo II che ebbi la fortuna di incontrare, prima come segretario dell’Ordinario Militare e poi come Cappellano dell’Aeroporto di Campino. E' proprio vero che si diventa preti stando accanto a dei grandi preti; è il mio caso nei confronti dei miei Vescovi in particolare quello che ho servito come cappellano prima, come vicerettore/economo del seminario della Chiesa Castrense e poi come segretario, Mons. Mani, che mi ha accolto, guidato e animato come un padre. Ricordo, poi, l’incontro con Madre Tersa di Calcutta all’Aeroporto, breve ma intenso, che ha segnato la mia sensibilità e terzo, ma non ultimo, negli anni della formazione, a Taizè il padre fr. Roger. Tre persone tre dinamiche differenti, ma tutte e tre innamorati di Dio. E poi quanti sacerdoti, religiosi santi e suore sante che la provvidenza mi ha fatto conoscere in questi non lungi ma significativi anni, che hanno aperto il mio cuore ad essere sempre più autentico.
Sempre l’Arcivescovo Mani definisce la terza fase come quella di “essere preti” ed è quella che spero di vivere, sempre se il Signore lo vorrà, facendomi diventare anziano, ora sono diventato grande, almeno di età. Lui vede questa fase come “la fase dove il prete è l'esperto di Dio e l'esperto dell'uomo, colui che ha molto conversato con Dio e letto molte anime. Credo, prosegue il presule, che la bellezza del prete sia come quella degli oggetti d’arte. Molto bella l'arte moderna, anche perché è moderna, ma certamente non paragonabile a quella antica. Quando quest'ultima diventa oggetto di antiquariato è da museo ma quando viene usata porta con se quella bellezza e l'indiscusso fascino che solo il tempo può dare e la ricchezza di questi sacerdoti anziani, che ho conosciuto e conosco mi danno forza. Ho conosciuto belle figure di preti anni fa. Adesso, affinati dal tempo e resi trasparenti dalla preghiera sono semplicemente incantevoli, da contemplare e da ascoltare”.
Chiude la riflessione sul sacerdozio con l’ultima fase, quella più alta, che definisce: quella della Croce. “Quella che fa saltare tutte le fasi precedenti e ti porta subito alla perfezione. Anche per il prete non c'è niente di più alto del Calvario e niente di più configurante a Cristo della Croce. E' il momento in cui il prete non celebra più la Messa perché è diventato la Messa, non parla più perché è tutta la sua persona capace di suscitare amore. E' come la Grazia del martirio: è il Signore che la concede. Papa Wojtyla sperimentò anche quella e fu Grande Sacerdote anche infermo e muto. Non finirò mai di ringraziare Dio di avermi voluto prete e anche tutti coloro che si sono contentati di me per arrivare a Lui. Sono però convinto che come soltanto “quando sarò lassù sarò veramente uomo” soltanto lassù comprenderò cosa vuol dire essere stato prete”.
Ora a conclusione di queste poche righe un grazie alla mia famiglia, ai miei Educatori, ai miei Parroci e Sacerdoti che ho conosciuto e servito, i miei Vescovi, e l’attuale mio superiore l’Ordinario Militare Mons. Pelvi la mia Diocesi di origine dove ho iniziato ad essere ed imparare a fare il prete e questa Chiesa Castrense che da sedici anni servo con dedizione e amore e tutte le persone militari e civili che ho incontrato in questi anni, che mi hanno aiutato ad essere e a fare il prete serio e impegnato.
"… È preso di mezzo al mondo, vive nel mondo, ma non appartiene al mondo. Il sacerdote "è il vertice di tutte le grandezze create" (Sant'Ignazio). Il grande Monsabré diceva: "Potete essere grandi quanto volete, non lo sarete mai tanto quanto questo povero prete che celebra! ".
Fino alla fine dei tempi il sacerdote sarà l'uomo più cercato e più incompreso, più amato e più odiato, più desiderato e più sfuggito, "segno di immensa invidia e di pietà profonda, di ine stinguibile odio e di indomato amore" (Manzoni) - posto come Gesù a "segno di contraddizione…".
Vorrei, in questo giorno, (fui ordinato nella Cattedrale della mia città natale, Pavia, dove ho frequentato il Seminario, l’8 giugno 1991) ringraziare Dio del dono e della vocazione del Sacerdozio. Sono certo, e ne sono io la testimonianza e chi mi conosce lo sa, che il Signore non ha scelto i migliori, ma sono qui a dire il mio grazie e chiedere ancora a Lui la sua continua benedizione e protezione invocando Maria, la Madre Sua con il titolo di Ausiliatrice.
Le mie parole non sono capaci di esprimere la gioia che ho nel cuore per questo grande dono della mia vita con Lui, pertanto mi faccio aiutare da uno scritto di un mio caro amico e guida spirituale l’Arcivescovo Giuseppe Mani, che alcuni anni fa, ho avuto l’onore di servire come segretario, quando era Ordinario Militare, e che in questa sede ringrazio non solo delle sue parole, che citerò, ma anche della sua stima, amicizia e guida.
Ora, “quella del Prete è una delle più belle esperienze che un uomo possa fare. Si tratta di mediare il rapporto dell'uomo con Dio. Per questo si richiede una vera vocazione da parte di Dio che accetta di rapportarsi con l'uomo attraverso quel prete e una accoglienza dell'uomo di accettare quel fratello per rapportarsi con Dio. Non per niente il prete si chiama anche Mediatore tra l'uomo e Dio, Pontefice che unisce le due sponde: Dio e l'uomo. Per questo si tratta di una esperienza profondamente umana e, diciamo, spirituale, per non dire addirittura divina. I Santi che hanno capito qualcosa di questo servizio hanno testimoniato cose sconvolgenti. “Se avessi saputo che cosa significasse celebrare la Messa non mi sarei mai fatto ordinare prete”, ha affermato P. Pio. Anche per noi, poveri uomini, chiamati a svolgere questo compito, l'esperienza di essere prete è straordinaria ma progressiva, non perché sei stato ordinato sacerdote sei prete, ma penso che sia il Signore che lentamente ci introduce nel mistero dell'uomo e in quello di Dio”. Sono prete da venti anni e potrei riassumere così la mia straordinari a esperienza.
“Dopo la mia ordinazione ho cominciato a “ fare il Prete”. Il Vescovo Diocesano mi ha inviato in Parrocchia come coadiutore e aiuto negli uffici della Curia, dopo la morte del compianto don Paolo, che era il Parroco, uomo anziano, ma con una giovinezza spirituale e umana che mi ha insegnato molto, sono stato trasferito in una seconda Parrocchia, da cui poi sono partito come Cappellano Militare e qui è iniziata una delle avventure più belle della mia vita, lavorare accanto ai giovani, questo era il mio desiderio, essendo cresciuto e coltivato la vocazione nell’Oratorio Salesiano della ma città, essere come don Bosco. Il fare il Cappellano Militare mi ha aiutato in questo e le differenti esperienza in giro per l’Italia e il mondo mi hanno segnato come uomo e sacerdote.
Certamente con tutta la serietà di cui poteva essere capace un giovane di ventisette anni, ho sempre cercato di lavorare con impegno ed entusiasmo, forse un po sopra le righe, un po informale, troppo scherzoso, allegro, ma sicuramente felice e dopo i primi anni anche un po scanzonato sul pensare: cosa diranno, cosa penseranno? … ma ho sempre sentito accanto il Signore che mi guidava, che mi proteggeva con la dolcezza dello sguardo della sua mamma, Maria. Guardando indietro non ho neppure fatto grandi cose, ma spero neppure grandi guai. Ho certamente fatto il prete con tutto l'entusiasmo di cui ero capace, si direbbe che ce l'ho messa tutta ed ho avuto delle grandi soddisfazioni vedendo la risposta dei fedeli che poi era l'approvazione di Dio. La seconda fase, Mons. Mani la definisce quella di “diventare prete”. Ed è quella nella quale mi trovo, fase della maturazione.
“Quella della presa di coscienza di che cosa significa portare gli uomini a Dio e Dio agli uomini. L'esperienza delle prime croci, delle prove, delle incomprensioni, ovviamente senza esagerare”. Il Signore sapendo della mia debolezza me ne ha risparmiate tante e mi ha sempre sensibilmente sostenuto in quelle che mi ha dato. La preghiera è sempre stata la mia forza e infatti a trent’ anni, circa, negli anni romani, proposi, di potere pregare personalmente due ore al giorno, che cerco di mantenere con impegno e determinazione anche ora. E di questo devo ringraziare il Signore che quando l'ho cercato si è sempre fatto trovare e si è messo a disposizione. L'incontro con anime evangelicamente grandi mi ha segnato fortemente. Per tutti ricordo il più grande, Giovanni Paolo II che ebbi la fortuna di incontrare, prima come segretario dell’Ordinario Militare e poi come Cappellano dell’Aeroporto di Campino. E' proprio vero che si diventa preti stando accanto a dei grandi preti; è il mio caso nei confronti dei miei Vescovi in particolare quello che ho servito come cappellano prima, come vicerettore/economo del seminario della Chiesa Castrense e poi come segretario, Mons. Mani, che mi ha accolto, guidato e animato come un padre. Ricordo, poi, l’incontro con Madre Tersa di Calcutta all’Aeroporto, breve ma intenso, che ha segnato la mia sensibilità e terzo, ma non ultimo, negli anni della formazione, a Taizè il padre fr. Roger. Tre persone tre dinamiche differenti, ma tutte e tre innamorati di Dio. E poi quanti sacerdoti, religiosi santi e suore sante che la provvidenza mi ha fatto conoscere in questi non lungi ma significativi anni, che hanno aperto il mio cuore ad essere sempre più autentico.
Sempre l’Arcivescovo Mani definisce la terza fase come quella di “essere preti” ed è quella che spero di vivere, sempre se il Signore lo vorrà, facendomi diventare anziano, ora sono diventato grande, almeno di età. Lui vede questa fase come “la fase dove il prete è l'esperto di Dio e l'esperto dell'uomo, colui che ha molto conversato con Dio e letto molte anime. Credo, prosegue il presule, che la bellezza del prete sia come quella degli oggetti d’arte. Molto bella l'arte moderna, anche perché è moderna, ma certamente non paragonabile a quella antica. Quando quest'ultima diventa oggetto di antiquariato è da museo ma quando viene usata porta con se quella bellezza e l'indiscusso fascino che solo il tempo può dare e la ricchezza di questi sacerdoti anziani, che ho conosciuto e conosco mi danno forza. Ho conosciuto belle figure di preti anni fa. Adesso, affinati dal tempo e resi trasparenti dalla preghiera sono semplicemente incantevoli, da contemplare e da ascoltare”.
Chiude la riflessione sul sacerdozio con l’ultima fase, quella più alta, che definisce: quella della Croce. “Quella che fa saltare tutte le fasi precedenti e ti porta subito alla perfezione. Anche per il prete non c'è niente di più alto del Calvario e niente di più configurante a Cristo della Croce. E' il momento in cui il prete non celebra più la Messa perché è diventato la Messa, non parla più perché è tutta la sua persona capace di suscitare amore. E' come la Grazia del martirio: è il Signore che la concede. Papa Wojtyla sperimentò anche quella e fu Grande Sacerdote anche infermo e muto. Non finirò mai di ringraziare Dio di avermi voluto prete e anche tutti coloro che si sono contentati di me per arrivare a Lui. Sono però convinto che come soltanto “quando sarò lassù sarò veramente uomo” soltanto lassù comprenderò cosa vuol dire essere stato prete”.
Ora a conclusione di queste poche righe un grazie alla mia famiglia, ai miei Educatori, ai miei Parroci e Sacerdoti che ho conosciuto e servito, i miei Vescovi, e l’attuale mio superiore l’Ordinario Militare Mons. Pelvi la mia Diocesi di origine dove ho iniziato ad essere ed imparare a fare il prete e questa Chiesa Castrense che da sedici anni servo con dedizione e amore e tutte le persone militari e civili che ho incontrato in questi anni, che mi hanno aiutato ad essere e a fare il prete serio e impegnato.
"… È preso di mezzo al mondo, vive nel mondo, ma non appartiene al mondo. Il sacerdote "è il vertice di tutte le grandezze create" (Sant'Ignazio). Il grande Monsabré diceva: "Potete essere grandi quanto volete, non lo sarete mai tanto quanto questo povero prete che celebra! ".
Fino alla fine dei tempi il sacerdote sarà l'uomo più cercato e più incompreso, più amato e più odiato, più desiderato e più sfuggito, "segno di immensa invidia e di pietà profonda, di ine stinguibile odio e di indomato amore" (Manzoni) - posto come Gesù a "segno di contraddizione…".
Parlando con il Cappellano: Una preghiera di un soldato "Cielo Parlami di Dio" … una guerra, un soldato, un cristiano …
Ieri, quasi al termine della giornata, parlando con il mio Comandante, sono venuto a conoscenza di questo scritto che sto per proporvi. Parole che mi hanno colpito profondamente, colpito l’attenzione del mio Generale nel farmele notare. In ogni uomo, in ogni cuore, in ogni servizio, Dio abita e si rivela a noi nel modo più inaspettato. Non sono ne bravo ne capace, ma il Signore mi ama così come sono e ogni giorno si rivela a me in miracoli continui.
Ogni giorno celebro l’Eucaristia nella nostra piccola e bella chiesa della Base e i numeri, talvolta sono deludenti, ma quando cala la tensione, la Chiesa inaspettatamente si riempie e la piccola e silenziosa Messa, diventa partecipata da molti con una fede nuova, che scalda il cuore.
Si, ogni S. Messa è un dono di Dio, indipendentemente, ma anche noi, siamo uomini e talvolta si riflette, il disagio di non aver testimoniato a sufficienza l’amore che Dio ha per il suo popolo, ogni volta che la mia riflessione diventa un pensiero, Dio si fa presente con la fede dei miei soldati.
Ho fatto questa premessa per comprendere che la vita nascosta con Cristo, è un’esperienza unica e singolare che tutti possono fare pur vivendo la loro vita.
Ora voglio proporvi una pagina sconosciuta di letteratura spirituale religiosa di un giovane, non è un poeta, non è un Padre della Chiesa, ne un mistico, ma un semplice soldato americano presente in Italia durante la II Guerra mondiale in un luogo sacro, ma che divenne teatro di un’aspra battaglia che ridusse a un mucchio di macerie quel simbolo di fede e di tradizione cristiana e li in quel contesto e in quella situazione scopre Dio e parla con Lui.
Talvolta noi viviamo la nostra vita distrattamente, presi da mille preoccupazioni dimenticando quali sono i veri valori, queste righe ci fanno scoprire il cuore nobile di un uomo, la fede salda di un cristiano, l’eroicità di un soldato.
Ovviamente, non servono le Guerre per dimostrare a noi stessi che valiamo, ma serve sicuramente che quello che ci accade, quello che viviamo, non passi inosservato ai nostro occhi. Vivi la tua vita intensamente, da protagonista. Vivi ogni attimo come se fosse il primo, l’unico e l’ultimo e la tua vita sarà un avventura meraviglia, comunque vada. Non lamentarti, costruisci sempre, non distrarti, ma vivi, non sciuparti, ma impegnati, non distruggere tutto qullo che ti circonda con il tuo scetticismo, guarda nel tuo cuore dolce e gentile e scopri un po di poesia nella vita e la vita ti riserverà doni bellissimi.
Sono parole dolci, singolari, uniche che voglio proporvi per fermarvi a riflettere e a pensare ai doni che la vita vi ha fatto e a scoprire la fede come un’esperienza unica personale con l’Infinito.
Quante volte anche per noi questa è l’esperienza nel vivere di tutti i giorni.
Qual è la tua fede?, come credi, cosa credi? Non distrarti nella vita, ogni momento è unico e in quel momento semplice o grande, bello o doloroso, Dio è accanto a te, fidati di Lui e non avrai più paura. La guerra non è mai una bella cosa e chi tra noi indossa una divisa lo sa e in tutti i suoi gesti pensa alla Pace, anche per forza. Le parole di questo soldato ci rincuorano e danno senso alla vita e al nostro servizio per la Pace e la sicurezza per ogni persona, per ogni popolo.
Un conflitto che non portò a nulla, morti invano, ma per questo soldato americano, occasione di incontrare Dio.
Nelle tasche di un soldato americano morto nel 1942 durante la battaglia di Montecassino fu trovato un foglio con questa splendida preghiera. Guardando il cielo infinito questo soldato scopre l’Infinito. Nel visibile vde l’Invisibile. In quel momento Dio diventa per lui un interlocutore vivo e reale, una persona amata a cui va incontro con fiducia.
CIELO PARLAMI DI DIO
Fino ad oggi, Signore, non Ti avevo mai parlato,
mi avevano detto che Tu non esistevi
e io, come un idiota, ci avevo creduto.
Ma l’altra sera, dal fondo della buca
prodotta da una bomba, ho visto il cielo.
All’improvviso mi sono reso conto
che mi avevano raccontato un sacco di bugie.
Strano che sia stato necessario
che io avessi quest’inferno
per avere il tempo di vedere il tuo volto,
eppure bastava che mi fossi preso la briga
di aprire gli occhi sulle cose che Tu hai fatto.
Io Ti amo terribilmente Signore.
Ecco quello che voglia che Tu sappia:
ci sarà una battaglia spaventosa,
chissà! Può darsi che io arrivi da Te questa notte,
non siamo stati buoni amici fino ad ora
e io mi domando, o Signore,
se Tu mi aspetterai alla porta.
Guarda, Signore, io sto piangendo.
Ah! se Ti avessi conosciuto prima.
Andiamo, è giunta l’ora e devo partire.
Che cosa buffa! Dopo che ti ho incontrato
Non ho più paura di incontrarTi.
Quante volte anche per noi questa è l’esperienza, non abbiamo la guerra come motivo scatenante, non la guerra come questa raccontata dal giovane soldato americano, ma ogni giorno combattiamo la guerra dei nostri peccati, delle nostre gelosie, invide, prepotenze … e anche noi ci dimentichiamo di Dio, ne abbiamo sentito parlare, ma non ci crediamo perchè non lo vediamo e ci siamo allontanati, non ci crediamo, perché la Chiesa, i preti ci hanno allontanato, ma nel momento della Croce lo invochiamo e allora anche a noi è data l’opportunità di toccare il fondo e da quel fondo, guardando in alto, scorgere l’azzurro del cielo, quel cielo che non abbiamo mai guardato con interesse, anzi l’abbiamo ignorato, ma oggi con occhi nuovi di fronte ai nostri fallimenti, di fronte alla battaglia della vita che si fa dura ci siamo accorti che Lui è li accanto a noi che è li con noi e ci siamo accorti di essere terribilmente innamorati. Nella vita non ci siamo sempre comportati bene, ma ora Signore ti chiedo di aprirmi la tua porta, quella porta che è sempre stata li per me e di accogliermi.
Forse non ci è chiesto di donare la vita come questi giovani nella guerra, ma ogni giorno dobbiamo donarci l’uno all’altro con amore e sapere che Dio ci porta per mano per farci comprendere quanto Lui ci voglia bene e sia pronto per noi sempre, basta sapersene accorgere.
E ora Signore che ti ho incontrato, nella croce della vita, non ho più paura a portarla perché so che tu sei con me.
Mi auguro che queste parole scritte in un momento drammatico della vita di un uomo, possano offrirci l'opportunità di fermarci a riflettere su cosa stiamo costruendo, in cosa crediamo veramente, come viviamo la nostra vita, di uomini, di soldati, di cristiani. Quali sono i tuoi valori profondi? Come vivi la tua vita? lasciati provocare positivamente e sorridi ai doni che il Signore continuamente ti ha fatto e ti fa.
Ogni giorno celebro l’Eucaristia nella nostra piccola e bella chiesa della Base e i numeri, talvolta sono deludenti, ma quando cala la tensione, la Chiesa inaspettatamente si riempie e la piccola e silenziosa Messa, diventa partecipata da molti con una fede nuova, che scalda il cuore.
Si, ogni S. Messa è un dono di Dio, indipendentemente, ma anche noi, siamo uomini e talvolta si riflette, il disagio di non aver testimoniato a sufficienza l’amore che Dio ha per il suo popolo, ogni volta che la mia riflessione diventa un pensiero, Dio si fa presente con la fede dei miei soldati.
Ho fatto questa premessa per comprendere che la vita nascosta con Cristo, è un’esperienza unica e singolare che tutti possono fare pur vivendo la loro vita.
Ora voglio proporvi una pagina sconosciuta di letteratura spirituale religiosa di un giovane, non è un poeta, non è un Padre della Chiesa, ne un mistico, ma un semplice soldato americano presente in Italia durante la II Guerra mondiale in un luogo sacro, ma che divenne teatro di un’aspra battaglia che ridusse a un mucchio di macerie quel simbolo di fede e di tradizione cristiana e li in quel contesto e in quella situazione scopre Dio e parla con Lui.
Talvolta noi viviamo la nostra vita distrattamente, presi da mille preoccupazioni dimenticando quali sono i veri valori, queste righe ci fanno scoprire il cuore nobile di un uomo, la fede salda di un cristiano, l’eroicità di un soldato.
Ovviamente, non servono le Guerre per dimostrare a noi stessi che valiamo, ma serve sicuramente che quello che ci accade, quello che viviamo, non passi inosservato ai nostro occhi. Vivi la tua vita intensamente, da protagonista. Vivi ogni attimo come se fosse il primo, l’unico e l’ultimo e la tua vita sarà un avventura meraviglia, comunque vada. Non lamentarti, costruisci sempre, non distrarti, ma vivi, non sciuparti, ma impegnati, non distruggere tutto qullo che ti circonda con il tuo scetticismo, guarda nel tuo cuore dolce e gentile e scopri un po di poesia nella vita e la vita ti riserverà doni bellissimi.
Sono parole dolci, singolari, uniche che voglio proporvi per fermarvi a riflettere e a pensare ai doni che la vita vi ha fatto e a scoprire la fede come un’esperienza unica personale con l’Infinito.
Quante volte anche per noi questa è l’esperienza nel vivere di tutti i giorni.
Qual è la tua fede?, come credi, cosa credi? Non distrarti nella vita, ogni momento è unico e in quel momento semplice o grande, bello o doloroso, Dio è accanto a te, fidati di Lui e non avrai più paura. La guerra non è mai una bella cosa e chi tra noi indossa una divisa lo sa e in tutti i suoi gesti pensa alla Pace, anche per forza. Le parole di questo soldato ci rincuorano e danno senso alla vita e al nostro servizio per la Pace e la sicurezza per ogni persona, per ogni popolo.
Un conflitto che non portò a nulla, morti invano, ma per questo soldato americano, occasione di incontrare Dio.
Nelle tasche di un soldato americano morto nel 1942 durante la battaglia di Montecassino fu trovato un foglio con questa splendida preghiera. Guardando il cielo infinito questo soldato scopre l’Infinito. Nel visibile vde l’Invisibile. In quel momento Dio diventa per lui un interlocutore vivo e reale, una persona amata a cui va incontro con fiducia.
CIELO PARLAMI DI DIO
Fino ad oggi, Signore, non Ti avevo mai parlato,
mi avevano detto che Tu non esistevi
e io, come un idiota, ci avevo creduto.
Ma l’altra sera, dal fondo della buca
prodotta da una bomba, ho visto il cielo.
All’improvviso mi sono reso conto
che mi avevano raccontato un sacco di bugie.
Strano che sia stato necessario
che io avessi quest’inferno
per avere il tempo di vedere il tuo volto,
eppure bastava che mi fossi preso la briga
di aprire gli occhi sulle cose che Tu hai fatto.
Io Ti amo terribilmente Signore.
Ecco quello che voglia che Tu sappia:
ci sarà una battaglia spaventosa,
chissà! Può darsi che io arrivi da Te questa notte,
non siamo stati buoni amici fino ad ora
e io mi domando, o Signore,
se Tu mi aspetterai alla porta.
Guarda, Signore, io sto piangendo.
Ah! se Ti avessi conosciuto prima.
Andiamo, è giunta l’ora e devo partire.
Che cosa buffa! Dopo che ti ho incontrato
Non ho più paura di incontrarTi.
Quante volte anche per noi questa è l’esperienza, non abbiamo la guerra come motivo scatenante, non la guerra come questa raccontata dal giovane soldato americano, ma ogni giorno combattiamo la guerra dei nostri peccati, delle nostre gelosie, invide, prepotenze … e anche noi ci dimentichiamo di Dio, ne abbiamo sentito parlare, ma non ci crediamo perchè non lo vediamo e ci siamo allontanati, non ci crediamo, perché la Chiesa, i preti ci hanno allontanato, ma nel momento della Croce lo invochiamo e allora anche a noi è data l’opportunità di toccare il fondo e da quel fondo, guardando in alto, scorgere l’azzurro del cielo, quel cielo che non abbiamo mai guardato con interesse, anzi l’abbiamo ignorato, ma oggi con occhi nuovi di fronte ai nostri fallimenti, di fronte alla battaglia della vita che si fa dura ci siamo accorti che Lui è li accanto a noi che è li con noi e ci siamo accorti di essere terribilmente innamorati. Nella vita non ci siamo sempre comportati bene, ma ora Signore ti chiedo di aprirmi la tua porta, quella porta che è sempre stata li per me e di accogliermi.
Forse non ci è chiesto di donare la vita come questi giovani nella guerra, ma ogni giorno dobbiamo donarci l’uno all’altro con amore e sapere che Dio ci porta per mano per farci comprendere quanto Lui ci voglia bene e sia pronto per noi sempre, basta sapersene accorgere.
E ora Signore che ti ho incontrato, nella croce della vita, non ho più paura a portarla perché so che tu sei con me.
Mi auguro che queste parole scritte in un momento drammatico della vita di un uomo, possano offrirci l'opportunità di fermarci a riflettere su cosa stiamo costruendo, in cosa crediamo veramente, come viviamo la nostra vita, di uomini, di soldati, di cristiani. Quali sono i tuoi valori profondi? Come vivi la tua vita? lasciati provocare positivamente e sorridi ai doni che il Signore continuamente ti ha fatto e ti fa.
Parlando con il Cappellano: La bellezza salverà il mondo
Cari Amici, vi scrivo per parlare un pò con voi e spero abbiate la bontà di arrivare sino in fondo senza essere annoiati. Si, sono discorsi che conoscete e che ho fatto altre volte, ma vedo che a fatica riusciamo a cambiare, pertanto mi sento di ripetere questi concetti che sono fondamentali sia nella vita, che per la nostra fede. Non voglio convincere nessuno, ma voglio offrirvi degli spunti di riflessione, di verifica affinché la vostra vita possa sempre essere felice e serena.
Come sarebbe bello che la nostra esistenza lunga o corta che sia, possa trascorrere con serenità, ma il male che c’è in noi esce, emerge e da sfogo a cattiverie in mille modi differenti. Le persone non credono in una possibilità che vada al di là del tempo e della storia, la filosofia attuale è: tutto e subito, ed è lo spirito che oggi aleggia nella società, dimenticando il buon gusto, l’educazione, le tradizioni…
Oggi la vita è fatta di queste cose e per uno spirito di genuinità, di libertà, così alcuni dicono, non si possono abbandonare e non si vuole tralasciarle, questo spirito è falso è un comodo per fare quello che vogliamo, senza doverci confrontare con nessuno.
La vita non ha stile, si fa e si disfa, con il rischio di non costruire nulla ne di cose, ne di rapporti, io basto a me stesso, questo è quello che generalmente si pensa. Forse la famiglia rimane, ma non so ancora per quanto, la religione e il sacro nelle persone non c’è e la fede è poca e incerta. In cosa crediamo veramente?
Un quadro negativo al massimo, direte, ma qualche cosa di buono c’è?
Si carissimi, c’è il nostro desiderio di esserci, di fare, di costruire, superando quei limiti che rendono complicata ogni cosa. C’è l’impegno ad andare contro corrente, a pensarla in modo diverso, a vedere il bene e non solo a sottolineare ciò che non va.
Eccomi pertanto a suggerirvi di vivere la vostra vita, liberi dai condizionamenti di carriere, di gelosie, di soldi, di potere, … per essere veri, per essere autentici, per essere quello che si è e per quello che la provvidenza ci ha offerto, poco o tanto che sia. Pensiamo alle opportunità che abbiamo avuto nella vita e come le abbiamo usate: studi, lavori, famiglia, rapporti, …. queste potrebbero aver condizionato le nostre scelte talvolta non oculate.
Io credo che si potrebbe migliorare il mondo con la bellezza dei gesti, delle parole, delle cose. La buona educazione, il credere nell’umanità, il creare possibilità senza interessi personali, far il nostro dovere senza tornaconti vari, sia nella vita privata, che nel lavoro e nel servizio pubblico.
Tutto è utile, importante, ma solo la verità delle cose ci potrà fare veramente liberi e signori di questa vita e ce lo insegna il Vangelo. Ma noi siamo distratti, sappiamo solo puntare il dito, giudicare e non riflettere con serietà, su tutto e su tutti.
Quanti intrighi, maldicenze, cattiverie gratuite, quanto mal di “padreternismo” ognuno di noi ha, sentendosi lui padrone delle cose e delle persone rischiando di ripetere, così, gli errori del passato e non costruendo nulla. Saper rispettare i ruoli, condividere i cammini, anche quando non ci piacciono o ne vorremmo altri è la strada da intraprendere, per la verità, la libertà e la pace, personale e sociale. Costruiamo “magheggi” vari, per ottenere chissà quali vantaggi, ne vale veramente la pena? Non sarebbe più semplice la verità, la semplicità, la pazienza, la condivisione senza aggiungere regole a regole snaturando l’umanità dai suoi valori normali, naturali. Si, delle regole di convivenza, di rispetto, sono indispensabili, ma senza far morire la creatività.
Perché non riprendere le tradizioni dei nostri antichi, non rileggere il galateo, non impegnarci nella buona educazione, nella discrezione, nella gentilezza dei modi, tra di noi e con gli altri, nella semplicità di un lavoro vissuto onestamente ricercando il giusto, quello che serve e nulla di più, un lavoro vissuto con il sorriso perché ci gratifica. Quante volte girando tra di voi o vivendo con voi, trovo grossi limiti di educazione, di buon gusto, anche di intelligenza, non degli studi, ma della vita … per sostenere una nostra idea diciamo fesserie, o ci arrocchiamo dietro a una regola, o una convenienza che poi si rivela solo di chi la dice e basta, per portare avanti quelli che crediamo essere degli ideali, ma lo saranno? Parliamo male gli uni degli altri senza poi costruire nulla di serio e di valido. Manca lo spirito di collaborazione di condivisione, di umiltà.
Mi sento in dovere di richiamare alla vostra attenzione uno stile di vita semplice, educato, elegante, fatto, si, di convenzioni, ma che sono il segno del rispetto gli uni con gli altri. Come vivi, come ti comporti, come sei in società? Il bello è soggettivo, ma c’è anche un bello oggettivo, fatto dalla tua ricchezza interiore. Inizia anche tu a costruire un mondo migliore, perché ti fai protagonista nella tua famiglia, con i tuoi amici, nel tuo posto di lavoro … a costruire con disinteresse il bene. Le regole da seguire sono solo 10 e si chiamano Comandamenti basterebbe osservare queste per vivere bene sia in orizzontale che in verticale la nostra vita.
Sono convinto che la bellezza salverà il mondo, la buona educazione, il rispetto, l’eleganza, il saper stare in un posto nel modo giusto, convenzionale, questo ci aiuterà ad essere migliori a testimoniare una vita dignitosa per tutti.
Per noi Cristiani questo è un dovere sacro e l’impegno serio della nostra vita. Aiutiamoci e aiutiamo a vivere così. Il Signore del Creato ci ha offerto mille possibilità per vivere con eleganza la nostra vita, le risorse del pianeta sono tante, le possibilità della nostra mente ancora di più, allora spetta a noi usarle con rispetto e impegno affinché il nostro cuore, la nostra esistenza sia “Sacra” e in questa sacralità sia bella e dignitosa per tutti. Non lasciarti andare, con la tua vita e con i tuoi gesti parla di te, parla di Dio e aiuta i fratelli, ama e lasciati amare.
Non pensare male sempre di tutto e di tutti, non giudicare sempre ogni cosa che accade, che vedi, se fai così il tuo cuore s’impoverisce e basta. Sii allegro e se essere allegro e sereno ingelosisce, il problema è degli altri. Se il tuo essere informale da fastidio e fa parlar male, rispetta tutti, ma vivi la tua vita, fai il tuo dovere con serietà, ma sii sempre te stesso. San Paolo in una sua lettera scrisse di gareggiare nello stimarci sia così il nostro modo di vivere, di vedere le cose, di essere in caserma e di lavorare insieme. Impariamo a guardarci attorno e a vedere ciò che c’è di belo, per una volta pensa in modo differente e ti accorgerai che il tuo cuore e ricco e che la tua presenza diventa importante anche per gli altri.
Come sarebbe bello che la nostra esistenza lunga o corta che sia, possa trascorrere con serenità, ma il male che c’è in noi esce, emerge e da sfogo a cattiverie in mille modi differenti. Le persone non credono in una possibilità che vada al di là del tempo e della storia, la filosofia attuale è: tutto e subito, ed è lo spirito che oggi aleggia nella società, dimenticando il buon gusto, l’educazione, le tradizioni…
Oggi la vita è fatta di queste cose e per uno spirito di genuinità, di libertà, così alcuni dicono, non si possono abbandonare e non si vuole tralasciarle, questo spirito è falso è un comodo per fare quello che vogliamo, senza doverci confrontare con nessuno.
La vita non ha stile, si fa e si disfa, con il rischio di non costruire nulla ne di cose, ne di rapporti, io basto a me stesso, questo è quello che generalmente si pensa. Forse la famiglia rimane, ma non so ancora per quanto, la religione e il sacro nelle persone non c’è e la fede è poca e incerta. In cosa crediamo veramente?
Un quadro negativo al massimo, direte, ma qualche cosa di buono c’è?
Si carissimi, c’è il nostro desiderio di esserci, di fare, di costruire, superando quei limiti che rendono complicata ogni cosa. C’è l’impegno ad andare contro corrente, a pensarla in modo diverso, a vedere il bene e non solo a sottolineare ciò che non va.
Eccomi pertanto a suggerirvi di vivere la vostra vita, liberi dai condizionamenti di carriere, di gelosie, di soldi, di potere, … per essere veri, per essere autentici, per essere quello che si è e per quello che la provvidenza ci ha offerto, poco o tanto che sia. Pensiamo alle opportunità che abbiamo avuto nella vita e come le abbiamo usate: studi, lavori, famiglia, rapporti, …. queste potrebbero aver condizionato le nostre scelte talvolta non oculate.
Io credo che si potrebbe migliorare il mondo con la bellezza dei gesti, delle parole, delle cose. La buona educazione, il credere nell’umanità, il creare possibilità senza interessi personali, far il nostro dovere senza tornaconti vari, sia nella vita privata, che nel lavoro e nel servizio pubblico.
Tutto è utile, importante, ma solo la verità delle cose ci potrà fare veramente liberi e signori di questa vita e ce lo insegna il Vangelo. Ma noi siamo distratti, sappiamo solo puntare il dito, giudicare e non riflettere con serietà, su tutto e su tutti.
Quanti intrighi, maldicenze, cattiverie gratuite, quanto mal di “padreternismo” ognuno di noi ha, sentendosi lui padrone delle cose e delle persone rischiando di ripetere, così, gli errori del passato e non costruendo nulla. Saper rispettare i ruoli, condividere i cammini, anche quando non ci piacciono o ne vorremmo altri è la strada da intraprendere, per la verità, la libertà e la pace, personale e sociale. Costruiamo “magheggi” vari, per ottenere chissà quali vantaggi, ne vale veramente la pena? Non sarebbe più semplice la verità, la semplicità, la pazienza, la condivisione senza aggiungere regole a regole snaturando l’umanità dai suoi valori normali, naturali. Si, delle regole di convivenza, di rispetto, sono indispensabili, ma senza far morire la creatività.
Perché non riprendere le tradizioni dei nostri antichi, non rileggere il galateo, non impegnarci nella buona educazione, nella discrezione, nella gentilezza dei modi, tra di noi e con gli altri, nella semplicità di un lavoro vissuto onestamente ricercando il giusto, quello che serve e nulla di più, un lavoro vissuto con il sorriso perché ci gratifica. Quante volte girando tra di voi o vivendo con voi, trovo grossi limiti di educazione, di buon gusto, anche di intelligenza, non degli studi, ma della vita … per sostenere una nostra idea diciamo fesserie, o ci arrocchiamo dietro a una regola, o una convenienza che poi si rivela solo di chi la dice e basta, per portare avanti quelli che crediamo essere degli ideali, ma lo saranno? Parliamo male gli uni degli altri senza poi costruire nulla di serio e di valido. Manca lo spirito di collaborazione di condivisione, di umiltà.
Mi sento in dovere di richiamare alla vostra attenzione uno stile di vita semplice, educato, elegante, fatto, si, di convenzioni, ma che sono il segno del rispetto gli uni con gli altri. Come vivi, come ti comporti, come sei in società? Il bello è soggettivo, ma c’è anche un bello oggettivo, fatto dalla tua ricchezza interiore. Inizia anche tu a costruire un mondo migliore, perché ti fai protagonista nella tua famiglia, con i tuoi amici, nel tuo posto di lavoro … a costruire con disinteresse il bene. Le regole da seguire sono solo 10 e si chiamano Comandamenti basterebbe osservare queste per vivere bene sia in orizzontale che in verticale la nostra vita.
Sono convinto che la bellezza salverà il mondo, la buona educazione, il rispetto, l’eleganza, il saper stare in un posto nel modo giusto, convenzionale, questo ci aiuterà ad essere migliori a testimoniare una vita dignitosa per tutti.
Per noi Cristiani questo è un dovere sacro e l’impegno serio della nostra vita. Aiutiamoci e aiutiamo a vivere così. Il Signore del Creato ci ha offerto mille possibilità per vivere con eleganza la nostra vita, le risorse del pianeta sono tante, le possibilità della nostra mente ancora di più, allora spetta a noi usarle con rispetto e impegno affinché il nostro cuore, la nostra esistenza sia “Sacra” e in questa sacralità sia bella e dignitosa per tutti. Non lasciarti andare, con la tua vita e con i tuoi gesti parla di te, parla di Dio e aiuta i fratelli, ama e lasciati amare.
Non pensare male sempre di tutto e di tutti, non giudicare sempre ogni cosa che accade, che vedi, se fai così il tuo cuore s’impoverisce e basta. Sii allegro e se essere allegro e sereno ingelosisce, il problema è degli altri. Se il tuo essere informale da fastidio e fa parlar male, rispetta tutti, ma vivi la tua vita, fai il tuo dovere con serietà, ma sii sempre te stesso. San Paolo in una sua lettera scrisse di gareggiare nello stimarci sia così il nostro modo di vivere, di vedere le cose, di essere in caserma e di lavorare insieme. Impariamo a guardarci attorno e a vedere ciò che c’è di belo, per una volta pensa in modo differente e ti accorgerai che il tuo cuore e ricco e che la tua presenza diventa importante anche per gli altri.
"Chi ci separerà dall' amore di Cristo, forse la tribolazione …" una breve riflessione
Non si può ignorare il "fatto" di Genova. Io sono un Sacerdote e come tale mi sento triste e offeso. Nessuno di noi è santo e io per primo, caratterialmente sono molto vivace e allegro, mi piace scherzare e chi mi conosce lo sa bene, ma credo che ad ogni cosa ci sia un limite. Ora mi permetto di ricordarvi che ognuno di noi crede perché ama il Signore, ascolta la Sua Parola indipendentemente se il prete sia simpatico o antipatico, credo anche quando la chiesa sbaglia, perché il Signore Dio supera ogni lite e ogni errore, questo non significa che bisogna tacere o nascondere, ma la mia fede rimane incrollabile.Essa è una mediazione, uno strumento fatto di uomini, voluto da Dio, ma fatto da uomini, non migliori di altri, ma solo più disponibili a seguire il Signore e talvolta l'umanità, di noi che abbiamo scelto di seguire il Signore in modo totale, emerge più della santità del nostro ufficio, dimenticandoci questo specifico della nostra Vocazione. Io cerco di vivere con dignità e solo nella preghiera riesco a superare ogni momento difficile, ogni mio errore e così invito i cristiani che mi seguono, a leggere ciò che sta accadendo con questi occhi. "Chi ci separerà dall'amore di Cristo, forse … " qualche prete che da scandalo? … preghiamo per la Chiesa perché in questo momento di difficoltà non perda la rotta e che noi sacerdoti sappiamo tornare alla verità del nostro ministero. Pregate anche per me perché possa sempre essere testimone autentico dell'amore del Signore. Ognuno ha il suo carattere, il suo modo di essere, di vivere, ma che non venga mai meno il rispetto e la capacità di parlare e di annunciare solo e unicamente il Signore e mai noi stessi. Non accuso, non giudico, ma il mio cuore sente il dovere di parlare con ogni persona che s'interroga e ricordarvi che mare vale sempre la pena. Vi invito a vivere la vostra vita con serenità, nell'allegria di sapere che Dio ci ama così come siamo. State accanto ai vostri sacerdoti, amateli e ricordatevi che vi devono parlare di Cristo con la loro vita, con il loro sguardo, con il loro sorriso. Che questi fatti non distolgano l'attenzione a crescere nell'amore di Dio, nel servizio ai fratelli, nel vivere la vita con semplicità, ogni cosa è possibile se si ama e se si rispetta. Ora vi rimando al mio Blog per l'articolo di Avvenire.
“Due Chiacchiere con il Cappellano”: La solitudine dei potenti
Uno dei mie passatempi, oltre la lettura è la cinematografia. Un amico, in questi giorni, nei quali mi trovo ad avere maggior tempo libero, perché molti in ferie per le feste Pasquali, mi ha passato un Fim Inglese del 2010 che non conoscevo: “Il discorso del re” (The King's Speech), film di Tom Hooper con Colin Firth e Geoffrey Rush. La visione di questa storia, realmente accaduta, mi ha portato a riflettere e a scrivervi, come di tanto in tanto faccio con voi nella rubrica “Due chiacchiere con il Cappellano”, dove tratto argomenti vari e virtualmente parlo con cui ha la bontà di leggermi, se non per interesse, per curiosità, questi pensieri.
Oggi dopo aver visto questo lungometraggio (111m), riflettevo che al di là delle difficoltà esteriori c’è raccontato il dramma di un uomo che le convenzioni della terra, le tradizioni di una famiglia e di un popolo lo portano ad essere primo tra gli altri, anche contro la sua volontà, per dovere e per responsabilità.
Ho voluto vedere in questa storia la “solitudine dei potenti”, passatemi questo termine, ma abbiate la bontà di leggermi e capirete.
Chi tra di noi ha un ruolo, e tutti ne abbiamo uno: genitore, professore, educatore, superiore, governante, prete … ha una forma, un modo, forse discutibile, agli occhi dei semplici, ma necessario e direi indispensabile per l’educazione, gli equilibri, le opportunità, le responsabilità e le convenienzi e non necessariamente negative, di pochi e di molti.
Non tutto si può dire, non tutto si può fare e comunque non in qualsiasi momento, luogo e occasione. Alcuni tra di noi, hanno obblighi e doveri e per svolgerli, la storia umana, fatta da eventi, tradizioni e culture, gli impone dei modi che chiamiamo “buone maniere”, discutibili, ma convenzionali per la convivenza, linguaggi umani che dicono opportunità, eleganza, intelligenza di vita oltre che culturale, buon gusto, eleganza nei modi e nel linguaggio.
Troppo spesso, noi semplici, ce li dimentichiamo e per uno spirito che chiamiamo, per convenienza, il più delle volte, di libertà e di supposta verità e modernità, giudichiamo male.
Oggi quello che si chiamava “etichetta”, “galateo” e direi buone maniere, educazione … li abbiamo dimenticati o li consideriamo superati per un tutto lecito e permesso.
In questo Film scorgiamo la fatica di una persona che le convenzioni e la storia hanno educato ad essere primo, guida, esempio.
Ma oggi, per noi, quali sono gli esempi ? Quale la nostra storia, le nostre radici, origini ? Quale formazione umana, culturale, religiosa … ?
Vi dico sinceramente e a cuore aperto che tale visione mi ha fatto riflettere molto e con molta attenzione, sia come privato, sia come uomo che rappresenta le istituzioni civili e religiose e non posso non dare ragione ad un sistema, oggi contestato, che però porta al rispetto e alla dignità di tutto e di tutti. Vi scrivo queste mie impressioni ed idee per parteciparvele e per offrirvi uno spunto di riflessione e per poter non assistere mai più a violenze gratuite, stadi, strade, contro chi fa il proprio dovere come i Carabinieri di questi giorni aggrediti, dalla stupidità e male educazione di oggi.
Credo che ognuno di noi abbia, indipendentemente dalle sue origini, o dal ruolo nel privato o nel pubblico, l’obbligo morale e sociale di essere primo nella vita, se non altro nella sua vita personale e di chi lo ama e se ricordasse questo impegno allora sarebbe un vero re sia nei gesti che nelle parole e nelle scelte, purtroppo troppe volte ci dimentichiamo la nostra personale dignità, con i nostri stili di vita, vuoti e fini a se stessi.
Talvolta, tutto questo, ci rende soli, ma se sapete vedere lontano, vi accorgerete che è una solitudine che vi fa onesti con voi stessi e con le vostre responsabilità. Il fare quello che vogliamo, non è e non può essere mancare nei confronti nostri e di chi ci sta attorno, la mia libertà non può offendere o rendere lecito tutto.
Ora come uomo di fede e rappresentante delle istituzioni è importante salvare le apparenze perché significa salvare la sostanza, ma la sostanza, va coltivata quotidianamente con il senso di responsabilità e intelligenza.
Siate Re nella vostra vita, siate Re con voi stessi e il Signore che è il Vero Re darà forza alle vostre azioni e il mondo potrà essere migliore anche attraverso un vostro piccolo e semplice contributo.
Giovani o vecchi, poveri o ricchi, potenti o umili, davanti all’Assoluto, che io chiamo Dio, tutti siamo chiamati ad essere Re.
Cosa fai per te, cosa fai per gli altri? Non basta aver scelto un “lavoro”, serve aver scelto il cuore e l’anima di essere primi davanti a noi stessi sapendoci amati.
Questa è la storia dell’umanità, ma l’invidia, la gelosia e il potere, la noia … annebbiamo il cuore rendendo questa nostra terra, la sua storia e le sue tradizioni non un luogo di amore e di convivenza rispettosa e dignitosa, ma una giungla.
L’ordine, la disciplina, la cultura, le tradizioni … che ci siamo inventati, se le vivi quotidianamente, faranno grandi la tua vita, il tuo futuro e quello di chi ti circonda.
Forse vi possono sembrare parole vuote e gettate senza senso, ma al di la dello stile sono quello che penso e quello che vi suggerisco di riflettere.
Oggi dopo aver visto questo lungometraggio (111m), riflettevo che al di là delle difficoltà esteriori c’è raccontato il dramma di un uomo che le convenzioni della terra, le tradizioni di una famiglia e di un popolo lo portano ad essere primo tra gli altri, anche contro la sua volontà, per dovere e per responsabilità.
Ho voluto vedere in questa storia la “solitudine dei potenti”, passatemi questo termine, ma abbiate la bontà di leggermi e capirete.
Chi tra di noi ha un ruolo, e tutti ne abbiamo uno: genitore, professore, educatore, superiore, governante, prete … ha una forma, un modo, forse discutibile, agli occhi dei semplici, ma necessario e direi indispensabile per l’educazione, gli equilibri, le opportunità, le responsabilità e le convenienzi e non necessariamente negative, di pochi e di molti.
Non tutto si può dire, non tutto si può fare e comunque non in qualsiasi momento, luogo e occasione. Alcuni tra di noi, hanno obblighi e doveri e per svolgerli, la storia umana, fatta da eventi, tradizioni e culture, gli impone dei modi che chiamiamo “buone maniere”, discutibili, ma convenzionali per la convivenza, linguaggi umani che dicono opportunità, eleganza, intelligenza di vita oltre che culturale, buon gusto, eleganza nei modi e nel linguaggio.
Troppo spesso, noi semplici, ce li dimentichiamo e per uno spirito che chiamiamo, per convenienza, il più delle volte, di libertà e di supposta verità e modernità, giudichiamo male.
Oggi quello che si chiamava “etichetta”, “galateo” e direi buone maniere, educazione … li abbiamo dimenticati o li consideriamo superati per un tutto lecito e permesso.
In questo Film scorgiamo la fatica di una persona che le convenzioni e la storia hanno educato ad essere primo, guida, esempio.
Ma oggi, per noi, quali sono gli esempi ? Quale la nostra storia, le nostre radici, origini ? Quale formazione umana, culturale, religiosa … ?
Vi dico sinceramente e a cuore aperto che tale visione mi ha fatto riflettere molto e con molta attenzione, sia come privato, sia come uomo che rappresenta le istituzioni civili e religiose e non posso non dare ragione ad un sistema, oggi contestato, che però porta al rispetto e alla dignità di tutto e di tutti. Vi scrivo queste mie impressioni ed idee per parteciparvele e per offrirvi uno spunto di riflessione e per poter non assistere mai più a violenze gratuite, stadi, strade, contro chi fa il proprio dovere come i Carabinieri di questi giorni aggrediti, dalla stupidità e male educazione di oggi.
Credo che ognuno di noi abbia, indipendentemente dalle sue origini, o dal ruolo nel privato o nel pubblico, l’obbligo morale e sociale di essere primo nella vita, se non altro nella sua vita personale e di chi lo ama e se ricordasse questo impegno allora sarebbe un vero re sia nei gesti che nelle parole e nelle scelte, purtroppo troppe volte ci dimentichiamo la nostra personale dignità, con i nostri stili di vita, vuoti e fini a se stessi.
Talvolta, tutto questo, ci rende soli, ma se sapete vedere lontano, vi accorgerete che è una solitudine che vi fa onesti con voi stessi e con le vostre responsabilità. Il fare quello che vogliamo, non è e non può essere mancare nei confronti nostri e di chi ci sta attorno, la mia libertà non può offendere o rendere lecito tutto.
Ora come uomo di fede e rappresentante delle istituzioni è importante salvare le apparenze perché significa salvare la sostanza, ma la sostanza, va coltivata quotidianamente con il senso di responsabilità e intelligenza.
Siate Re nella vostra vita, siate Re con voi stessi e il Signore che è il Vero Re darà forza alle vostre azioni e il mondo potrà essere migliore anche attraverso un vostro piccolo e semplice contributo.
Giovani o vecchi, poveri o ricchi, potenti o umili, davanti all’Assoluto, che io chiamo Dio, tutti siamo chiamati ad essere Re.
Cosa fai per te, cosa fai per gli altri? Non basta aver scelto un “lavoro”, serve aver scelto il cuore e l’anima di essere primi davanti a noi stessi sapendoci amati.
Questa è la storia dell’umanità, ma l’invidia, la gelosia e il potere, la noia … annebbiamo il cuore rendendo questa nostra terra, la sua storia e le sue tradizioni non un luogo di amore e di convivenza rispettosa e dignitosa, ma una giungla.
L’ordine, la disciplina, la cultura, le tradizioni … che ci siamo inventati, se le vivi quotidianamente, faranno grandi la tua vita, il tuo futuro e quello di chi ti circonda.
Forse vi possono sembrare parole vuote e gettate senza senso, ma al di la dello stile sono quello che penso e quello che vi suggerisco di riflettere.
DAVANTI AL MIO SIGNORE E DIO … Pensieri ad alta voce del Cappellano Militare
Comincio le mie giornate, ormai da molti anni, sempre molto presto, amo vedere sorgere il giorno, ovunque mi trovo, mi porto in Chiesa e inizio la mia giornata con la preghiera: vedere sorgere la luce nuova, mi da gioia, serenità e mi fa sentire vivo, vivace e con il desiderio sempre di essere quello che sono: un sacerdote. Non ho grandi doti intellettuali, ne’ umane, ma so che il Signore si serve di me anche se inadeguato, compiendo veramente grandi cose anche attraverso di me. Mentre sono davanti al Tabernacolo nella Chiesa, che di volta in volta, il servizio e i miei superiori mi offre, diventa il luogo privilegiato della mia vita, mi sento in armonia con il mondo e il creato, e la piccola Chiesa che ho diventa la più bella cattedrale del mondo e i mie pensieri si affollano nella mente: i ricordi, il passato, il presente, il futuro, la mia formazione, la mia famiglia, la mia gente, i miei soldati e inevitabilmente i miei difetti e i miei limiti e scorgo nel cielo che si rischiara nuovamente il sorriso di Dio che si rispecchia nel mondo, nei volti delle persone che incontro, nelle gioie e nei dolori della gente che amo e che servo.
Non è facile far comprendere tutto questo quando vedi l’indifferenza, la superficialità, la lontananza dalle vere ricchezze che sono riposte nello scrigno del cuore e che talvolta non sappiamo di avere. Facciamo fatica a scorgere il bello che c’è in noi e attorno a noi vedendo solo il limite, le difficoltà, il male e non lasciamo prendere luce al cuore, ma lo scrigno è di un vetro stupendo e prezioso che deve essere però irrorato dall’olio dell’amore per se stessi e per gli altri, solo questo gli darà la capacità di splendere anche nel buio e vedere la sua preziosità e il vetro assumerà un colore particolare che è quello della vita.
Se sappiamo alzare la testa e guardarci attorno ci accorgeremo, serenamente e coraggiosamente, che l’unica cosa che per la quale vale la pena vivere e impegnarsi è l’amore per noi, per la famiglia, per gli altri, per gli amici quelli veri quelli in cui crediamo, anche se talvolta sono prevenuti e non ci considerano, ma ai quali noi abbiamo offerto il nostro impegno e le nostre attenzioni e questo ci porterà a tutti anche a quelli lontani, che non ci considerano o ci giudicano e non sempre bene.
Il mondo sembra essere distratto o preoccupato di cose che alla fine ci lasciano vuoti e tristi. Allora poniti questa inevitabile domanda: cosa veramente ti da gioia? Cosa cerchi con insistenza nella vita? Lasciatemi dire che non sono ne’ i soldi, ne’ una posizione, ma anche se non ci credete o non volete dirvelo, è solo l’amore. Solo vivendo questo sentimento con serenità vi sentirete vivi e con la voglia di essere protagonisti e primi attori sul teatro della vita, non delle semplici comparse, ma dei protagonisti nella vostra storia che voi avete, senza saperlo, scritto dove Dio è il compagno di viaggio.
Non dimenticate le vostre origini, la vostra storia personale e da lì partite per farvi qualche domanda seria su chi site e che cosa in verità volete.
Quanto sei capace di stupirti delle cose che hai o che il mondo e le tue capacità potrebbero offriti? Il cielo, la natura, l’arte, la musica, la danza, la letteratura, lo sport … sono il linguaggio del mondo e della nostra vita e in questo pentagramma suonato in armonia e a più mani, si sente la vera sinfonia, si sentono tutti i wat delle casse. Quando per divertirti, passi ore nei luoghi della musica e il rumore ti rende silenzioso dentro, rifletti e lascia che la musica abbellisca il tuo cuore, ti dia quella forza per ballare, quell’entusiasmo irrefrenabile che provi quando sei allegro e balli senza preoccuparti di chi ti sta attorno, ridandoti quella voglia di ricominciare sempre ogni vota e che le cadute non interrompano la speranza, ma ti aiutino a fare sempre meglio. Non lasciare che un volto triste ti renda arrabbiato con il mondo, non fare che un’amicizia o un amore non corrisposto ti impedisca di vedere il luccichio delle stelle nella notte, che una delusione ti faccia vedere tutto nero.
Qual’è il linguaggio del tuo divertimento, quali sono le soddisfazioni della tua vita? Fermati, ascolta della musica, guarda un panorama, un fiore, un volto e scorgi in quelle note, in quegli occhi, nei colori … il volto di un Dio che ha il tuo volto. Vivi l’amicizia seriamente, impegnati per gli altri, vicini, lontani, conosciuti, sconosciuti, donati, non risparmiarti impegnati sempre, nella vita, nel gioco, nel lavoro, nel divertimento, in uno sguardo, in un bacio, in una carezza, in un gesto gentile, in un dono, in un attimo, in un divertimento, in un ballo …. Balla nella vita, balla con il cuore, con i sentimenti, con te stesso e sarai vivo e vivace e saprai che il Signore ti ama e non ti giudica e ti sentirai parte di questo grande progetto e il Signore farà grandi cose nella tua vita, anche se ora magari senti solo il peso della croce. Sii speranza per te stesso, e per chi ti circonda, per chi soffre o è deluso, per chi ha progetti e per chi vive di stenti, per chi s’impegna e per chi sopravvive, per chi si lascia vivere e per chi è protagonista, per chi ami e per chi non ti stima, per un amico che soffre nel fisico o nel cuore, e non puoi nulla, per un bambino che ti sorride e per uno che piange, per una persona che ti stima e per una che non vuol sentire parlare di te, per chi hai offeso e per chi hai servito. Questa è la vita per la quale vale sempre e comunque vivere e impegnarsi.
Sono questi i pensieri che ogni giorno animano la mia mente e il mio cuore, i miei gesti e la mia vivacità.
Scusate se mi sono permesso di parlare ad alta voce con tutti voi, ma credo che sia importante parlare. Si lo so, tutti parlano, scrivono, dicono, promettono, fanno …. ma quante di queste cose sono vere o che portano alla vera felicità? Non lo so, il rischio anche per me è quello di vivere di fantasie o di ideali o di chissà cosa, ma vi assicuro che tutto questo mi aiuta a esserci e ringraziare Dio di quello che ho e scorgere sempre ogni mattina la speranza e la luce che il giorno nuovo che sta iniziando sarà migliore perché io sarò parte di questo progetto.
Vi ho scritto cari amici perché credo che parlare ad alta voce anche di queste cose aiuti tutti noi ad accorgerci che la vita è fatta anche di poesia e di capacità di vedere il bello e il buono in tutto, senza perdere per questo la verità delle cose e dei fatti. La storia quotidiana ci parla di odio, di guerre, di litigi, di cattiverie, di miserie … ma vi assicuro che vale la pena sperare e sapere che si può cambiare, si deve cambiare, ma non chiederlo agli altri inizia tu dal tuo piccolo.
Comincio le mie giornate, ormai da molti anni, sempre molto presto, amo vedere sorgere il giorno, ovunque mi trovo, mi porto in Chiesa e inizio la mia giornata con la preghiera: vedere sorgere la luce nuova, mi da gioia, serenità e mi fa sentire vivo, vivace e con il desiderio sempre di essere quello che sono: un sacerdote. Non ho grandi doti intellettuali, ne’ umane, ma so che il Signore si serve di me anche se inadeguato, compiendo veramente grandi cose anche attraverso di me. Mentre sono davanti al Tabernacolo nella Chiesa, che di volta in volta, il servizio e i miei superiori mi offre, diventa il luogo privilegiato della mia vita, mi sento in armonia con il mondo e il creato, e la piccola Chiesa che ho diventa la più bella cattedrale del mondo e i mie pensieri si affollano nella mente: i ricordi, il passato, il presente, il futuro, la mia formazione, la mia famiglia, la mia gente, i miei soldati e inevitabilmente i miei difetti e i miei limiti e scorgo nel cielo che si rischiara nuovamente il sorriso di Dio che si rispecchia nel mondo, nei volti delle persone che incontro, nelle gioie e nei dolori della gente che amo e che servo.
Non è facile far comprendere tutto questo quando vedi l’indifferenza, la superficialità, la lontananza dalle vere ricchezze che sono riposte nello scrigno del cuore e che talvolta non sappiamo di avere. Facciamo fatica a scorgere il bello che c’è in noi e attorno a noi vedendo solo il limite, le difficoltà, il male e non lasciamo prendere luce al cuore, ma lo scrigno è di un vetro stupendo e prezioso che deve essere però irrorato dall’olio dell’amore per se stessi e per gli altri, solo questo gli darà la capacità di splendere anche nel buio e vedere la sua preziosità e il vetro assumerà un colore particolare che è quello della vita.
Se sappiamo alzare la testa e guardarci attorno ci accorgeremo, serenamente e coraggiosamente, che l’unica cosa che per la quale vale la pena vivere e impegnarsi è l’amore per noi, per la famiglia, per gli altri, per gli amici quelli veri quelli in cui crediamo, anche se talvolta sono prevenuti e non ci considerano, ma ai quali noi abbiamo offerto il nostro impegno e le nostre attenzioni e questo ci porterà a tutti anche a quelli lontani, che non ci considerano o ci giudicano e non sempre bene.
Il mondo sembra essere distratto o preoccupato di cose che alla fine ci lasciano vuoti e tristi. Allora poniti questa inevitabile domanda: cosa veramente ti da gioia? Cosa cerchi con insistenza nella vita? Lasciatemi dire che non sono ne’ i soldi, ne’ una posizione, ma anche se non ci credete o non volete dirvelo, è solo l’amore. Solo vivendo questo sentimento con serenità vi sentirete vivi e con la voglia di essere protagonisti e primi attori sul teatro della vita, non delle semplici comparse, ma dei protagonisti nella vostra storia che voi avete, senza saperlo, scritto dove Dio è il compagno di viaggio.
Non dimenticate le vostre origini, la vostra storia personale e da lì partite per farvi qualche domanda seria su chi site e che cosa in verità volete.
Quanto sei capace di stupirti delle cose che hai o che il mondo e le tue capacità potrebbero offriti? Il cielo, la natura, l’arte, la musica, la danza, la letteratura, lo sport … sono il linguaggio del mondo e della nostra vita e in questo pentagramma suonato in armonia e a più mani, si sente la vera sinfonia, si sentono tutti i wat delle casse. Quando per divertirti, passi ore nei luoghi della musica e il rumore ti rende silenzioso dentro, rifletti e lascia che la musica abbellisca il tuo cuore, ti dia quella forza per ballare, quell’entusiasmo irrefrenabile che provi quando sei allegro e balli senza preoccuparti di chi ti sta attorno, ridandoti quella voglia di ricominciare sempre ogni vota e che le cadute non interrompano la speranza, ma ti aiutino a fare sempre meglio. Non lasciare che un volto triste ti renda arrabbiato con il mondo, non fare che un’amicizia o un amore non corrisposto ti impedisca di vedere il luccichio delle stelle nella notte, che una delusione ti faccia vedere tutto nero.
Qual’è il linguaggio del tuo divertimento, quali sono le soddisfazioni della tua vita? Fermati, ascolta della musica, guarda un panorama, un fiore, un volto e scorgi in quelle note, in quegli occhi, nei colori … il volto di un Dio che ha il tuo volto. Vivi l’amicizia seriamente, impegnati per gli altri, vicini, lontani, conosciuti, sconosciuti, donati, non risparmiarti impegnati sempre, nella vita, nel gioco, nel lavoro, nel divertimento, in uno sguardo, in un bacio, in una carezza, in un gesto gentile, in un dono, in un attimo, in un divertimento, in un ballo …. Balla nella vita, balla con il cuore, con i sentimenti, con te stesso e sarai vivo e vivace e saprai che il Signore ti ama e non ti giudica e ti sentirai parte di questo grande progetto e il Signore farà grandi cose nella tua vita, anche se ora magari senti solo il peso della croce. Sii speranza per te stesso, e per chi ti circonda, per chi soffre o è deluso, per chi ha progetti e per chi vive di stenti, per chi s’impegna e per chi sopravvive, per chi si lascia vivere e per chi è protagonista, per chi ami e per chi non ti stima, per un amico che soffre nel fisico o nel cuore, e non puoi nulla, per un bambino che ti sorride e per uno che piange, per una persona che ti stima e per una che non vuol sentire parlare di te, per chi hai offeso e per chi hai servito. Questa è la vita per la quale vale sempre e comunque vivere e impegnarsi.
Sono questi i pensieri che ogni giorno animano la mia mente e il mio cuore, i miei gesti e la mia vivacità.
Scusate se mi sono permesso di parlare ad alta voce con tutti voi, ma credo che sia importante parlare. Si lo so, tutti parlano, scrivono, dicono, promettono, fanno …. ma quante di queste cose sono vere o che portano alla vera felicità? Non lo so, il rischio anche per me è quello di vivere di fantasie o di ideali o di chissà cosa, ma vi assicuro che tutto questo mi aiuta a esserci e ringraziare Dio di quello che ho e scorgere sempre ogni mattina la speranza e la luce che il giorno nuovo che sta iniziando sarà migliore perché io sarò parte di questo progetto.
Vi ho scritto cari amici perché credo che parlare ad alta voce anche di queste cose aiuti tutti noi ad accorgerci che la vita è fatta anche di poesia e di capacità di vedere il bello e il buono in tutto, senza perdere per questo la verità delle cose e dei fatti. La storia quotidiana ci parla di odio, di guerre, di litigi, di cattiverie, di miserie … ma vi assicuro che vale la pena sperare e sapere che si può cambiare, si deve cambiare, ma non chiederlo agli altri inizia tu dal tuo piccolo.
ESSERE SACERDOTE E CAPPELLANO
Cari Amici lettori,vorrei suggerirvi oggi una semplice riflessione sulla figura del Sacerdote e Cappellano e delle persone consacrate. Ogni giorno anche voi avete la possibilità di avere sotto i vostri occhi, non solo il Parroco o i Religiosi (Frati e Suore) della vostra Parrocchia o ricordare quelli del vostro Oratorio o Scuole, ma anche il Cappellano Miliare che vive con voi e per voi in Caserma.
Forse alcuni di voi, che sono in enti piccoli lo vedranno meno, ma nelle grandi e medie realtà il Cappellano vive con voi. Non so che giudizio vi siete fatti, ma noi, guidati dal nostro Ordinario Militare, l'Arcivescovo Vincenzo Pelvi, assicuriamo la presenza tra di voi essendo con voi amici, e guide nel cammino e nel servizio ai fratelli nella vostra "vocazione alla sicurezza e alla pace".Il Cappellano è il vostro "Parroco" in Caserma, ma soprattutto è il vostro amico e fratello maggiore che indica la strada e con voi la percorre.
Questa, almeno, è stata ed è la mia quotidiana esperienza. Sono ormai alcuni anni che sono in questa Base NRDC - ITA di Solbiate e posso dire che conosco ogni mio soldato con la sua famiglia, conosco i problemi e le delusioni, ma anche le gioie e le soddisfazioni, conosco i figli e le spose e di molti anche i parenti, conosco i vostri sogni e le vostre aspettative e anche le vostre delusioni e le vostre difficoltà.
Vedo il Sacerdote come l'uomo della gioia e della speranza che sappia consigliare, guidare e condividere, e così cerco di pormi tra di voi, in modo allegro e vivace perché amare il Signore significa essere felici, non spensierati, ma allegri di quella sana gioia che ci fa gustare la vita, questo è il Prete e vi invito, in un tempo nel quale i Sacerdoti sono su i giornali per cattive azioni, a non vedere solo quelle, ma a scorgere anche il senso e l'impegno della loro vita e a conoscere l'opera di molti che hanno dato veramente la vita per gli altri.Uomini di speranza, di gioia, di annuncio e anche di rimprovero e di richiamo a riflettere. In un mondo dove tutto corre, dove tutto deve essere utile, egoistico ... la parola del Sacerdote dovrebbe richiamare agli aspetti semplici e autentici di una vita quotidiana che trasforma i piccoli gesti in grandi eventi personali, che ti fa scorgere le piccole cose per riscoprire il gusto di saperti stupire ogni giorno di quello che sei e di quello che hai.
Sono Sacerdote da quasi 20 anni e 16 Cappellano e posso dire di essere un uomo felice di questa Vocazione, di essere prete della Chiesa e per la Chiesa e di aver sempre ascoltato i miei superiori e seguito la volontà di Dio attraverso un cammino che non mi sono scelto, non sempre gli impegni hanno coinciso con le mie aspettative, ma ringrazio Dio di quanto mi ha dato, di quando i Superiori mi hanno inviato in questo servizio e delle esperienze che ho fatto in questi anni.Chi mi conosce sa che sono e amo definirmi "folle", ma un folle perché felice di essere ciò che Dio ha voluto, di vivere la mia fede e il mio servizio con gioia anche quando il cammino si fa duro o non condiviso, di saper ridere di me stesso, di conoscere i miei limiti e di ritenerli uno come tanti che ha il dono e la certezza che Dio lo ama per quello che è e non per quello che fa.
Vivo una vita semplice, al di la di quello che pensano gli altri preti diocesani, o la gente esterna, che non ci conoscono e amo stare con la mia gente, con i miei soldati essere con voi amico e per voi fratello maggiore e padre accompagnandovi nel vostro cammino quotidiano, condividendo gioie e dolori, aspettativi e fallimenti, accompagnandovi nelle vostre scelte di vita, dal servizio, al matrimonio e ai vari momenti e appuntamenti della vostra vita.Solo questo anima le mie e nostre azioni, le nostre iniziative e la nostra presenza secondo il carattere di ognuno. Questo è il Sacerdote e il Cappellano.Ora, vi invito a conoscere il vostro Cappellano e il vostro Parroco dove abitate, non giudicateli, ma amateli per quello che sono e per quello che vi offrono: Gesù Cristo.Vivo così la mia vita, nella solitudine del mio alloggio: leggo, studio e vivo una vita ordinata, in ufficio incontro le persone e pianifico le giornate, in Chiesa ricarico il cuore per sapere sempre amare.La solitudine della vita anche se insieme a molti è il fondamento della vita religiosa, per noi non è clausura, ma raccoglimento affinché le idee e l'esempio siano guida del nostro quotidiano annuncio.
La vita in compagnia di voi, miei soldati e vostre famiglie è la perla preziosa che la Chiesa mi ha consegnato affinché sia custode, e annunciatore di questo Amore di Cristo all'umanità, attraverso la condivisione della vita e del servizio, una compagnia che può esserci solo dopo aver avuto tempo per Dio e solo per Lui, altrimenti sarebbe una presenza sterile.Così ho impostato le mie giornate con voi: alzata molto presto per dedicarmi alla preghiera e giornata con voi nei vari momenti e attività, serata in casa a raccogliere il cuore e le idee per essere con voi serio e determinato, e questo ogni giorno della mia vita sacerdotale. Stare e conoscere i miei sodati, la mia gente è il fulcro della mia vita animata dalla preghiera costante, trasformando ogni gesto in un unico gesto grande, solenne elegante: il gesto dell'amore di Dio. L'eleganza, il bello e le buone maniere sono presenza di Dio e testimonianza della sua attenzione.Chi non vede questo, o vuole scorgere altro, ha il cuore triste e cattivo e deve rivederlo e chiedere a Dio di aiutarlo.
Così vivono i sacerdoti e le persone consacrate: nel mondo ma non di esso, con la gente, ma non della gente...Scusandomi di questi pensieri confusi, disordinati e improvvisati, vi assicuro al mia preghiera e vi invito a rivolgerne una per il vostro Cappellano e il vostro Parroco.
Azione Morale ...
Mi permetto di inviarvi questa “Comunicazione” al fine di richiamare l’attenzione su alcuni aspetti della vita quotidiana, affinché tutti, ci sensibilizziamo a essere “persone attente”.
Non vuole essere un richiamo, ne voglio sembrare migliore davanti a voi, anzi sono certo di non esserlo e di avere molti limiti e difetti di carattere e di personalità, ma con voi sono militare e per voi sono Sacerdote, parafrasando le parole di Sant’Agostino e sento il dovere di animare anche l’aspetto della vita ordinaria, perché senza di esso è difficile, se non impossibile, far comprendere la dimensione spirituale, indipendentemente dal credo religioso che ognuno di noi professa.
Siamo abituati nella vita a lamentarci (e noi militari in modo particolare: il posto, le missioni, il servizio, gli orari, le persone, le regole, il futuro, i soldi…) o a pretendere molto senza, talvolta, essere attenti e riflettere su ciò che abbiamo e su ciò che effettivamente facciamo e produciamo, se lo produciamo. Pertanto, mi permetto con questa lettera che ho classificato come “ Comunicazione”, di fare “azione morale” al fine di essere attenti ad alcuni aspetti che fanno della Caserma, la “nostra” Caserma e non solo un posto di lavoro, della vita, la nostra vita e non solo un campare alla giornata. Orbene, ora, in questa sede, vi invito a essere attenti al linguaggio: sia decoroso e gentile, pulito, elegante, corretto; attenti allo stile di vita: relazioni non corrette con il personale femminile, salvate le vostre famiglie, non lasciatevi prendere dalla noia o dalla curiosità, siate sempre fedeli, disponibili verso la propria famiglia, i colleghi, i superiori … a non sprecare il cibo, a casa propria, ma anche quando andate a mensa e vorrei richiamare alla vostra attenzione soprattutto il pane, è veramente un peccato sprecarlo. Per motivi burocratici sembra non sia possibile raccoglierlo e destinarlo ad altro uso, pertanto vi chiedo di valutare bene se lo mangiate, altrimenti non prendetelo, è veramente un grande peccato sprecarlo gettandolo. Prendi quello che vuoi e mangia quello che prendi. Ancora, mi permetto di suggerirvi di essere protagonisti della struttura dove lavorate, cos’ come lo siete delle vostre case, con attenzione alla luce che rimane accesa quando non serve, all’immondizia in giro, non ti fa meno importante se vedi un pezzo di carta e lo raccogli o fai notare al collega che lo getta o getta il mozzicone di sigaretta nel posto sbagliato ecc…. e ad altri aspetti della nostra “casa comune”. Scusate se mi sono permesso, ma credo sia importante che ci diciamo le cose per vivere meglio e in modo sereno. Essere militari significa essere a “servizio” di “Valori grandi” e quindi, prima di tutto, a servizio delle persone. Non portare la divisa in modo discinto, ma con orgoglio e sempre in ordine, ti qualificherà per quello che sei e dirà di te quanto credi in quello che fai. Ovviamente le regole ci sono, e senza finanziare estremismi, vuoti e sterili, ti ricordo la dignità di ciò che sei e di ciò che fai. L’abito non fa il monaco, dicevano i nostri vecchi, ma vi assicuro che lo aiuta ad essere. L’eleganza, anche nella semplicità, vi presenta al 75%, da una statistica, per quello che siete nel vostro intimo. Dimostrate quello che siete, le vostre potenzialità e non fatevi giudicare male. Non parlare male del prossimo, nel nostro ambiente è molto facile il pettegolezzo, la diceria, la cattiveria, la malignità, il giudizio o il pregiudizio, la gente, diceva un Filosofo del settecento, vede quello che sembri e non quello che sei, allora non lasciarti sviare, parla bene del tuo prossimo e se c’è qualche cosa che credi non vada, come un fratello avvicinati a lui e digli il tuo pensiero, ma con amore.
Sicuramente molte cose non dipendono da noi, ma prima di pretendere, impegnamoci in prima persona a cambiare in meglio. Sii positivo, sii felice di quello che sei e che hai e ti assicuro la tua vita sarà migliore.
Grazie di avermi ascoltato e spero che possa servire, anche questo, per essere veramente autentici in tutto quello che facciamo.
Non vuole essere un richiamo, ne voglio sembrare migliore davanti a voi, anzi sono certo di non esserlo e di avere molti limiti e difetti di carattere e di personalità, ma con voi sono militare e per voi sono Sacerdote, parafrasando le parole di Sant’Agostino e sento il dovere di animare anche l’aspetto della vita ordinaria, perché senza di esso è difficile, se non impossibile, far comprendere la dimensione spirituale, indipendentemente dal credo religioso che ognuno di noi professa.
Siamo abituati nella vita a lamentarci (e noi militari in modo particolare: il posto, le missioni, il servizio, gli orari, le persone, le regole, il futuro, i soldi…) o a pretendere molto senza, talvolta, essere attenti e riflettere su ciò che abbiamo e su ciò che effettivamente facciamo e produciamo, se lo produciamo. Pertanto, mi permetto con questa lettera che ho classificato come “ Comunicazione”, di fare “azione morale” al fine di essere attenti ad alcuni aspetti che fanno della Caserma, la “nostra” Caserma e non solo un posto di lavoro, della vita, la nostra vita e non solo un campare alla giornata. Orbene, ora, in questa sede, vi invito a essere attenti al linguaggio: sia decoroso e gentile, pulito, elegante, corretto; attenti allo stile di vita: relazioni non corrette con il personale femminile, salvate le vostre famiglie, non lasciatevi prendere dalla noia o dalla curiosità, siate sempre fedeli, disponibili verso la propria famiglia, i colleghi, i superiori … a non sprecare il cibo, a casa propria, ma anche quando andate a mensa e vorrei richiamare alla vostra attenzione soprattutto il pane, è veramente un peccato sprecarlo. Per motivi burocratici sembra non sia possibile raccoglierlo e destinarlo ad altro uso, pertanto vi chiedo di valutare bene se lo mangiate, altrimenti non prendetelo, è veramente un grande peccato sprecarlo gettandolo. Prendi quello che vuoi e mangia quello che prendi. Ancora, mi permetto di suggerirvi di essere protagonisti della struttura dove lavorate, cos’ come lo siete delle vostre case, con attenzione alla luce che rimane accesa quando non serve, all’immondizia in giro, non ti fa meno importante se vedi un pezzo di carta e lo raccogli o fai notare al collega che lo getta o getta il mozzicone di sigaretta nel posto sbagliato ecc…. e ad altri aspetti della nostra “casa comune”. Scusate se mi sono permesso, ma credo sia importante che ci diciamo le cose per vivere meglio e in modo sereno. Essere militari significa essere a “servizio” di “Valori grandi” e quindi, prima di tutto, a servizio delle persone. Non portare la divisa in modo discinto, ma con orgoglio e sempre in ordine, ti qualificherà per quello che sei e dirà di te quanto credi in quello che fai. Ovviamente le regole ci sono, e senza finanziare estremismi, vuoti e sterili, ti ricordo la dignità di ciò che sei e di ciò che fai. L’abito non fa il monaco, dicevano i nostri vecchi, ma vi assicuro che lo aiuta ad essere. L’eleganza, anche nella semplicità, vi presenta al 75%, da una statistica, per quello che siete nel vostro intimo. Dimostrate quello che siete, le vostre potenzialità e non fatevi giudicare male. Non parlare male del prossimo, nel nostro ambiente è molto facile il pettegolezzo, la diceria, la cattiveria, la malignità, il giudizio o il pregiudizio, la gente, diceva un Filosofo del settecento, vede quello che sembri e non quello che sei, allora non lasciarti sviare, parla bene del tuo prossimo e se c’è qualche cosa che credi non vada, come un fratello avvicinati a lui e digli il tuo pensiero, ma con amore.
Sicuramente molte cose non dipendono da noi, ma prima di pretendere, impegnamoci in prima persona a cambiare in meglio. Sii positivo, sii felice di quello che sei e che hai e ti assicuro la tua vita sarà migliore.
Grazie di avermi ascoltato e spero che possa servire, anche questo, per essere veramente autentici in tutto quello che facciamo.
UNA SOCIETÀ SENZA DIO: IL MATRIMONIO, I SACRAMENTI, LA CHIESA …
Riflessione ad alta voce sull’attuale situazione religiosa della società
Carissimi,
vorrei parlarvi del matrimonio. Sono sacerdote da 19 anni ne 16 Cappellano Militare, mi rifaccio in questa riflessione all’esperienza con i giovani che incontro quotidianamente,
Parlando con loro emerge ormai ad altissimo numero, che molti convivo, molti sono coppie di fatto, molti si sposano solo in Comune rimandando quello religioso e pochissimi, celebrando il Matrimonio religioso come scelta iniziale.
Quali i motivi, quasi tutti per motivi di soldi, per la festa e altri perché dicono stiamo bene così non ci cambia nulla, anzi…
Allora, questo dice a me prete che il senso religioso vero non c’è tutti battezzati, tutti cristiani per tradizione pochi i convinti. La fede è solo un elemento come tanti, per scaramanzia, superstizione ecc. molti confondono la fede con la Chiesa e i preti, poca cultura religiosa, pochissima conoscenza del “catechismo”, idee confuse sui Sacramenti ecc…
La colpa, se di colpa si può parlare, forse è dei preti che non sanno mediare, presentare e spiegare… mi ritengo fortunato nel mio servizio, avendo la possibilità di avvicinare tanti giovani e poter spiegare le cose come in verità sono, questo talvolta, non cambia le cose, ma perlomeno c’è chiarezza nei discorsi.
La mia è una rievangelizazione del messaggio. Tutti conosco il Cristo, pochi il Vangelo, molte tradizioni,. Pochi contenuti, preghiera zero, Eucaristia men che meno.
Cosa succede alla nostra Chiesa, gli scandali, i problemi, il fatto che appare più l’umanità dei ministri che la santità del servizio? Si tutte cose vere, ma è difficile far comprendere che credo in Dio indipendentemente dal prete o dalla Chiesa di questo o quel momento.
Così il matrimonio passa in secondo piano, e chi lo fa religiosamente solo come un solenne celebrazione dove deve essere bello tutto ma non conosco il senso vero della scelta che fanno, nonostante i nostri corsi prematrimoniali ecc. questo ovviamente non è per buttare amare quello che si fa, ma per cercare strade per chi è più lontano, meno attento alla vita spirituale.
E parlando di matrimonio, possiamo parlare di qualsiasi altro aspetto della vita, i figli, l’aborto, l’educazione …
Tutto è precario, non ci sono punti di riferimento, non ci sono freni tutto e subito, ciò che ci aiuta a riflettere e pensare viene scartato, richiede troppo impegno.
Mi pare questo il quadro generale della situazione religiosa della nostra epoca, almeno nella maggioranza dei casi e in questa società io devo parlare di Gesù, presentare la sua figura, il suo messaggio … come, come parlare di Dio a un popolo distratto che non crede in nulla se non in quello che vede e tocca, se non in una vita agiata, senza sacrifici, dove tutto è possibile?
Credo che l’unica cosa sia quella che noi sacerdoti dobbiamo tornare a parlare del sacro, vivere di questo, credere fermamente e dimostrare con la nostra vita, caratterizzata secondo gli ambiti in cui ci troviamo, in quello che crediamo. Far fare esperienza del sacro, parlare della preghiera ed aiutarli in essa, far comprendere il sacro nella vita ordinaria. Parlare dell’amore sincero, vero, disponibile, del sacrificio, del sapersi guadagnare le cose, del saper essere fedeli alle piccole cose, nell’aver il coraggio di rischiare di buttarsi di vivere da protagonisti la vita, di non aver vergogna di chi siamo e di come viviamo. Parlare di Dio, parlare del suo Vangelo, mediare la storia della Chiesa di ieri e di oggi spiegandola, riconoscendo gli errori, ma annunciando sempre e comunque la verità. Aiutare ad uscire dallo gnosticismo, dall’indifferenza, dalla noia di una vita monotona. Aiutarli a conoscere, a leggere a studiare a capire chi è Gesù, sfatando miti e luoghi comuni come il Codice Da Vinci, o altre storie sneza fondamenti o con fondamenti a metà. Conoscere è fondamentale per credere.